27 settembre 2020. Riprende dopo 26 anni il conflitto tra Armenia e Azerbaigian per il Nagorno Karabakh. Il territorio, internazionalmente riconosciuto come parte dell’Azerbaigian viene dal 1994 controllato de facto da un governo armeno separatista, che vi ha stabilito una repubblica autoproclamata. La repubblica del Nagorno Karabakh [dal 2017 è stata ribattezzata Repubblica dell’Artsakh] non è riconosciuta da alcuno Stato ma sostenuta militarmente e politicamente dall’Armenia. Accanto al Nagorno Karabakh, vero e proprio, vi sono altri sette distretti appartenenti all’Azerbaigian che vennero occupati nel 1992-1994 e che sono rimasti – per oltre un quarto di secolo – sotto controllo armeno.
Per gli approfondimenti sulle cause e gli sviluppi della guerra vi rimandiamo ai precedenti articoli di Geopolitica.info. In un’esclusiva per il nostro Centro Studi, intervistiamo i due ambasciatori di Azerbaigian e Armenia e presso la Repubblica Italiana.
L’azerbaigiano Mammad Ahmadzada (44) e l’armena Tsovinar Hambardzumyan (49) – che ringraziamo di cuore per la disponibilità e la cortesia mostrateci – rappresentano il volto nuovo della diplomazia dei loro Paesi. Entrambi hanno intrapreso la loro carriera internazionale nell’era post-sovietica, studiato all’estero divenendo fluenti in numerose lingue occidentali, incluso l’italiano che utilizzano con sicurezza. Ma le similitudini finiscono qui, perché su questo conflitto, come vedremo, hanno idee radicalmente differenti.
Abbiamo posto ai due Ambasciatori le stesse domande. Abbiamo diviso, per questioni di leggibilità, l’intervista doppia in due articoli distinti al cui interno potete trovare il link all’intervista “gemella”.
Le domande poste ai due diplomatici sono precedenti, di poche ore, la notizia dell’accordo definitivo per il cessato il fuoco siglato da Armenia, Azerbaigian e Russia tra il 9 e il 10 novembre, su cui torneremo con analisi e approfondimenti.
1) S.E. Ambasciatore, il conflitto tra Armenia e Azerbaigian è ripreso da oltre un mese. Se ne parla molto sui media internazionali ma si fatica a farsi un’idea chiara di quanto sta avvenendo. Dal suo punto di vista e secondo le informazioni che possiede: quale è la situazione militare sul campo al momento in cui risponde a questa domanda?
T.H.: Si è creata una situazione molto drammatica per la popolazione di Artsakh (Nagorno Karabakh) che viene bombardata senza distinzione, anche con bombe a grappolo e con bombe a fosforo bianco. Sono stati presi di mira edifici residenziali, scuole e asili, la Cattedrale di Shushi, infrastrutture vitali come quelle della fornitura di luce e di gas, ospedali, tra cui gli ospedali di maternità e di pediatria. Sono sotto fuoco gli abitanti civili, che in parte sono scappati in Armenia, in parte sono nascosti negli scantinati, nei rifugi, anche nei boschi dell’area. Per questo motivo gli azeri hanno incendiato i boschi bombardandoli con munizioni al fosforo bianco. Sin dall’inizio dell’aggressione gli Stati Uniti, la Francia, la Russia, l’Iran – come anche le principali testate internazionali – avevano denunciato l’invio, da parte della Turchia, di migliaia di mercenari jihadisti in Azerbaijan per combattere contro il popolo dell’Artsakh. Adesso, anche i mercenari catturati da parte dei volontari dell’Esercito della Difesa di Artsakh confermano di essere reclutati dalla Turchia per uccidere gli armeni “infedeli”, e hanno ricevuto la promessa di un premio di 100 dollari per ogni armeno decapitato.
2) Quali sono le reali prospettive di una soluzione diplomatica? Sappiamo che nel conflitto del Nagorno Karabakh si scontrano due posizioni apparentemente inconciliabili: il diritto all’autodeterminazione e quello all’integrità territoriale. Esiste una formula che sintetizzi queste due esigenze? In ogni compromesso vi è sempre qualcosa a cui si rinuncia. Quale è il massimo di rinuncia possibile che la sua parte è disposta ad accettare?
T.H.: Questo conflitto non ha una soluzione militare, sono in corso i negoziati condotti dai Co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, unico formato negoziale per la soluzione pacifica del conflitto. Nel corso degli anni tra tutte le parti del conflitto sono stati concordati i compromessi, poi formalizzati nel documento di Kazan del 2011, che concilia i principi che Lei ha appena accennato, insieme al terzo principio alla base dei negoziati: quello del non ricorso alla minaccia o all’uso della forza. Secondo il documento di Kazan lo status dell’Artsakh doveva essere determinato attraverso un referendum giuridicamente vincolante. L’Armenia non avanza nessuna rivendicazione territoriale nei confronti dei territori degli altri Paesi, e non lo fa neanche nei confronti dell’Azerbaijan. L’obiettivo dell’Armenia è il riconoscimento dello status dell’Artsakh e la sicurezza del suo popolo che ora è sotto la minaccia esistenziale come vedete adesso. Quindi la questione dello status della Repubblica di Artsakh non ha niente a che fare con l’integrità territoriale dell’Azerbaijan. L’Artsakh non ha mai fatto parte dell’Azerbaijan indipendente: dopo la caduta dell’URSS al posto dell’Azerbaijan sovietico si sono formate due entità: la Repubblica dell’Azerbaigian e la Repubblica dell’Artsakh.
3) E’ un conflitto locale, regionale, ma anche profondamente continentale e globale. Sia per la strategicità dell’area, che per la sua collocazione geografica e per la dimensione etnica e culturale. Quale è il ruolo degli attori internazionali a partire da Russia e Turchia che sono più vicine, per varie ragioni, ad Armenia e Azerbaigian? E quale il ruolo delle potenze globali vecchie e nuove come Stati Uniti, Unione Europea e Cina?
T.H.: Con l’attivo e incondizionato sostegno dell’Azerbaijan da parte della Turchia e con i mercenari jihadisti, il conflitto rischia seriamente di trasformarsi in un conflitto molto più ampio. La Turchia è il principale fattore scatenante di questa sanguinosa guerra e continua ad alimentarla. L’Azerbaijan non ha più il controllo della situazione, tutto il comando delle forze armate dell’Azerbaijan è nelle mani della Turchia. I tre co-presidenti del Gruppo di Minsk – Russia, Francia, Stati Uniti – hanno fatto molti sforzi per fermare la guerra, però la Turchia non ha dato consenso all’Azerbaijan per fermare l’aggressione. L’Unione Europea e tutte le potenze mondiali interessate nella stabilità e nella sicurezza globale dovrebbero fare forti pressioni sulla Turchia per farla ritirare i propri terroristi dall’Azerbaijan e per far cessare le operazioni militari.
4) È un conflitto di natura religiosa come sostengono alcuni?
T.H.: Come ho già detto poc’anzi, questo conflitto riguarda il diritto del popolo di Artsakh di vivere in pace e in sicurezza nella propria terra storica. L’Azerbaijan e la Turchia fanno di tutto per dare a questo conflitto un carattere religioso. Lo confermano sia il bombardamento della Cattedrale di Shushi sia il fatto che abbiano introdotto nella nostra regione jihadisti islamisti per combattere contro gli armeni, oppure, usando il loro linguaggio, contro gli armeni “infedeli”. Ma questo tentativo non avrà successo. L’Armenia, come un paese di antica civiltà e come primo paese Cristiano al mondo ha un atteggiamento di grande rispetto per tutte le religioni del mondo e ha rapporti molto buoni con tanti Paesi musulmani, di gran lunga migliori dei rapporti trattenuti dall’Azerbaijan e dalla Turchia.
5) Lei rappresenta il suo Paese in Italia. Quale è stata la reazione della società e delle istituzioni italiane di fronte al ri-esplodere del conflitto? Che ruolo vede in futuro per l’Italia?
T.H.: L’Italia fin dall’inizio ha dimostrato un atteggiamento equilibrato, e spero che l’Italia, come membro del gruppo di Minsk, continui a mantenere questa posizione, ma anche come membro della NATO faccia pressione sulla Turchia affinché smetta di alimentare la guerra sostenendo militarmente Azerbaijan e ritiri i terroristi mercenari. Comprendiamo gli interessi dell’Italia nelle relazioni con Turchia e Azerbaijan, ma se questi non rinunciano alla politica espansionista e terrorista saranno danneggiati gli interessi di tutti i paesi, compresa l’Italia. Con l’occasione vorrei ringraziare al popolo italiano – così tanto sensibile per tutto ciò che riguarda la verità e la giustizia – che sta dimostrando un’immensa solidarietà con il popolo dell’Artsakh che vive da più di un mese sotto le bombe. Chiediamo all’Italia e a tutti gli altri Paesi di riconoscere l’indipendenza dell’Artsakh come unico modo per salvare il suo popolo dall’annientamento.
Lorenzo Zacchi,
Geopolitica.info