Dopo giorni di intenso dibattito interno, Vladimir Putin ha infine deciso di riconoscere l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, firmando nello stesso momento un accordo di cooperazione tra la Federazione Russa e le due nuove entità non riconosciute dalla comunità internazionale. La decisione è stata resa nota attraverso un lungo intervento televisivo in diretta nazionale, durante il quale il leader russo ha ripercorso la storia del rapporto tra la Russia e l’Ucraina, le responsabilità dell’esperienza sovietica nella crisi attuale e le difficoltà nei rapporti bilaterali nel periodo post bipolare e successivo alla Rivoluzione di Euromaidan del 2014. Il riconoscimento russo delle regioni separatiste ucraine mette quindi una pietra tombale sul processo negoziale di Minsk, che tra tante difficoltà proseguiva dal 2015, aprendo nuovi scenari di una crisi il cui esito non può che essere incerto.
Vi proponiamo di seguito alcuni elementi di rilievo dal discorso di Vladimir Putin, sottolineando come questo non rappresenti né tutto né in parte la linea editoriale e le posizioni del Centro Studi.
Il discorso di Vladimir Putin ha preso il via ricordando le origini storiche dell’Ucraina attuale, risalenti non solo alla Rus’ di Kiev e all’Impero russo, ma anche e soprattutto alla prima esperienza sovietica quando, sulle ceneri dello zarismo, presero forma le Repubbliche che diedero poi vita all’URSS. Nel ricostruire l’esperienza dei primi anni Venti, il leader russo ha quindi affermato come nel processo di costruzione della Repubblica ucraina Lenin abbia favorito i nazionalisti locali, promuovendo l’autodeterminazione di tutti i popoli appartenenti all’ex impero e riconoscendo l’Ucraina come Repubblica autonoma all’interno dell’URSS. In questo contesto, la popolazione russa, soprattutto nelle regioni del Donbass, sarebbe stata quindi oggetto di discriminazioni per effetto della politica delle nazionalità adottata da Lenin che avrebbe favorito il nazionalismo locale al fine di consolidare la presa del potere da parte dei Bolscevichi.
Proseguendo, il Presidente russo ha quindi sottolineato come l’Ucraina sia stata un prodotto del processo di disfacimento dell’impero russo e della “cessione” da parte della Russia dei propri territori occidentali, volendo sottolineare come lo stato ucraino non sia altro che un tassello della più ampia esperienza storica della Russia. Riprendendo quest’ultimo elemento, il leader russo ha quindi affermato come l’Ucraina non sia mai stata uno stato indipendente prima del collasso dell’Unione Sovietica, rimarcando quindi i legami con Mosca e la “discendenza” storica dalla Russia.
Il leader russo ha quindi proseguito sottolineando come l’Ucraina e la Russia rappresentino un unicum storico, politico e culturale. Vladimir Putin ha infatti affermato come l’Ucraina non rappresenti solo uno stato vicino, ma una parte integrante della storia, dalla cultura e della comunità spirituale russa, sottolineando le comuni radici storico-culturali. A fronte però della vicinanza tra i due Stati, ha proseguito il leader del Cremlino, Kiev avrebbe intrapreso, nel periodo post-bipolare, un cammino opposto rispetto a quello russo, adottando una politica estera ostile alla Russia e modelli politici ed economici avversi non solo a Mosca ma anche allo stesso popolo ucraino. Tali scelte, sostanziatesi secondo il Cremlino con un avvicinamento agli Stati Uniti, avrebbero portato al disfacimento nel sostrato industriale ucraino, ad un indebolimento dell’economia, ad una struttura di potere oligarchica e ad una diffusa corruzione che avrebbe esposto il paese alle influenze straniere.
Passando quindi ai fattori che hanno portato alla crisi odierna, Vladimir Putin ha sottolineato come la Dichiarazione di Bucarest del 2008, attraverso la quale la NATO riconosceva la futura membership atlantica di Ucraina e Georgia senza però definire iniziative concrete in tal senso, abbia rappresentato uno snodo cruciale nelle relazioni tra Kiev e Mosca, nonché tra la Russia e la NATO. In particolare, secondo il leader del Cremlino, l’approvazione del documento sarebbe stata il frutto di una chiara politica antirussa adottata dagli Stati Uniti, che vorrebbero disporre di basi avanzate in prossimità del territorio russo al fine di colpire, anche con mezzi convenzionali e non strategici, istallazioni missilistiche russe, alterando così la parità strategica. Il presidente russo ha quindi proseguito affermando come l’eventuale ingresso dell’Ucraina nella NATO rappresenti una minaccia alla sicurezza nazionale russa e che il governo di Kiev, affermatosi dopo un golpe sostenuto dall’Occidente (così è infatti considerata la Rivoluzione di Euromaidan del 2014 da Mosca), altro non è che un fantoccio degli Stati Uniti.
Toccando quindi il nodo cruciale della situazione nel Donbass, Vladimir Putin ha quindi accusato l’Ucraina di non aver mai perseguito attivamente l’applicazione degli Accordi di Minsk del 2015, puntando invece alla riconquista manu militari delle autoproclamate Repubbliche Popolari. Di conseguenza, sostenendo il rischio di un vero e proprio genocidio ai danni della popolazione russa e russofona del Donbass e sottolineando come non vi siano i presupposti per una soluzione diplomatica della crisi, Vladimir Putin ha annunciato il riconoscimento ufficiale delle due autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, procedendo, pochi minuti dopo, alla firma di un trattato di amicizia e cooperazione con le due entità.
Secondo le ultime notizie, reparti russi sarebbero già entrati nel Donbass al fine di garantire la stabilità della due repubbliche separatiste, la cui indipendenza non è stata riconosciuta da alcun attore della comunità internazionale, intervenendo come forza di interposizione tra le milizie locali e l’esercito regolare ucraino.
Attualmente non è possibile fornire dettagli sulla situazione sul campo, seguiranno ulteriori aggiornamenti nelle prossime ore.