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La nuova strategia USA per l’Africa Subsahariana: come cambia la politica americana in Africa sotto la Presidenza Biden

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Il viaggio del Segretario di Stato statunitense Antony Blinken che ha toccato il Sudafrica, il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo, è coinciso con la pubblicazione della nuova strategia americana per l’Africa Subsahariana. La nuova politica americana nei confronti del Continente propone elementi di continuità rispetto al passato coniugandoli con elementi di profonda innovazione.

Importanza strategica dell’Africa Subsahariana

L‘importanza strategica dell’Africa subsahariana per Washington può essere riassunta in tre principali spiegazioni di natura economica e geopolitica.

Primo, con un tasso di crescita demografica che si mantiene costante attorno al 2.45% sin dagli inizi 2000, secondo il World Population Prospects 2022 pubblicato dalle Nazioni Unite, entro il 2050 la popolazione dell’Africa Subsahariana arriverà a raddoppiare, contando circa oltre 2 miliardi di abitanti. Inoltre, con una crescita economica costante che ha registrato nel 2021 un aumento del GDP del 4.1%, il Continente rappresenterebbe un grandissimo mercato per i beni ed i servizi statunitensi grazie a previsioni che vedono una forte espansione della classe media africana ed in media un aumento entro il 2030 del potere di acquisto individuale e di aziende sino a 6.6 miliardi di dollari. L’Africa, inoltre, non ha solo il potenziale di diventare un ingente bacino di accoglienza di prodotti di consumo statunitensi, ma anche di sviluppare un settore manifatturiero di grande rilevanza grazie ad una popolazione per il 70% sotto i 30 anni.

Secondo, l’Africa Subsahariana riveste per gli Stati Uniti un’importanza strategica che deriva anche dalla quantità di risorse naturali che accoglie sul suo territorio. Metalli come il neodimio, il praseodimio, il cobalto e il litio, presenti in grandi quantità in RDC, Tanzania, Malawi, Niger, sono indispensabili per la fabbricazione di auto elettriche e turbine eoliche. Pertanto, fondamentali nel contesto della transizione energetica. Platino e iridio, invece, sono minerali chiave per il settore della difesa statunitense, impiegati nella produzione aerospaziale.

Terzo, l’Africa rappresenta per gli US un territorio di importante competizione geopolitica. Non solo la Cina e la Russia, esplicitamente menzionate nella nuova strategia statunitense come minacce all’ordine e alla sicurezza internazionale, ma un numero sempre maggiore di attori internazionali intrattengono rapporti commerciali, diplomatici e militari nel Continente. Solo nel Corno d’Africa, negli ultimi dieci anni il Giappone, l’Italia e la Cina hanno costruito basi militari a Gibuti mentre la Turchia ha costruito a Mogadiscio un centro di addestramento e gli Emirati Arabi Uniti si sono insediati nella base navale di Assab in Eritrea.

In questo contesto, quindi, la Nuova Strategia dell’Amministrazione Biden per l’Africa Subsahariana si pone come obiettivo una rivitalizzazione delle relazioni commerciali e diplomatiche per ristabilire una presenza forte sul territorio.

Nuova strategia USA per l’Africa Subsahariana: cambiamento climatico e transizione energetica.

La strategia americana mira a lavorare in coordinazione con i Paesi africani per preservare la regione dai disastrosi effetti del cambiamento climatico. Nello specifico, nel contesto della transizione energetica, il focus è investire in tecnologie per la produzione di energia rinnovabile, tenendo conto delle implicazioni di tali progetti per lo sviluppo economico del Continente.

In particolare, l’Africa Subsahariana è la regione più compromessa dall’aumento delle temperature mondiali: la progressiva desertificazione della zona del Sahel, la mancanza di risorse idriche e di terreni fertili amplificano fenomeni come violenza e migrazione contribuendo alla già precaria situazione socio-economica.

D’altro canto, l’Africa contribuisce per meno del 3% alle emissioni di gas globali ed il suo consumo di energia elettrica è il più basso al mondo. A livello continentale, la percentuale di case che hanno accesso all’elettricità è meno del 40%, una percentuale destinata a diminuire nelle zone rurali. Di contro, nonostante il mix energetico africano continui ad essere prevalentemente a base di carbon fossili, l’energia rinnovabile contribuisce già per circa il 18% all’output di energia elettrica.

Incrementare gli investimenti nel settore delle rinnovabili rappresenterebbe una grande opportunità di partnership economica per entrambe le parti. Ciò aumenterebbe drasticamente l’occupazione giovanile con una stima fra i 370 mila e i 5 milioni di nuovi impieghi entro il 2030.

Tuttavia, l’accento che la Strategia US pone su un’equa transizione energetica che combini rinnovabile ma non sdegni l’uso del carbon fossile, si rivela di estrema rilevanza. Infatti, il taglio agli investimenti esteri per progetti che utilizzano carbon fossili, dichiarato dalle potenze occidentali durante il recente Summit G7 in Germania, rischia di inibire lo sviluppo industriale ed economico africano, incrementando povertà e disuguaglianza e contribuendo in minima parte al taglio delle emissioni globali.

Nuova strategia USA per l’Africa Subsahariana: investimenti e commercio.

La presenza statunitense nella regione langue principalmente nel settore economico. Nel 2019 l’Africa ha costituito solo l’1% del totale delle transazioni economiche che gli USA hanno avuto con l’estero e la metà di queste con le due più grandi economie del Continente, Nigeria e Sudafrica. Quello commerciale è, inoltre, anche il territorio dove la competizione con la Cina si fa più evidente: dal 2009 infatti il gigante asiatico si è posizionato come primo partner commerciale africano, superando gli Stati Uniti, mentre il valore del commercio di questi ultimi con l’Africa è passato da un picco di 142 miliardi di dollari nel 2008 a soli 64 miliardi nel 2021.

Per la maggior parte il piano statunitense prevede una rivitalizzazione di iniziative già esistenti, fra le quali, Prosper Africa (2019), Power Africa (2013) e Feed the Future Initiative (2010) in vista anche della scadenza del African Growth and Opportunity Act (AGOA) nel 2025, cardine della politica commerciale statunitense per l’Africa Subsahariana sin dal 2000.

Nello specifico, l’AGOA è un programma di collaborazione e assistenza economica che stabilisce un regime di tariffe nulle per alcuni prodotti esportati verso gli Stati Uniti da Paesi africani ritenuti idonei. L’atto, adottato nel 2000 con l’intento di creare legami commerciali tra USA e Africa, presenta ad oggi diversi limiti. Sebbene nel decennio immediatamente successivo al lancio di AGOA le esportazioni africane verso gli Stati Uniti siano triplicate, aumentando da un valore di 22 miliardi di dollari a circa 61 miliardi, dopo il picco raggiunto nel 2008, il commercio statunitense con i Paesi AGOA è calato sino a raggiungere i livelli pre-2000.

Superare l’AGOA con un programma che miri realmente ad instaurare una partnership economica con l’Africa, che non sia unilaterale e includa i Paesi africani, è essenziale per un garantire lo sviluppo economico del Continente. In questo senso insistere su progetti come Prosper Africa permetterebbe di guidare investimenti in infrastrutture legate ai trasporti e alla produzione energetica che accelererebbero la ripresa economica dell’Africa post-pandemia, incentivando l’occupazione.

Nuova strategia USA per l’Africa Subsahariana: nuove vie per il miglioramento dei rapporti

In ultimo, una reale prospettiva di engagement passa anche attraverso una rivitalizzazione dei rapporti diplomatici: molte delle ambasciate americane in Africa soffrono di mancanza di personale, in particolare Niger, Mali e Burkina Faso. Allo stesso modo, l’ultimo vertice che ha riunito i Leader africani ed il Presidente degli Stati Uniti si è svolto a Washington nel 2014. In questo senso, il summit previsto per Dicembre 2022 segnerebbe un tentativo di ristabilire l’influenza americana sul continente, discostandosi dalla retorica di assistenzialismo economico e militare. In questo modo i rapporti tra gli USA e i Paesi africani potrebbero rilanciarsi attraverso una collaborazione più equilibrata, dove un dialogo fra pari intensifichi i rapporti economici e sociali.

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