A un anno e mezzo dalla pubblicazione dell’Interim National Security Strategic Guidance, l’Amministrazione Biden ha rilasciato la National Security Strategy definitiva che descrive la postura di Washington per fronteggiare le sfide prossime e future. Tra alleanze e competitor, Biden non dimentica di guardare agli Stati Uniti.
A un anno e mezzo dalla pubblicazione dell’Interim National Security Strategic Guidance, l’Amministrazione Biden ha rilasciato la National Security Strategy (NSS) definitiva che descrive la postura di Washington per fronteggiare le sfide prossime e future. Entrambi i documenti si aprono naturalmente con un’assunzione di consapevolezza: il mondo è a punto di svolta, anche se i recenti eventi farebbero propendere per un’interpretazione più negativa di “inflection point” in quanto punto di flessione. Il presidente degli Stati Uniti, tuttavia, considera la partita sullo scacchiere internazionale ancora aperta e pertanto vede come fondamentali le reazioni e le scelte intraprese a fronte delle sfide e delle opportunità emergenti. A sottolineare la crucialità del momento che il mondo tutto vive, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan, parlando alla Georgetown University, ha comparato il sistema internazionale odierno all’immediato post-Guerra Fredda quando il presidente Truman pubblicò la strategia che avrebbe portato al tracollo dell’Unione Sovietica.
Le alleanze
La National Security Strategy 2022 illustra come Biden e il suo entourage conquisteranno questa decade decisiva per gli interessi nazionali degli Stati Uniti, per il posizionamento geopolitico della nazione nei confronti dei competitor. A riguardo, per gli Stati Uniti sarà cruciale affrontare le sfide condivise con gli alleati, e porre l’Occidente in una direzione che faccia sperare in un domani più luminoso, migliore. Secondo quanto riportato nel documento, è definitivamente tornato il leitmotiv degli alleati e del valore aggiunto che lo sforzo condiviso porta. Non è un caso che una sezione del documento sia dedicata al mantenimento e al rafforzamento della collaborazione con i Paesi alleati e partner, nel perseguimento di un multilateralismo pregno di interessi nazionali statunitensi al fine di creare un mondo libero, aperto, prospero e sicuro.
Gli Stati Uniti cammineranno di pari passo con gli alleati per non rendere il futuro vulnerabile a coloro che non condividono la stessa visione di mondo. L’Amministrazione democratica sebbene non faccia alcun riferimento al burden-sharing, continua a incoraggiare gli alleati ad assumersi maggiori responsabilità in termini di spese, contribuzioni e capacità tramite non solo la NATO ma anche la difesa europea, definita complementare rispetto all’Alleanza Atlantica.
La visione del mondo occidentale, chiaramente non condivisibile dai concorrenti strategici, è peraltro fortemente basata sull’idea di democrazia liberale. Sebbene lo sviluppo di questa non sia stato lineare o uniforme, è convinzione di Biden che la democrazia sappia correggere limpidamente la propria direzione verso il raggiungimento del progresso e della resilienza. L’autocrazia è debole, non la democrazia.
Insieme a grandi investimenti per le infrastrutture, gli Stati Uniti hanno rafforzato il sistema di alleanze e partnership per rafforzare e mantenere stabili i principi che hanno creato stabilità, crescita e prosperità per 75 anni. Le aree di maggiore interesse rimangono l’Europa e l’Indo-Pacifico. Alleati e partner dell’Indo-Pacifico e in Europa, invece, dovranno rafforzare i legami in materia di tecnologia, commercio e sicurezza con gli Stati Uniti in quanto, in un mondo sempre più interconnesso dove i confini acquisiscono una connotazione che va oltre la loro fisicità, il futuro delle due regioni non può che essere intrecciato. Pertanto, Biden ritiene fondamentale ridefinire nuovi accordi economici nonché nuove regole per garantire prosperità ai lavoratori e alle imprese statunitensi e alleate.
Di fronte all’ingresso di due nuovi Paesi Alleati, Svezia e Finlandia, la NATO è più unita che mai, riunita intorno all’articolo 5. Allo stesso modo, gli Stati Uniti intendono cementare la coesione con Australia e Regno Unito. Altre iniziative vedono gli Stati Uniti alleati in diversi forum con altri Paesi. Tali alleanze amplificano la capacità di Washington di rispondere alle sfide.
Le sfide
Il futuro del nostro mondo, per Biden, ha uno scopo chiaro e porta delle sfide altrettanto lampanti. Le sfide sul piano strategico sono evidentemente due. La prima è la fine dell’era del post-Guerra Fredda. La competizione tra grandi potenze è alle porte, e gli Stati Uniti sono la potenza posizionata al meglio per fronteggiarla. Il principio di autodeterminazione, integrità territoriale, e indipendenza politica devono essere rispettati.
Il documento sposta dunque l’attenzione agli Stati da cui originano alcune delle sfide per Washington. La stabilità e la prosperità mondiale sono minacciate dal revisionismo della politica estera di alcuni Paesi. A tale revisionismo si oppongono anche stati non propriamente democratici, ma vi sono due potenze che non si oppongono, anzi ne sono il motore. In primis, l’attenzione è rivolta alla Cina che intende e nel tempo acquisirà le capacità per dare nuova forma al sistema internazionale. Di fronte a ciò, gli Stati Uniti perseguono il loro proposito di competere responsabilmente con la Cina. La guerra brutale e non provocata della Russia contro l’Ucraina ha infranto la pace europea e provocato instabilità dappertutto. La minaccia dell’uso dell’arma nucleare minaccia il regime di non proliferazione creato progressivamente con la fine della Guerra Fredda. A riguardo, gli Stati Uniti non intendono permettere alla Russia o a nessun’altra potenza di utilizzare armi nucleari per il raggiungimento dei loro obiettivi. Un commento del New York Times sottolinea come la frase rimanga isolata, non essendo corredata da alcuna spiegazione circa cosa significhi “non permettere” o quale sarebbe la condotta della NATO in caso di uso di armi nucleari da parte del Cremlino. Nonostante la Russia sia una minaccia attuale mentre la Cina una minaccia prossima, è quest’ultima a essere menzionata per prima in quanto acquisirà le capacità economiche, diplomatiche, militari e tecnologiche future per riorganizzare il sistema internazionale. E pure, considerando la postura statunitense nei confronti del Grande Orso, si potrebbe vedere la Russia come solo un problema e non una minaccia per gli Stati Uniti, perché i dati non sembrano permettere una comparazione tra Cina e Russia. Tuttavia, in questo contesto, Biden non sottolinea la differenza tra le due nazioni, e questo potrebbe essere un elemento che pesa favorevolmente sulle relazioni transatlantiche, e riafferma l’importanza del tavolo NATO per fronteggiare la Russia di Putin.
La NSS, però, fa menzione anche di altri stati autocratici minori come l’Iran che destabilizza l’area, sviluppa missili e droni tramite proxy e, più significativamente, pianifica di attaccare gli Stati Uniti e sviluppare un programma nucleare che supera le necessità civili. Similmente la Corea del Nord continua a espandere armi nucleari e programmi missilistici illegali.
La seconda sfida globale riguarda le persone. I popoli risentono degli effetti della competizione attraverso la crisi climatica, la scarsità di cibo, il terrorismo e gli effetti dell’inflazione. Anche queste, sottolinea Biden, sono problematiche primarie per la sicurezza nazionale.
Tuttavia, se è abbastanza agevole individuare chi rema contro i valori liberal-democratici, lo stesso non si può dire per altre problematiche che affliggono i popoli. Le questioni transnazionali sono ugualmente rilevanti e pesano ugualmente sulla competizione geopolitica nella Strategia di Biden. Pertanto è necessario cooperare per affrontare tali sfide: la crisi climatica e la pandemia di Covid-19 in primis. Su tali temi, gli Stati Uniti sono aperti a collaborare con Pechino, contrariamente a quanto accade in materia di tecnologia e difesa, i cui interlocutori principali sono l’Europa e l’Indo-Pacifico.
Gli interessi regionali
È obiettivo degli Stati Uniti avanzare pace e sicurezza in ogni regione. Ciò è vero a partire dal Medio Oriente. Infatti, per Washington un’area stabile permetterebbe di ridurre il loro impegno in loco. Ça va sans dire che le risorse statunitensi sono proiettate nella competizione tra grandi potenze. È altresì obiettivo statunitense mantenere un Artico pacifico, stabile, prospero, e cooperativo. La crisi climatica si sta abbattendo sulla regione, mutandone i connotati e minacciando la comunità e gli ecosistemi. E tuttavia la crisi sta anche creando opportunità economiche, accelerando il momento in cui l’Artico si appresta a divenire una nuova area contesa. In senso più generale, è auspicio degli Stati Uniti che la Carta delle Nazioni Unite dovrebbe guidare le relazioni tra gli stati.
Gli interessi domestici
La National Security Strategy non tralascia di affrontare la dimensione domestica. In materia di cooperazione nell’era della competizione gli Stati Uniti intendono contare meno sulla globalizzazione e più sugli investimenti domestici. In tal senso, gli Stati Uniti puntano a rafforzare la resilienza nazionale lavorando su fattori quali le supply chain e il procurement per incrementare la richiesta per soluzioni innovative. D’altronde la leadership tecnologica sembra essere la nuova declinazione del potere nazionale, fondamentale per gli Stati Uniti affermarsi nella competizione con la Cina e stabilire le regole del prossimo scacchiere internazionale. In questo passaggio, per un breve momento, sembra ridursi la distanza da Trump, promotore di uno sviluppo economico più “autarchico”. Ma l’avvicinamento dura solo un momento e termina qui perché i fatti avvenuti il 6 gennaio 2021 rimangono una cicatrice indelebile.
Dunque, Biden continua nel suo tentativo di unificare il Paese dall’interno. La politica estera sarà pertanto una riaffermazione dei valori democratici nazionali, quasi in soluzione di continuità. Perché una potenza che intende avanzare la pace e la prosperità nel mondo non può che basarsi su simili valori. Non può esservi spazio per ripudi dei risultati elettorali, o per mettere in dubbio la legittimità dell’avversario politico.
In chiusura, Biden non ha risparmiato un riferimento all’esercito americano e alle forze di sicurezza che costituiscono la spina dorsale della difesa nazionale. Biden si è assunto nuovamente l’impegno a salvaguardarne e incrementarne il benessere. Solo delle forze di sicurezza forti ed efficaci possono garantire l’avanzata e la salvaguardia degli interessi vitali statunitensi sostenendo la diplomazia, affrontando le aggressioni, aumentando il costo dei conflitti, dando prova di forza e difendendo il popolo americano nonché i suoi interessi economici. Così il presidente degli Stati Uniti ha anche riaffermato il principio portante del controllo civile sul potere militare. In particolare, in un mondo sempre più competitivo, il ruolo della forza militare è mantenere e acquisire vantaggi nel combattimento mentre si riducono quelli degli avversari. Il Ministero della Difesa perseguirà dunque la deterrenza mentre difende la madre patria e protegge gli alleati. Il lascito di Biden per le prossime Amministrazioni sarà la creazione di una forza militare resiliente nelle decadi future.
La guerra in Afghanistan è terminata, e la fine della guerra più lunga ha portato con sé la fine della volontà di plasmare società altre, differenti per storia e obiettivi. Tale cambio di strategia non intaccherà la capacità statunitense di affrontare le minacce terroristiche emergenti. Sembrerebbe dunque chiudersi quel cerchio, inaugurato dall’Amministrazione Clinton e proseguito negli anni, che metteva al centro il tema della promozione della democrazia. Gli Stati Uniti vogliono ancora plasmare il mondo, ma per farlo dovranno preservare sé stessi.