Intervistato da Condoleezza Rice, già Segretario di Stato durante il secondo mandato Bush, all’Hoover Institution lo scorso 17 ottobre, Antony Blinken ha affermato esplicitamente che «l’era del post-Guerra Fredda è finita ed è ora in corso una intensa competizione per determinare ciò che segue». Questa fase è caratterizzata dal ritorno della competizione tra grandi potenze e l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di «fermare la Russia» e «vincere la competizione con la Cina».
La Russia di Putin
Con riguardo alla Russia, Blinken ha evidenziato che, seppure sia probabilmente corretto considerarla «una potenza in declino», tuttavia, questa mantiene ancora enormi capacità ed è la principale forza disgregatrice dell’ordine internazionale emerso dopo le due guerre mondiali e la fine della Guerra Fredda. Non solo, secondo Blinken le azioni intraprese da Putin nell’ultimo decennio manifestano la sua intenzione di ricostruire l’Impero Russo o Sovietico.
Con riferimento al conflitto in Ucraina, il Segretario di Stato ha affermato che sostenere l’Ucraina significa opporsi alla violazione dei principi e delle regole dell’ordine internazionale e respingere la logica della legge del più forte.
Blinken ha ammonito che cedere alla Russia significherebbe «aprire un vaso di Pandora». Tollerare azioni del genere aumenterebbe il rischio di conflitti nel mondo. Gli Stati Uniti, pertanto, faranno il possibile per prevenire questo risultato.
La Cina di Xi
Parlando di Cina, Blinken ha ricordato che sotto Xi Jinping la Repubblica Popolare Cinese è divenuta più repressiva all’interno e più aggressiva all’esterno. Questo nuovo corso rappresenta una sfida agli interessi e ai valori americani.
Negli ultimi anni, ha proseguito, nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina sono emersi aspetti di contrapposizione e di competizione, pur rimanendo delle aree di cooperazione, come il cambiamento climatico e la sicurezza sanitaria. L’aspetto della competizione è, però, quello centrale e si tratta di una competizione che riguarda la definizione del nuovo ordine mondiale
Sia Stati Uniti che Cina, afferma Blinken, vogliono un ordine mondiale, costituito da regole, principi ed istituzioni, ma l’ordine che la Cina vuole è «profondamente illiberale», mentre quello che gli Stati Uniti perseguono è «più liberale».
Blinken ha evidenziato che anche «la tecnologia, l’innovazione e la capacità imprenditoriale sono al centro di questo momento di intensa competizione» e la strategia americana è quella di aiutare il settore privato catalizzando e facilitando gli investimenti, senza interferire nel mercato e nella concorrenza, come testimoniato dalle recenti iniziative legislative del CHIPS and Science Act e dell’Inflation Reduction Act.
La questione di Taiwan
Con riguardo a Taiwan, Blinken ha affermato che Pechino ha recentemente cambiato il proprio approccio, rifiutando lo status quo e perseguendo una riunificazione più celere utilizzando mezzi di coercizione e minacciando l’uso della forza.
Gli Stati Uniti sono determinati a mantenere sia i loro impegni con Taiwan, supportando la sua capacità di difendersi, sia a rispettare la politica dell’Unica Cina («One China Policy»).
Blinken ha, tuttavia, avvertito che al cuore della One China Policy c’era l’impegno a risolvere le differenze pacificamente e se ciò sta cambiando, allora questo «purtroppo offre prospettive di situazioni molto difficili in futuro».
La minaccia nordcoreana
Per quanto riguarda la Nord Corea, Blinken ha affermato che i recenti avvenimenti (i test missilistici, ndr) hanno due chiavi di lettura.
Da una parte, si tratta di un modo con cui il regime nordcoreano richiama la propria attenzione. Dall’altra, è la risposta di Kim Jong-un all’intensificazione della cooperazione degli Stati Uniti con i suoi alleati e partners nella regione.
Blinken ha annunciato che gli Stati Uniti affronteranno la minaccia nordcoreana adottando diverse iniziative, sia presso le Nazioni Unite, sia incrementando le misure di difesa e deterrenza.
Le rivolte in Iran
Il Segretario di Stato ha dichiarato che le proteste in Iran sono spontanee e non orchestrate dagli Stati Uniti o altro attore estero. I leader iraniani, quindi, sbagliano nel puntare il dito contro paesi stranieri e non comprendono il loro stesso popolo, ignorando la grande rabbia e frustrazione presente nella società iraniana e le istanze di cambiamento.
Gli Stati Uniti intendono dimostrare la loro solidarietà ai manifestanti «sia in modo pratico che retorico», con l’adozione di sanzioni mirate a coloro che stanno reprimendo le proteste, coma la polizia morale, evitando di ostacolare loro capacità comunicare sia tra loro che con il mondo esterno.
Analisi
Con riferimento alla questione ucraina, le parole di Blinken evidenziano che la posta in gioco è molto più alta di quanto possa sembrare: in “gioco” non c’è soltanto l’Ucraina ma la definizione del nuovo ordine mondiale. E questo complica il processo di pace: concessioni territoriali alla Russia non sembrerebbero essere un’opzione per Washington.
Un qualsiasi negoziato di pace, pertanto, dovrebbe muoversi nel quadro delle esistenti regole e principi internazionali. Questo non dovrebbe escludere, però, nuovi e trasparenti referendum nelle regioni contese (come contemplato nel “piano Musk”).
Blinken non ha affrontato la questione della NATO e del suo allargamento, che invece, a detta di Mosca, è stato un fattore che ha contribuito all’escalation della crisi in Ucraina. Il Segretario di Stato ha solo commentato che «è notevole la misura in cui Putin ha accelerato praticamente tutto ciò che vuole prevenire».
Per quanto riguarda la Cina, Blinken ha ripetuto la contrapposizione tra ordine liberale, quello americano, e illiberale, quello cinese, senza però meglio precisare le caratteristiche dell’ordine illiberale.
È plausibile che l’ordine cinese ponga meno o nessuna enfasi sulla promozione della democrazia e dei diritti umani, e favorisca l’esportazione del modello di crescita e sicurezza cinese.
Sul tema della ricerca tecnologica e l’innovazione, Blinken ha confermato l’importanza strategica della produzione di semiconduttori, che va, almeno in parte, “riportata a casa”. Il Segretario di Stato ha, infatti, evidenziato il rischio per l’economia globale nel caso di una crisi nello Stretto di Taiwan e conseguente interruzione della produzione taiwanese.
Con rispetto all’Iran, il sostegno degli Stati Uniti alle proteste resta limitato ad alcune sanzioni. Come ha commentato la Rice nell’intervista, questa linea è comunque più attiva rispetto a quella dell’amministrazione Bush rispetto alle proteste del 2011-2012.
Per quanto riguarda la Corea del Nord, la politica americana non sembra destinata a subire significativi cambiamenti nel breve periodo, sebbene c’è il rischio possa innescarsi la spirale di escalation tipica del dilemma della sicurezza.