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TematicheMedio Oriente e Nord AfricaLa multidimensionalità e la fluidità degli attori non statali...

La multidimensionalità e la fluidità degli attori non statali nell’area MENA: aspetti securitari e di governance

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I gruppi armati non statali (NSAGs) svolgono un ruolo chiave nella definizione del contesto di sicurezza e governance dell’area MENA. Agiscono su più dimensioni, sfuggono alle categorizzazioni post-westfaliane e si evolvono rapidamente, sfruttando il contesto per espandersi: stati deboli, incapaci di garantire il monopolio della forza ed i servizi minimi alla popolazione, il marcato carattere tribale e/o settario delle società, e le spinte di patronage esterne. 

 Aspetti securitari

L’attività più evidente ed il punto di partenza dei NSAGs è la sfera della lotta armata e della sicurezza. Essi superano le classiche milizie tribali o coup-proofing, spesso nascono da un processo dal basso ed arrivano ad interagire con gli eserciti nazionali, non solo come antagonisti ma come unità complementari, creando un vero a proprio dualismo o oligopolio in tema di sicurezza. Due esempi in merito sono il caso del Libano e dell’Iraq. In Libano Hezbollah, forte del controllo di intere aree (Valle della Beeka, sud di Beirut) dove lo stato libanese è assente, di una statura militare consolidata nella guerra contro Israele e nella partecipazione al conflitto siriano ed al rifornito arsenale, si è garantito un posto stabile nella sfera militare a fianco dell’esercito libanese (LAF). Si è consolidato un dualismo, favorito dal sistema confessionale e dal settarismo, che mina il monopolio della forza, impedendo allo stato di affermarsi come unico attore legittimo. In Iraq, dopo lo sbando dell’esercito regolare contro l’ISIS, dovuto anche al diffuso fenomeno dei ghost soldiers ed alla corruzione, il PMF (Forze di mobilitazione popolare – Popular Mobilization Forces) ed altre milizie sciite hanno guidato la cacciata dell’ISIS, acquistando un forte status. Nonostante tentativi di istituzionalizzare ed integrare queste milizie, legalizzate nel 2016, nelle ISF (Iraqi Security Forces), queste mantengono una forte autonomia ed una doppia lealtà: sfruttano dall’interno lo stato e portano avanti agende di diversi patron quali l’Iran, Hezbollah o interessi settari. Più complessa è la situazione in Yemen, dove si delinea un oligopolio della violenza, sancito dai “regni delle milizie”. Alcune milizie sono state integrate nelle forze regolari come accaduto a Hadhrami Elite Forces, in altri casi membri dell’esercito regolare si sono uniti alle milizie come i lealisti di Saleh della Saleh’s Republican Guard con Ansar Allah. Altro caso in cui ex soldati sono confluiti in un NSAG è l’ISIS: ex ufficiali e militari baathisti si sono uniti al gruppo portando expertise di guerra convenzionale, impiegate durante la conquista territoriale dell’Iraq, oltre alle tipiche tattiche della guerriglia.

Gli approcci di SSR e DDR scontano un focus eccessivo sul capacity building e non garantiscono un successo duraturo. Politicizzazione, settarismo, mancanza di una guida politica forte, corruzione imperante, ghost soldiers ed influenze esterne impediscono la creazione di eserciti nazionali e governi che sappiano tenere il monopolio della forza, come nel caso dell’esercito iracheno contro l’ISIS, quello afghano contro i Talebani e lo smembramento dell’esercito in diverse milizie in Yemen. Questo nuovo contesto ibrido e fluido, dove le cosiddette re-generated armies e i NSAGs sono al tempo stesso agenti di protezione e di coercizione, eserciti regolari e milizie, rende impossibile ricomporre il monopolio della forza.

Aspetti di governance

Lo status raggiunto in campo militare rappresenta il punto di partenza per aumentare il potere a 360°: i NSAGs diventano attori politici, agiscono su diverse dimensioni di governance e si assicurano il supporto di parte della popolazione locale. Esempio storico è quello di Hezbollah, che oltre alla al-Moqawama (resistenza armata), si pone come provider di servizi alla popolazione o ai suoi militanti quali servizi sanitari, scolastici, di ricostruzione (Jihad al Bina), di sostegno alle famiglie dei militanti morti (al-Shaid). Ha inoltre partecipato alle elezioni politiche, entrando nel parlamento e divenendo un vero e proprio Stato nello Stato che supera il concetto classico di rebel governance. In Iraq il PMF è diventato una forza politica: Fatah (Victory) Alliance ha infatti vinto 48 seggi parlamentari nel 2018. Kata’ib Hezbollah agisce nella sfera sociale, dell’istruzione e della politica con organizzazioni quali Al-Zainabiyat Foundation, Al-Nukhbah o Markaz Al-Hadaf, del welfare e dell’economia (servizi di terra del Baghdad International Airport).  Gli Houthi in Yemen affiancano alla lotta armata un’ala politica, come dimostra la partecipazione alla conferenza NDC e la capacità di inserirsi nel governo e nell’apparato di intelligence, creando un governo ombra. Inoltre, offrono servizi alla popolazione nei territori occupati sul modello di Hezbollah, creando spazi multi-governati. I Talebani, da gruppo insurrezionale terroristico, hanno capitalizzato la conquista territoriale, dimostrazione dell’incapacità di controllo del governo, e gli attentati terroristici durante i colloqui di Doha dove l’ala diplomatica è stata riconosciuta attore negoziale, sviluppando la rebel diplomacy

A livello locale, l’infiltrazione nelle diverse istituzioni e la creazione dei governi ombra ha garantito un potere di fatto e la gestione della giustizia, efficace nella risoluzione delle dispute e spietata ma rapida e meno corrotta di quella governativa, una pragmatic legitimacy. Dopo la riconquista di Kabul dovranno affrontare diversi temi di governance: la crisi economica e la penuria di risorse, il mancato controllo del territorio vista la presenza di ISIS-K e NRF, la difficile ricerca di riconoscimento internazionale ed il tema dell’accountability. Se infatti la governance è un aspetto di successo per questi gruppi, può trasformarsi in un rischio, se mal gestita. L’ISIS, nel momento di massima espansione territoriale ha sviluppato un proto-stato in Siria, Iraq e Libia con istituzioni ufficiali, sistema giudiziario con corti locali, gestione delle infrastrutture e dell’estrazione delle risorse, ministeri e media.  Con la perdita del territorio, della gestione della sicurezza e degli introiti economici, si ha avuta però un’implosione dell’ISIS che lo ha riportato ad una forma di gruppo insurrezionale terroristico, basato su affiliazioni ideologiche slegate da progetti territoriali. L’ISIS pur se scomparso a livello di stato ha dimostrato la resilienza tipica dei NSAGs, data proprio dalla loro continua evoluzione che li rende mutevoli e difficilmente eliminabili. 

I NSAGs sono quindi attori multidimensionali e adattivi, che agiscono su più livelli nella sfera securitaria e di governance, intrattenendo rapporti talvolta di opposizione talvolta di coesistenza e/o di compenetrazione con le autorità statali e locali. Questo polimorfismo impone di superare la rigida dicotomia di attori statali vs non statali, esercito regolare vs milizie per comprendere le dinamiche attuali e future dell’area MENA.

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