Nelle ultime settimane, le relazioni tra la Cina e il continente africano stanno vivendo un momento di tensione. Dopo la circolazione di immagini e video che mostravano sfratti e maltrattamenti di migranti e residenti africani a Guangzhou, città della Cina meridionale, da parte delle autorità locali, le relazioni Africa-Cina sono giunte a una crisi diplomatica senza precedenti.
In un momento di piena emergenza sanitaria, in cui la situazione richiede un importante sforzo di assistenza multilaterale, un deterioramento dei rapporti dell’Africa con il suo principale partner commerciale e primo creditore, rischia di non essere di vantaggio non solo per africani e cinesi, ma anche per i funzionari di Washington che, data la competizione con Pechino, potrebbero spingere per una tale rottura.
I fatti di Guangzhou
Le notizie che sono emerse nei giorni scorsi a Guangzhou, sede della più grande diaspora africana dell’Asia, hanno provocato una vera e propria crisi diplomatica senza precedenti. Video e immagini mostrano giovani africani, bloccati a faccia in giù sui marciapiedi, trascinati in manette dalle autorità cinesi e fatti dormire all’aperto dopo essere stati sfrattati.La CNN ha intervistato oltre venti persone di origine africana che vivono a Guangzhou, molte delle quali hanno raccontato di essere rimaste senza casa, essere state sottoposte a test casuali per Covid-19 senza poi ottenere i risultati, ed essere state messe in quarantena per 14 giorni, nonostante non abbiano avuto sintomi o contatti con pazienti positivi.
Questi eventi, verificatesi il 10 aprile, sono il risultato diretto del crescente timore cinese di una seconda ondata dell’infezione, ma si basano anche su un’ostilità di lunga data nei confronti degli africani nella Cina meridionale. Le preoccupazioni causate dal ritorno del virus hanno così portato a una serie di incidenti e fatto nascere paranoie. Il 4 aprile è stata diffusa la notizia che un cittadino nigeriano, risultato positivo al Covid-19, avesse aggredito un’infermiera cinese che aveva cercato di impedirgli di lasciare un reparto di isolamento in un ospedale di Guangzhou. La storia è stata ampiamente condivisa su Weibo, social media cinese, e ha suscitato una serie di commenti xenofobi, tra cui “Guangzhou è stata colonizzata dagli africani”. Nei giorni seguenti, le autorità cinesi hanno informato che cinque nigeriani sono risultati positivi al Covid-19, dopo essere stati visti mangiare insieme in un ristorante locale. Ancora una volta la notizia è stata riportata dai media e diventata subito virale, suscitando il timore diffuso che gli africani fossero la causa principale dei recenti nuovi casi di contagio. Nel frattempo, lo staff di McDonald’s in un ristorante di Guangzhou ha affisso un cartello: “Siamo stati informati che d’ora in poi i neri non potranno più entrare nel ristorante”; e le voci che “300.000 neri a Guangzhou stavano scatenando una seconda epidemia”, hanno iniziato rapidamente a circolare.
La reazione dei Paesi africani e la risposta da parte della Cina
Le prove di questi maltrattamenti hanno scatenato l’indignazione internazionale e l’immediata reazione da parte dei Paesi africani, molti dei quali hanno convocato i loro ambasciatori in Cina per avere una spiegazione sul “trattamento disumano che si sta mettendo in atto”.Una delegazione di ambasciatori africani a Pechino ha consegnato una lettera al Ministro degli Esteri cinese chiedendo la fine immediata di ogni discriminazione. Anche Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione Africana, che rappresenta la totalità del continente, ha espresso la sua “estrema preoccupazione”. Moses Kuria, membro del Parlamento keniota, ha assunto una posizione più aggressiva, chiedendo l’immediata espulsione di tutti i cittadini cinesi dal Kenya. Generalmente, questo tipo di relazioni diplomatiche sono condotte lontano dall’opinione pubblica e al massimo i portavoce possono rilasciare una dichiarazione pro forma in seguito. Questa volta, invece, i Ministri degli Esteri e i leader africani hanno riportato su Twitter dichiarazioni che includevano anche le foto degli eventi. Gli utenti dei social media africani hanno lanciato l’hashtag #ChinaMustExplain per sfogare la loro rabbia e preoccupazione. Altrettanto intensa è stata la retorica sulla stampa africana. La prima pagina del Daily Nation, principale quotidiano keniota, ha titolato “I kenioti in Cina: Salvateci dall’inferno”. Notizie simili sono state riportate anche dalla stampa nigeriana, ghanese e ugandese.
La risposta della Cina è stata quella di negare l’esistenza di qualsiasi problema, per quanto innegabili siano le notizie. China Global Television Network, parte di un’organizzazione di media statale in Cina, ha cercato di liquidare la storia come “notizia falsa”. L’ambasciata cinese ad Harare, dello stesso parere, ha posto una contro-accusa sul maltrattamento dello Zimbabwe nei confronti dei migranti cinesi, aggiungendo che si tratterebbe di un tentativo da parte degli Stati Uniti di “seminare discordia e alimentare le difficoltà”. Il 13 aprile il Ministero degli Affari Esteri cinese ha fatto sapere che le autorità del Guangdong “miglioreranno le misure”, basandosi su “un principio di non discriminazione”. Comunque, il Ministero degli esteri, attraverso il suo portavoce, Zhao Lijian, non ha affrontato in modo specifico le accuse e per ora non sono state offerte scuse formali.
Anche se non è la prima volta che si verificano delle tensioni nelle relazioni Africa-Cina, questa crisi per la sua portata continentale e i suoi rimproveri di alto livello è senza precedenti. Da una parte il rifiuto cinese di ricevere ulteriori critiche sul coronavirus, dall’altra l’intensità dell’indignazione dei media africani rischiano di causare un radicamento di entrambe le parti. Radicamento che in questo momento di emergenza, provocherebbe un peggioramento della situazione, anche in considerazione del fatto che le parti sono ormai indissolubilmente legatein termini politici ed economici.
L’Africa come scenario di competizione per le potenze internazionali
Negli ultimi anni, l’Africa si è rapidamente trasformata in unoscenario sempre più competitivo per le potenze internazionali. Pechino ha svolto un ruolo di apripista e ha perseguito una combinazione di obiettivi economici e politici, divenendo in poco tempo il più grande partner commerciale dell’intero continente, nonché il primo creditore. L’Africa, infatti, è un mercato sempre più importante per gli investitori privati cinesi, soprattutto nel settore tecnologico. Il commercio della Cina con l’Africa, che ammontava a 10 miliardi di dollari nel 2000, tra il 2011 e il 2018 ha raggiunto valori di 15-20 volte superiori. La Cina è anche il primo creditore dell’Africa, avendo prestato circa 152 miliardi di dollari a quasi 50 Stati africani tra il 2000 e il 2018. Secondo il Nigeria Debt Management Office, l’80% del debito nigeriano è riconducibile alla Cina, la quale ha fornito prestiti per la costruzione di ferrovie, centrali elettriche e aeroporti, contribuendo a colmare un enorme divario infrastrutturale nel più grande Paese produttore di petrolio del continente.
In un contesto tale, i funzionari statunitensi non hanno mancato l’occasione per aggiungere critiche e screditare la relazione sino-africana. Il Sottosegretario di Stato aggiunto per gli affari africani negli Stati Uniti, Tibor Peter Nagy, ha affermato che gli episodi delle scorse settimane sono “un triste promemoria di quanto sia vuoto il rapporto tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Africa”.Da quando l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, attraverso un discorso del National Security Advisor nel dicembre 2018, ha svelato una “Nuova Strategia per l’Africa” con il ritorno alla “grande competizione di potere”, la Cina è stata presentata come un “donatore canaglia” e i funzionari dell’amministrazione Trump stanno opportunisticamente cercando di screditare l’attività cinese nel continente.
La situazione economica
In un momento di emergenza sanitaria globale, in cui le realtà economiche africane sono aggravate dalla destabilizzazione causata dalla diffusione del virus, l’Africa non dovrebbe rappresentare uno scenario di competizione politica ed economica, quanto piuttosto il contrario. Secondo lo studio dell’Unione Africana “Impact of the Coronavirus Covid-19 on the African Economy”, pubblicato il 6 aprile, l’elevata dipendenza delle economie africane rispetto alle economie estere prevede una ricaduta economica negativa per il continente, con una perdita media di 1,5 punti sulla crescita economica del 2020, una contrazione delle previsioni di crescita media del Pil dal 3,2% all’1,7%. Decrescita che, stando alle stime del World Bank Group, costerà all’Africa subsahariana tra i 37 e i 79 miliardi di dollari in termini di perdite di produzione per il 2020.
In una tale prospettiva, i leader africani hanno fatto appello alla comunità internazionale perché si riunisca per aiutare i loro governi a superare l’emergenza sanitaria, definita come una “minaccia esistenziale” per le loro economie. Rivolgendosi ai Paesi G20 hanno chiesto un alleggerimento del debito e la preparazione di un piano di aiuti finanziari urgenti del valore di 150 miliardi di dollari. In tal senso, lo scorso 13 aprile, il Presidente francese, Emmanuel Macron, ha lanciato un appello per la cancellazione del debito ai Paesi africani. Nei giorni seguenti, su proposta dei Paesi del G7, il G20 ha annunciato una “sospensione temporanea dei pagamenti a servizio del debito per i Paesi più poveri”. Il blocco dei pagamenti inizierà il primo maggio e terminerà alla fine del 2020, con un’opzione di proroga per il 2021. In totale i Paesi a cui sarà rivolta l’iniziativa sono 76, di cui circa 40 dell’Africa subsahariana. Allo stesso modo, anche la Banca Mondiale sta preparando un aiuto di 160 miliardi di dollari a livello globale che aiuterà i Paesi a rispondere alle immediate conseguenze sanitarie della pandemia e a sostenere la ripresa economica.
Sebbene queste misure siano consistenti, elemento assolutamente da notare è il fatto che il G20 sospenderà solo il “debito ufficiale” di quelle nazioni, mentre lo stato delle conoscenze sulle condizioni di finanziamento ufficiali cinesi rimane limitato a causa della mancanza di trasparenza, tanto che si parla di “debiti nascosti” con tassi di interessi più alti di quelli della Banca Mondiale. Quindi senza dubbio la Cina, come principale creditore del continente, dovrà avere un ruolo fondamentale da svolgere per il rilancio dell’Africa, e il coordinamento multilaterale è condizione essenziale.
Nelle settimane a venire, come scrive Eric Olander, direttore dell’iniziativa China Africa Project, “i funzionari di tutte le parti dovranno darsi da fare per lasciare questo episodio alle spalle e per concentrarsi su questioni più urgenti, come il contenimento del virus e la riduzione del debito cinese”. Alla luce di questi avvenimenti è innegabile che la cooperazione internazionale dovrebbe essere nell’interesse di tutti.
Olga Vannimartini,
Geopolitica.info