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La norma del limite d’età: Xi come un violatore di regole?

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Il ventesimo Congresso del PCC ha generato un grande dibattito intorno all’esito dell’evento, specialmente riguardo la nuova formazione del Comitato Permanente del Politburo. Alcuni sostengono che le nomine, tutte fedeli a Xi, riflettono un’autorità incontestabile di quest’ultimo e altri invece che circondarsi di persone leali sia sintomatico di una sua insicurezza riguardo la lealtà di altri membri del partito nei suoi confronti. Tuttavia, analisti come Richard C. Bush del Brookings Institution sembrano essere d’accordo che Xi sia colui che ha ottenuto i maggiori benefici da questo Congresso, e che d’ora in avanti avrà sempre meno ostacoli istituzionali da superare per implementare le sue politiche. Allo stesso tempo però, la volontà di attenersi largamente alle norme preesistenti è indicativa di un desiderio di mantenere continuità con il passato.

Come è stato fatto notare da Ling Li, Professoressa di politica e diritto cinese all’Università di Vienna, Xi non ha osato riesumare la carica di Presidente del Partito Comunista Cinese, un titolo in vigore ai tempi di Mao, che simbolicamente lo metterebbe sullo stesso piano del “Grande Timoniere”. Questa eventualità avrebbe risparmiato a Xi diversi grattacapi, uno tra tutti la questione della successione. In altre parole, Xi avrebbe potuto governare a tempo indeterminato e parallelamente nominare il Segretario Generale a suo piacimento, avendo modo di sperimentare chi potesse diventare l’erede migliore. Tuttavia, una scelta così radicale avrebbe potuto suscitare il malcontento della leadership,  ragion per cui Xi ha preferito invece seguire la pratica tradizionale e attenersi alle istituzioni esistenti. 

Ling Li evidenzia infatti che nella sede di questo Congresso nessuna regola è stata violata. A tal proposito è necessario fare un po’ di chiarezza sulla tanto dibattuta norma del limite d’età, a cui ci si riferisce ormai con la formula “sette su, otto giù”, qi-shang, ba-xia (七上八下). Questa norma, che regola le promozioni, i rinnovi e le partenze all’interno del partito a seconda delle circostanze, richiede che chi ha compiuto più di 68 anni debba lasciare l’incarico mentre chi ne ha 67 o meno abbia il diritto a rimanere in carica. Si tratta però di una norma non scritta, non una vera e propria legge, che peraltro è stata violata più volte nei precedenti congressi anche da Jiang Zemin e Hu Jintao. Durante quest’ultimo congresso la suddetta norma è stata ampiamente rispettata (in 33 casi su 37 tra Politburo e Comitato Permanente del Politburo), fatta eccezione per due casi che secondo la pratica dovevano ritirarsi perché oltre i 68 anni. Quello di Zhang Youxia (72 anni), vice-capo della Commissione Centrale Militare, e Wang Yi (69 anni), Ministro degli Affari Esteri. Tuttavia, vista l’importanza che queste due cariche ricoprono rispetto alla questione della sicurezza nazionale, forse il tema a cui è stato dato più risalto nell’ ultimo Congresso, è comprensibile che si sia voluta dare priorità alla continuità. Per quanto riguarda invece il mancato rinnovo di Li Keqiang (67 anni) e Wang Yang (67 anni), entrambi membri del precedente Comitato Permanente del Politburo, questi ultimi hanno rinunciato al loro diritto di servire per un altro mandato, lasciando così il posto a due membri più giovani. Da questo si evince che la violazione della norma riguarda prevalentemente i primi due casi. Nei secondi due invece non si tratta di una vera e propria rottura, in quanto ufficialmente hanno spontaneamente rinunciato alla loro carica

Tuttavia, anche in questo caso, se l’imperativo fosse stato quello di rinnovare le nomine di Li Keqiang e Wang Yang, si sarebbe potuto semplicemente decidere di allargare il numero di membri che potevano sedere al Comitato Permanente del Politburo. Il numero dei componenti non è fisso ma flessibile, infatti nel corso del tempo è stato allargato fino ad accogliere undici partecipanti. La domanda da farsi dunque dovrebbe essere perché non è stata scelta questa opzione. Ad ogni modo, se da un lato questo Congresso ci rivela che Xi  preferisce attenersi ad alcune regole per mantenere un consenso generale, dall’altro si può notare che molte delle norme che regolano i rapporti e le nomine all’interno del partito sono altamente flessibili e reversibili. Xi, tuttavia, non è il primo e né sarà l’ultimo leader a cambiarle a seconda delle proprie ambizioni.

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