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Un nuovo inquilino alla Casa Blu. Verso un rafforzamento del fronte anti-cinese nell’Indo-Pacifico?

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Nella notte tra il 9 e il 10 marzo 2022, sono terminati gli scrutini per determinare il Presidente della Repubblica di Corea per i prossimi 5 anni. L’onore e l’onere sono ricaduti su Yoon Suk-yeol, ex procuratore generale e alla sua prima vera esperienza politica. Competizione sino-americana, assertività di Pyeongyang e Quad sono i dossier caldi della politica estera contemporanea della penisola coreana. Come si incastra in tutto questo il neoeletto Presidente?

Una vittoria non così scontata

Prima ancora di annunciare la sua candidatura, nel gennaio 2021, i sondaggi indicavano Yoon Suk-yeol al primo posto tra le preferenze degli elettori come papabile successore di Moon Jae-in. Ad aprile dello stesso anno, in concomitanza con delle indagini circa il maxi-processo del 2016-17, rilasciò una dichiarazione di dimissione dalla sua posizione e molte testate giornalistiche la interpretarono come il suo preludio politico. Infatti, nel giugno 2021, annunciò la sua candidatura alla Casa Blu. Sebbene inizialmente si presentò come indipendente, non passò troppo tempo prima di dichiararsi candidato del principale partito di opposizione, il GugminhuihimPeople Power Party.

In quel momento, Yoon Suk-yeol era dato favorito con un margine di circa il 30% di vantaggio sul candidato del partito di governo, il Deobureominjudang, il Partito Democratico, ovvero il governatore della provincia di Gyeonggi, Lee Jae-myung. Tuttavia, dall’estate 2021 fino al giorno immediatamente precedente le elezioni, la differenza percentuale delle preferenze elettorali è andata progressivamente riducendosi. Infatti, la vittoria del candidato conservatore è arrivata con una percentuale inferiore all’1%. Non è bastata la rinuncia alla candidatura da parte di Ahn Cheol-soo, teoricamente tra il 5 e il 10% delle preferenze elettorali del Paese, per garantire all’attuale presidente un ampio margine di vittoria.

Tra l’incudine e il (falce)martello

La posizione geografica e politica della Corea del Sud la rende un attore strategico per quel che concerne l’equilibrio militare ed economico dell’Indo-Pacifico. Infatti, molta enfasi è stata posta sul ruolo che la Corea giocherà nell’immediato periodo post-Moon per quel che riguarda le relazioni con la Cina e la Corea del Nord. I conservatori sudcoreani sono storicamente poco inclini ad un’apertura incondizionata con Pechino e Pyeongyang, come hanno confermato anche gli esperti intervistati per Geopolitica.info.

Durante la sua campagna elettorale, infatti, il presidente Yoon ha più volte dichiarato di voler tenere una posizione dura nei confronti dei due Paesi comunisti. In primis, ha manifestato la volontà di potenziare il sistema missilistico THAAD, in ottica anti-nordcoreana. Tuttavia, l’istallazione di questo sistema, nel 2017, causò le ire della Repubblica Popolare Cinese, che impose pesanti sanzioni economiche e culturali nei confronti della Corea del Sud, causando perdite ingenti ai colossi multinazionali del Paese.

L’allora Presidente Moon decise di ottemperare alle richieste di Pechino e limitò le potenzialità balistiche del sistema previste originariamente dall’amministrazione Park. Sebbene sulla carta questo apparato missilistico sia previsto come contromisura ad eventuali missili nordcoreani indirizzati verso il Sud, il raggio di rilevamento dei suoi radar è sufficientemente ampio da arrivare ad osservare territorio cinese, come ci ricorda il Prof. Antonio Fiori.

Se, da una parte, le dichiarazioni del neoeletto Presidente manifestano la volontà di una presa di posizione netta nei confronti del “fronte antiamericano”, dall’altra, la vicinanza dei conservatori agli ambienti dei conglomerati aziendali che verrebbero danneggiati da tale posizione, non rendono facile prevedere quale effettivamente sarà la posizione di Seul sulla questione missilistica. A maggior ragione se a Capo di Stato viene eletto un personaggio alla sua prima vera esperienza politica. Menzione a parte merita il coinvolgimento della Corea del Sud all’interno del Quad.

I rapporti con Tokyo

Il Quadrilateral Security Dialogue, la piattaforma informale che coinvolge Australia, Giappone, India e Stati Uniti, rappresenta la manifestazione di quella strategia “Free and Open Indo-Pacific” che l’ex premier nipponico Shinzo Abe, prima, gli USA, poi, hanno delineato per la regione. Sebbene di prima ispirazione giapponese, gli Stati Uniti l’hanno assimilata nel 2019, primo caso nella storia delle relazioni internazionali statunitensi. L’importanza del Paese del Sol Levante all’interno della piattaforma lo rendono un attore con cui è necessario ed inevitabile confrontarsi.

I rapporti tra la Corea del Sud e il Giappone sono alquanto instabili. Il lascito coloniale dell’Impero giapponese sono delle ferite profonde nella memoria e nella sensibilità dei cittadini sudcoreani. La posizione dei conservatori circa i rapporti con Tokyo è tradizionalmente accomodante. Una caratteristica di questa compagine politica che forse non gioca a suo favore. Infatti, la salita nei consensi verso il candidato democratico potrebbe essere correlata con le dichiarazioni espresse da Yoon circa la volontà di riallacciare i rapporti col Giappone, dimostrandosi disposto a raggiungere un’intesa sulla questione delle comfort women.

La stessa amministrazione Park, conservatrice, firmò un accordo relativo alla risoluzione definitiva della controversia, accordo che aumentò il dissenso nei confronti del suo governo e che venne invalidato dall’amministrazione Moon. Il dossier giapponese, quindi, è tutt’altro che di facile gestione. Tuttavia, l’elezione di Yoon potrebbe significare un concreto avvicinamento della Corea del Sud al Quad. Più volte è stato chiesto all’ex presidente Moon di aderire al Dialogue, ma le richieste sono state prontamente smentite.

Il candidato dei democratici, Lee Jae-myung, tuttavia, non ha espresso una posizione netta né sulle questioni irrisolte del passato coloniale, né sulla partecipazione sudcoreana al Quad. Non sarebbe improbabile che, visto l’aumento del sentimento anti-cinese nel Paese, l’adesione al Dialogue trovasse un supporto bipartisan. La vittoria di Yoon è stata possibile per una percentuale veramente esigua, infinitesimale se si pensa che al momento della sua candidatura era favorito per quasi 30 punti percentuali. Inoltre, i democratici detengono ancora il 60% dei seggi parlamentari.

Un’elezione si conclude, un’altra è all’orizzonte

Il 9 marzo 2022, i cittadini sudcoreani hanno manifestato la propria decisione circa il Capo di Stato. Il 2024, tuttavia, saranno richiamati alle urne per eleggere i propri rappresentanti all’Assemblea Nazionale, l’organo unicamerale legislativo della Corea del Sud. Affinché una legge venga promulgata, che sia su iniziativa di un parlamentare o dell’esecutivo, è necessario che venga approvata dal Parlamento.

Quindi, la vittoria di Yoon con quel margine e la maggioranza ancora in mano ai Democratici, può significare che per i prossimi due anni la politica interna ed estera del Paese può diventare un tiro alla fune tra l’esecutivo e l’organo legislativo. Resterà da vedere chi cederà e su quali posizioni lo farà.

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