L’adesione finlandese alla NATO cambia gli equilibri europei. La sconfitta geo-strategica della Russia. La NATO diventa baltica. L’attesa della Svezia.
L’entrata ufficiale della Finlandia nella NATO lo scorso 5 aprile rappresenta una svolta storica per l’intera Alleanza e una sconfitta strategica per la Russia. L’invasione russa dell’Ucraina, che avrebbe dovuto prevenire un ulteriore avvicinamento dell’organizzazione euro-atlantica ai confini russi, ha avuto l’effetto contrario, costringendo Mosca ad accettare il fatto compiuto senza possibilità di risposta a causa dei grossi limiti politici e militari mostrati con l’inizio “dell’operazione militare speciale” il 24 febbraio 2022. L’errore tattico del Cremlino nel credere che l’invasione dell’Ucraina si sarebbe conclusa in pochi giorni si è trasformato in un errore strategico che ha favorito l’espansione della NATO ai danni della profondità strategica della superpotenza russa nell’Europa del Nord. L’adesione di Helsinki all’Alleanza, che condivide 1300 chilometri di confine con Mosca, riduce nella regione baltica, sempre più parte della sfera di influenza americana, il margine di manovra politico e militare del Cremlino: politico perché la neutralità finlandese garantiva alla Russia un canale di mediazione con l’Occidente che preveniva un eccessivo isolamento di Mosca dal continente europeo specialmente durante i momenti di crisi; militare perché il confine russo-finnico è diventato ora un fronte caldo, vista la vicinanza della Finlandia a punti strategici russi come la città di San Pietroburgo e la penisola di Kola, che costringerà il Cremlino a dirottare cospicue risorse militari verso questa linea di tensione, che avrebbe invece potuto impiegare in altri scenari geopolitici.
Allo stesso tempo gli effetti della guerra russo-ucraina hanno drasticamente cambiato gli equilibri interni al Patto Atlantico e la natura geopolitica stessa della NATO: l’Alleanza Atlantica è infatti nata come organizzazione euro-atlantica nel 1949 ma dal 24 febbraio 2022 si sta progressivamente trasformando in un’organizzazione baltico-atlantica. La nuova pivot area sembrerebbe essere non tanto l’Europa Orientale tout court ma l’Europa Baltica-Scandinava, con Polonia, Regno Unito e Finlandia bastioni principali del contenimento occidentale della Russia. Processo ancora in fieri dato che per essere completato deve diventare membro della NATO la Svezia.
Ankara, insieme a Budapest, non ha ancora ratificato l’adesione del paese scandinavo e probabilmente non lo farà fino a quando non otterrà dal governo svedese l’estradizione dei miliziani curdi del PKK, indipendentemente dal risultato elettorale del 14 maggio. Stoccolma probabilmente sceglierà alla fine il compromesso con Ankara, chiedendo in cambio garanzie e rispetto dei diritti umani delle persone estradate. Una scelta di realpolitik ma che è fondamentale per la postura geo-strategica dello Stato nel futuro dell’area: rimanere neutrali e fuori dalla NATO in un’area geopolitica così cruciale significherebbe non solamente perdere potere decisionale, finendo per essere isolati a vantaggio degli stati limitrofi, ma anche mettere a repentaglio la propria sicurezza nazionale che potrebbe essere condizionata da eventi innescati da soggetti terzi. Infatti, l’allargamento della NATO ad un paese così grande come la Finlandia aumenta esponenzialmente la linea di contatto con la Russia e di conseguenza il rischio di incidenti, errori e tensioni che potrebbero causare lo scoppio di una guerra diretta tra l’Alleanza e Mosca, coinvolgendo inevitabilmente anche l’ex potenza scandinava a causa della propria posizione geografica. L’adesione svedese alla NATO sarebbe quindi cruciale per il paese al fine di tutelare i propri interessi nazionali, scongiurare escalation e ritornare ad essere una grande potenza baltica in funzione anti-russa. Stoccolma potrebbe temere anche che Helsinki stia aspirando a diventare in breve tempo una grande potenza europea, sfruttando a proprio vantaggio la prossimità territoriale con la Russia e istituendo un rapporto privilegiato con Washington che potrebbe surclassare la Svezia a potenza secondaria, invertendo le gerarchie di forze tra i due paesi. Segnali di questa tendenza strategica sono già in atto da un anno e mezzo in Finlandia e la vittoria di Petteri Orpo, leader del partito conservatore liberale finlandese, alle elezioni politiche finlandesi di aprile e della coalizione di centro-destra sono il segnale di una maggiore consapevolezza di sé dell’elettorato finlandese, alimentata dalla “russofobia” dilagata dopo l’invasione russa dell’Ucraina che ha spinto il governo uscente social-democratico di Sanna Marin a rinunciare alla neutralità del paese. Il fattore tempo al momento gioco a favore di Helsinki.
I mutamenti geopolitici in corso nella penisola scandinava fanno parte di un cambiamento molto più grande che coinvolge l’intera regione del Mar Baltico. Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania dal 24 febbraio 2022 hanno costituito un vero e proprio blocco baltico antirusso dentro l’Unione Europea e la NATO, premendo per sanzionare i settori di Mosca considerati più strategici (come quello nucleare) e implementando il sostegno militare all’Ucraina. La conseguente spirale di tensione ha portato quasi alla rottura dei rapporti diplomatici tra Riga, Tallin e Vilnius da una parte e Mosca dall’altra. Il dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia da parte della Russia è il primo segnale di una militarizzazione dell’intero confine baltico-russo che forse sarà teatro di importanti tensioni negli anni a venire. Il prossimo vertice NATO è previsto a luglio a Vilnius, capitale della Lettonia, e avrà un grande valore politico sia perché la Finlandia parteciperà per la prima volta come membro ufficiale dell’Alleanza Atlantica sia perché l’Europa Baltica verrà definitivamente riconosciuta la core area dell’equilibrio tra Occidente e Russia in Europa.