Nel mese di settembre, per più di dieci giorni gli Eurofighter italiani presenti in Polonia hanno intercettato aerei russi in prossimità dei confini nord-orientali dell’Alleanza Atlantica: si tratta di mezzi impegnati nelle c.d. missioni di Air Policing NATO, esistenti ormai da decenni ma che, dal 24 febbraio scorso, hanno assunto una maggiore importanza.
Le caratteristiche dell’Air Policing
La NATO definisce l’Air Policing come una serie di missioni a scopo puramente difensivo, supervisionate dall’Allied Air Command, con l’obiettivo principale di “protezione e messa in sicurezza” dello spazio aereo dei Paesi membri. Diverse le azioni eseguite dalle forze armate alleate impegnate in questo tipo di missioni: si passa dal rilevamento radar dei velivoli che sorvolano le zone interessate, all’intercetto e l’identificazione di quelli che, non rispondendo alle comunicazioni via radio, possono essere considerati come potenziali minacce.
Ad oggi, sono attive cinque missioni di Air Policing: le più significative sono l’Enhanced e la Baltic Air Policing, due operazioni che hanno visto un progressivo aumento di effettivi a partire dal 2014, anno in cui la Federazione Russa ha unilateralmente annesso la Crimea e, conseguentemente, è iniziata una fase di tensioni tra questa e i Paesi euroatlantici.
Mentre la prima missione ha l’obiettivo di accrescere le capacità aeree di Polonia, Romania e Bulgaria, la seconda ha l’obiettivo di assicurare a Lettonia, Lituania ed Estonia i mezzi ritenuti sufficienti per rispettare gli standard di difesa alleati. Obiettivi altrimenti difficili da raggiungere a fronte delle capacità militari delle tre repubbliche baltiche.
Vi è poi l’Iceland Air Policing, che vede dal 2008 una sostanziosa presenza di mezzi NATO in Islanda, Paese tra i più a Nord dell’Alleanza che necessita della protezione degli altri Stati membri, non avendo una propria areonautica, più precisamente nella base di Keflavik.
Infine, spostandoci più a sud, le altre due missioni di Air Policing sono nel Benelux, dove le forze aeree di Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo sono strettamente coordinate, e nei Balcani occidentali in cui i quattro Paesi NATO dell’area (Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Slovenia) necessitano del supporto dell’Alleanza per garantire la sicurezza del proprio spazio aereo.
L’impegno italiano
L’Italia, con la sua Aeronautica Militare, è tra i Paesi NATO più attivi in questo tipo di missioni, sia storicamente sia nell’ultimo periodo, in cui queste missioni hanno assunto una maggiore importanza: da ormai sette anni consecutivi, infatti, tra le missioni internazionali votate dal Parlamento, è presente la voce “Air Policing”.
Attualmente, velivoli italiani – principalmente Eurofighter Typhoon – sono impegnati a supporto dei tre Paesi Baltici, dell’Islanda, di Albania e Montenegro nei Balcani occidentali e Paesi del fianco Est della NATO, tra questi, per la prima volta nella storia vi è una consistente presenza in Polonia; parliamo dunque di una presenza in quattro missioni su cinque, con la sola eccezione dell’Air Policing nel Benelux, scenario sicuramente meno “caldo” rispetto agli altri sopracitati.
Nel mese di settembre, le sempre maggiori tensioni tra Paesi NATO e Russia hanno portato a un più alto numero di provocazioni da parte delle forze aeree di Mosca, che si sono pericolosamente avvicinate al confine con la Polonia.
A fronteggiare queste azioni dell’Aeronautica militare russa (VVS) sono stati gli uomini della Task Force Air White Eagle, costretti a numerosi interventi, culminati con i cosiddetti Alpha Scramble, ovvero decolli immediati.
La rinnovata importanza dell’Air Policing nello scenario attuale
Le attività della Aeronautica italiana, come rimarcato nelle note stampa dell’Arma Azzurra, vanno contestualizzate considerando la complessità del momento, le difficoltà di operare così vicini al confine e il rischio che qualunque errore possa essere considerato come una provocazione che potrebbe portare a una pericolosa escalation.
Infatti, dall’invasione russa dell’Ucraina, le attività di Air Policing – soprattutto quelle volte a proteggere i cieli del Fianco Est – sono diventate di estrema importanza nello svolgere una funzione di deterrenza nei confronti della Russia, che negli ultimi mesi ha certamente adottato una postura più aggressiva nei confronti dei Paesi del blocco occidentale, fin da subito impegnati nel supportare l’Ucraina. Oltretutto, se come ricorda sempre il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden “verrà difeso ogni centimetro di territorio alleato”, i velivoli impegnati in questo tipo di missioni sono la prima linea di difesa dell’Alleanza Atlantica.
Successivamente alla decisione russa di annettere via referendum le quattro regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia e alle manomissioni dei gasdotti NordStream 1 e 2, il 30 settembre scorso il Segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg è intervenuto davanti alla stampa e, rispondendo a una domanda del giornalista del media tedesco ZDF, ha dichiarato che, per proteggere infrastrutture critiche, si valuterà se inviare nuovi mezzi – navali e aerei – nel Baltico per “mandare un messaggio di deterrenza, collezionare dati e monitorare le infrastrutture”; decisioni che sono state confermate durante l’incontro tra i Ministri della Difesa dei Paesi membri tenutosi a metà ottobre, in cui si è deciso di incrementare le truppe presenti nel fianco Est con 8 battlegroups dal Baltico al Mar Nero e con le high readiness forces.
In un contesto tendenzialmente incerto come la guerra in Ucraina su una cosa possiamo essere certi: viste le sempre maggiori tensioni tra Occidente e Russia, l’importanza di queste missioni di Air Policing non potrà che aumentare.