Nell’era della militarizzazione dello Spazio, la dichiarazione di Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti d’America, nell’aprile 2022, ha spinto la comunità internazionale a massimizzare i propri sforzi per impedire che il quarto dominio divenga il nuovo teatro di scontro geopolitico, aprendo la strada ad una risoluzione che impedisca la conduzione, in orbita, di test ASAT.
Test ASAT: detriti spaziali e Counterspace Capabilities
Il 15 novembre 2021 la Russia ha condotto, con successo, un test antisatellite ad ascesa diretta, distruggendo un proprio satellite inattivo, il Cosmos 1408, e ponendo la comunità internazionale di fronte ad un problema da risolvere, quello dei detriti spaziali, generati, il più delle volte, dalla collisione di due sistemi spaziali o dall’esplosione di un satellite. Si tratta di piccole parti di sistemi spaziali in disuso o danneggiati, che, rimanendo in orbita, possono trasformarsi in armi cinetiche, in quanto, non controllate, divengono un rischio per ogni infrastruttura spaziale orbitante. Mosca, distruggendo il Cosmos 1408, ha, altresì, dimostrato di essere, nuovamente, tra le grandi potenze in gioco nella nuova corsa allo Spazio, che ha un carattere soprattutto militare: la capacità di distruggere, fisicamente, un oggetto orbitante rientra nelle counterspace capabilities. La necessità di disporre di sistemi di difesa e di attacco è indice di una costante militarizzazione dello Spazio esterno. Relativamente al quarto dominio è fondamentale sottolineare due aspetti cruciali: le tecnologie, nello Spazio, sono dual-use per eccellenza, dunque, possono essere impiegate tanto per finalità civili, quanto per obiettivi militari; tutto, in orbita, può essere usato come un’arma, poiché, per le leggi della fisica che vigono nell’Outer Space, l’energia cinetica prodotta dal movimento di un oggetto può essere utilizzata per distruggerne un altro. È bene distinguere la militarizzazione, intesa come l’utilizzo di veicoli e sistemi militari nello Spazio, dall’armamento dello Spazio, che è una forma di militarizzazione che evolve in un conflitto. Nell’era della Space Militarization, intesa come il posizionamento, nello Spazio, di dispositivi idonei a colpire target che si trovino in orbita o sul suolo terrestre, gli attori terrestri, adottando Space Strategies diverse, si contendono la supremazia tecnologica nel quarto dominio, dimostrando le proprie capacità di distruggere o disabilitare, in maniera temporanea o permanente, oggetti ed infrastrutture spaziali, dando, in altre parole, prova alla comunità internazionale delle proprie counterspace capabilities. Si tratta di tecnologie che, utilizzate dalla Terra (ground-based) o direttamente dallo Spazio (space–based), possono essere impiegate sia con finalità offensive che difensive. È possibile distinguere armi cinetiche e non cinetiche, ove, le prime, procedono alla distruzione fisica dell’obiettivo, le seconde danneggiano il target in maniera reversibile, o irreversibile, temporanea o permanente. L’obiettivo degli Stati che dispongono di counterspace capabilities è quello di garantire la Space Superiority, ovvero poter compiere, nel quarto dominio, qualsiasi missione, senza essere ostacolati da altri Paesi dotati di una proiezione spaziale. Le armi ASAT ad ascesa diretta (direct-ascent anti-satellite, DA-ASAT) sono un esempio di armi cinetiche ground-based: vengono lanciate nello Spazio, da siti di lancio terrestri, per colpire un determinato satellite, senza che l’arma entri in orbita. È, evidentemente, necessario disporre di sistemi efficaci che consentano a queste armi, che possono essere missili balistici modificati a tale scopo, di rilevare la posizione esatta al momento dell’imminente attacco del satellite bersaglio. Anche la Cina ha dato dimostrazione di possedere questa particolare capacità di contro-spazio: l’11 gennaio 2007 Pechino lanciò, dallo Xichang Space Launch Center, un missile balistico, scontratosi con un satellite meteorologico cinese non operativo, distruggendolo. Le armi ASAT co-orbitali si inseriscono nella categoria di armi cinetiche space-based in quanto, prima di procedere all’offensiva, vengono inserite in orbita, e, su comando, si spostano sul piano orbitale del target, o su un piano adiacente, affinchè possa essere distrutto.
Le armi non cinetiche, d’altro canto, utilizzano laser, armi HPM (High Power Microwave) o ad impulsi elettromagnetici, atti a danneggiare o rendere inutilizzabili i sistemi spaziali. Queste specifiche counterspace capabilities richiedono uno standard di sofisticazione molto elevato, per questo risultano essere particolarmente costose. A causa delle problematiche di manovrabilità in orbita, si dovrebbe trattare di armi ground-based, che dispongano della potenza necessaria per raggiungere lo Spazio ma, maggiore è la distanza dell’obiettivo, maggiore deve essere la potenza dell’arma.
A queste tipologie si aggiungono due ulteriori categorie: le armi elettroniche e cyber. Nel primo caso si tratta di dispositivi che interferiscono con i segnali di radio frequenza. Possono essere utilizzati dispositivi, come il jammer, per l’emissione di rumore nelle frequenze utilizzate dal satellite o da un ricevitore. Si distinguono i jammer up-link, che interferiscono col segnale terrestre, dai jammer down-link, che interferiscono con il segnale emesso in orbita. Si tratta di un attacco reversibile in quanto, una volta disattivati, la trasmissione dei dati riprende in modo analogo a quella precedente l’offesa. Un ulteriore attacco elettronico può veder impiegare uno spoofing, che emette un segnale falso, identificato come l’originale dal ricevitore; questi dispositivi, ad esempio, possono essere utilizzati per far ricevere dati falsi ai satelliti. Gli attacchi cyber, d’altro canto, non compromettono la trasmissione dei dati, bensì i dati stessi, potendo cagionare la perdita dei medesimi o del satellite che li elabora. La compromissione di un dispositivo, collegato ad un satellite, può rendere possibile per l’hacker acquisirne il controllo; anche in orbita deve essere garantita la cyber sicurezza dei sistemi spaziali. La più importante differenza da sottolineare è relativa all’attribuzione della responsabilità dell’attacco. Le armi cinetiche, siano esse ground-based o space-based, sono facilmente attribuibili ad un determinato attore; le armi non cinetiche, ma, soprattutto, le armi elettroniche e cibernetiche, si caratterizzano per una elevata difficolta nell’attribuzione della responsabilità. Inoltre, mentre le armi cinetiche mirano a distruggere i sistemi satellitari avversari, le non cinetiche, elettroniche e cibernetiche sono finalizzate ad oscurare le capacità satellitari della controparte e, nel caso delle armi cibernetiche, anche acquisirne informazioni e dati.
Ricorrendo alle nuove tecnologie, pertanto, è possibile bloccare il funzionamento di un Paese colpendone le infrastrutture spaziali critiche, il cosiddetto Space Block, attraverso delle azioni offensive lanciate dai sistemi spaziali o a danno di questi ultimi, con ingenti ripercussioni sugli altri domini geopolitici, in particolar modo a danno di quello terrestre, aereo e marittimo. In questo nuovo gioco di forze, le potenze che maggiormente ambiscono allo Spazio, in funzione di supporto della propria geopolitica terrestre, sono gli Stati Uniti, che mirano a mantenere la propria leadership spaziale e non solo; la Federazione Russa che, forte dell’esperienza acquisita negli anni della guerra fredda, riconosce nel quarto dominio lo strumento per tornare ad essere nuovamente riconosciuta come grande potenza; la Cina che, nell’integrazione del quarto dominio con gli altri, ambisce a recuperare il gap tecnologico, soprattutto, con Washington, per riuscire ad espandere la propria influenza in Occidente.
La preoccupazione della comunità internazionale
La dimostrazione di Mosca dello scorso novembre ha suscitato l’allarme delle potenze terrestri, prima fra tutte degli Stati Uniti, il cui programma spaziale è finalizzato al mantenimento della leadership nel quarto dominio. Riuscire ad accedere al Cosmo e controllare le infrastrutture spaziali posizionate in esso è prerogativa indispensabile per poter vantare lo status di grande potenza: Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti d’America, in risposta al test ASAT russo, e ai programmi spaziali, soprattutto, di Mosca e Pechino, il 18 aprile 2022, ha dichiarato che Washington si sarebbe impegnata a non condurre test ASAT, ground-based o co-orbitali, invitando anche gli altri Stati a seguire la decisione americana, al fine di giungere alla stesura di un regolamento internazionale che proibisca la commissione di suddetti test; infatti, il trattato più rilevante per l’accesso e l’utilizzo del quarto dominio, l’Outer Space Treaty, del 1967, che, sancendo il fine pacifico dell’accesso e dell’utilizzo del Cosmo, vieta, in maniera esclusiva, l’utilizzo di armi nucleari e di distruzione di massa in orbita. Nella dichiarazione della Casa Bianca si fa esplicito riferimento al pericolo insito nella questione dei detriti spaziali, ma è evidente come le preoccupazioni statunitensi riguardino, altresì, l’aspetto militare della corsa allo Spazio del XXI secolo e la sicurezza delle proprie infrastrutture spaziali, essenziali per la supremazia terrestre e spaziale di cui godono; dalla prima Space Enabled War, la guerra del Golfo del 1991, infatti, Washington, grazie al supporto spaziale, ha dimostrato una superiorità tecnologica senza precedenti.
Dopo che l’impegno degli Stati Uniti, nei confronti delle armi spaziali cinetiche, è stato assunto anche da altri Paesi, come la Francia, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in occasione della sessione del 7 dicembre 2022, ha adottato il progetto di risoluzione II, “Destructive direct-ascent anti-satellite missile testing” (Document A/C.1/77/62), con 155 voti a favore e solo 9 contrari, tra cui la Federazione Russa e la Cina. Di fronte alle dichiarazione di Pechino, di voler garantire la finalità pacifica dell’accesso e dell’utilizzo dello Spazio, questa presa di posizione risulterebbe non coerente se, allo stesso tempo, non si considerassero, altresì, le molteplici dimostrazioni cinesi, a partire dal test del 2007, che riconoscono, nel quarto dominio, una strategicità soprattutto militare. Il Chinese Dream, perseguito da Xi Jinping, vale a dire la volontà di riportare la Cina al suo antico splendore, attraverso il “ringiovanimento” della Nazione, non ambisce esclusivamente ad espandere la presenza cinese, verso Occidente, attraverso dei corridoi terrestri e marittimi. Ritiene, oltretutto, indispensabile detenere il controllo delle informazioni e dei dati disponibili sugli avversari, così come sugli alleati, e questo è possibile, anche, attraverso il ricorso ad una “via della seta” che potremmo definire “spaziale”; è, dunque, nel pieno interesse cinese sviluppare anche quelle capacità di contro-spazio che, in qualche modo, gli conferiscano le capacità di “accecare” l’avversario se non, addirittura, sottrargli le informazioni: per il sogno cinese, le counterspace capabilities, da impiegare sia per finalità difensive che offensive sono fondamentali. Così come Trump, nel 2019, firmando il National Defense Authorization Act, istituisce la sesta forza militare statunitense, affinchè le già esistenti US Army, US Marine Corps, US Navy e US Air Force venissero affiancate dalla US Space Force, rilanciando la centralità militare del quarto dominio, l’Esercito Popolare di Liberazione si serve dell’SSF, Strategic Support Force, per il supporto spaziale alle attività militari terrestri. Il maggiore compito dell’SSF è l’integrazione delle capacità militari dei cinque domini, rappresentando, pertanto, il fulcro della guerra informatizzata. La New Race for Space ha come obiettivo il dominio dello Spazio inteso come dominio delle informazioni: avere la possibilità di controllare i sistemi spaziali, significa avere a disposizione una pluralità di dati utili in un eventuale conflitto terrestre, e questo è l’obiettivo principale di Pechino, che ricerca una “guerra informatizzata”. È, pertanto, comprensibile tanto la volontà di creare un esercito informatizzato per la conduzione di conflitti integrati tra i cinque domini, dove, assumono centralità anche l’intelligenza artificiale, i big data e le tecnologie cloud, quanto la necessità di continuare a sviluppare le proprie counterspace capabilities, impiegabili sia per azioni offensive che difensive.
La Federazione Russa, d’altro canto, raccogliendo l’eredità dei programmi spaziali sovietici, che la resero “prima fra tutte”, in orbita, almeno fino al 1969, ha, nel nuovo millennio, nuovamente investito nel settore spaziale: Putin, nel 2008, ha, infatti, riconosciuto il nesso indissolubile tra le capacità spaziali e lo status di superpotenza. Mosca non sta impiegando i proprio sforzi, a differenza della Cina e, soprattutto degli Stati Uniti, nella privatizzazione dell’industria spaziale, bensì nella concreta possibilità di armare lo Spazio. Per la Russia, il quarto dominio è un dominio di guerra, da controllare per vincere i futuri conflitti, comprendendo che, le nuove guerre sono guerre integrate, che necessitano di impiegare ed integrare gli strumenti di ogni dominio per poter essere combattute. Il programma spaziale russo rimane, pertanto, maggiormente focalizzato sull’aspetto militare del Cosmo: Mosca può essere descritta come leader mondiale e spaziale per la progettazione e produzione di armi spaziali, ground-based o space-based, che la rendono maggiormente competitiva nell’ambito delle counterspace capabilities.
Gli Stati Uniti descrivono lo Spazio come congestionato, contestato e competitivo. È congestionato in quanto non solo è cresciuto il numero di Paesi in grado di raggiungere le orbite, ma, a questi, si aggiungono, oltretutto, numerose aziende private. La congestione dello Spazio dipende, altresì, dal numero dei detriti in aumento. Lo Spazio è, dunque, competitivo: il numero di attori che si contende il controllo delle orbite continua a crescere, in quanto sempre più Paesi stanno riconoscendo l’importanza strategica dello Space Power. Lo Spazio è, infine, contestato in quanto la proliferazione di tecnologie che abbiano un’utilità anche militare, visto che ogni tecnologia spaziale, del resto, può essere classificata come dual use, rende ogni possibile manovra una minaccia, dunque, percepita come tale dagli attori spaziali che mirano ad ottenere l’accesso allo Spazio e il mantenimento della loro presenza in orbita. Disporre della possibilità di accesso e di utilizzo dell’Outer Space è condizione necessaria per poter assumere lo status di superpotenza nella scacchiera delle relazioni internazionali: nella corsa allo Spazio del xxi secolo, la militarizzazione del quarto dominio è la protagonista. Impedire che questo porti il Cosmo a divenire il nuovo teatro di guerra deve essere una priorità per gli Stati, affinchè la popolazione mondiale possa continuare a usufruire dei benefici concessi dalle infrastrutture spaziali.