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Geoeconomia ed InnovazioneStati e mercati ancora a braccetto: appunti di politica...

Stati e mercati ancora a braccetto: appunti di politica economica internazionale per mitigare il disordine geo-economico globale

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Il commercio internazionale sta attraversando un periodo di grande paralisi: la forte ripresa economica, causata da un’impennata della domanda come rimbalzo post-COVID, non riesce ad essere supportata dalle Global Value Chains (GVCs) né in termini di approvvigionamento materiali né nella rete logistica. L’asimmetria della distribuzione delle dosi di vaccino e le forti pressioni geopolitiche negli hub strategici del pianeta sono due fattori che hanno fortemente influenzato l’indebolimento delle GVCs. La regolamentazione dei mercati e più stringenti norme che governino l’economia mondiale sono prerogative imprescindibili per un futuro sostenibile e più equo; esse sono tuttavia attuabili solo in contesti multilaterali e con policy altamente efficaci.

Uno sguardo sul mondo

La produzione industriale è in forte crisi. I più grandi player manifatturieri internazionali stanno sperimentando gravi lacune nell’approvvigionamento materiali e sono costretti a rivedere al ribasso le loro prospettive di crescita post-COVID nonostante i mercati siano in grande spolvero e la domanda aggregata stia registrando numeri importanti che confermano una ripresa sostenuta dopo lunghi mesi di stagnazione.

Proprio nel momento di maggiore necessità (ossia quando diventa fondamentale il rafforzamento della struttura commerciale internazionale), le GVCs si dimostrano deboli, inaffidabili e incapaci di garantire una ripresa produttiva che possa sostenere la domanda globale.

Le grandi incertezze sui mercati primari, l’incremento dei costi di trasporto dovuti ad una logistica sempre più facile, nonché le diverse velocità che caratterizzano il percorso graduale di uscita dalle situazioni pandemiche tra i vari stati, non permettono che il commercio internazionale segua un flusso sicuro e ininterrotto lungo le supply chains che attraversano i continenti.

Interventismo cinese 

Le mosse politiche di alcuni stati (Cina su tutti) hanno storpiato le reali potenzialità delle GVCs reindirizzando l’attenzione geopolitica su temi scottanti di natura economica.

Pechino prosegue la sua missione di realizzazione della Grand Strategy che non può prescindere da una continua e sostanziosa crescita economica – non più in termini assoluti, ma anzi con grande attenzione alla relatività dei numeri. 

Le azioni speculative del governo cinese sui mercati primari delle risorse naturali (e materie prime in generale) hanno alterato fortemente i prezzi ai quali queste commodities vengono negoziate.

Inoltre, essendo la Cina il primo paese al mondo per creazione di valore aggiunto su componentistica elettronica e semiconduttori, Pechino non ha tardato nell’accentrare il più possibile le sorti di questi mercati anche contando sui rapporti privilegiati che gode con i suoi fornitori primari (principalmente i paesi del sud-est asiatico).

Il grande connubio tra Pechino e imprese cinesi multinazionali ha garantito a queste ultime grande solidità e protezione nel framework del commercio estero (attuazione di un ambizioso piano di ingenti sussidi e aiuti). Il potere contrattuale di questi attori nei confronti del bacino di imprese occidentali assetate di componentistica è cresciuto a dismisura e rappresenta oggi la più chiara dimostrazione di dipendenza economica nei confronti del Drago.

La Cina dunque sfrutta la sua grande posizione strategica nel complesso meccanismo di pesi e contrappesi del commercio internazionale: non solo sembra che abbia in mano le chiavi dei flussi commerciali, ma apre i rubinetti a proprio uso e consumo con azioni speculative aggiustando prezzi e quantità delle materie prime (molto spesso strategiche) operando sui mercati primari. 

Ne soffre sicuramente l’economia reale che non è più foraggiata da GVCs virtuose e a flusso continuo.

La Cina non è il solo paese che implementa politiche di questo genere; tuttavia, l’agenda Xi Jinping è fortemente orientata sulla centralità che il commercio internazionale riveste nelle ambizioni geopolitiche di Pechino. Le politiche commerciali e la potenza economica del paese foraggiano la continua crescita ed influenza che la Cina esercita sui mercati esteri e le conseguenze che ne derivano.  

Lezioni di politica economica internazionale

Come Susan Strange ci insegna, stati e mercati non possono mai essere considerati attori separati che operano in arene altrettanto separate. Esiste un forte legame tra settore pubblico e privato, tra economia e politica, tra negoziazioni imprenditoriali e policy pubbliche, tra politiche commerciali e performance economiche. 

La diplomazia odierna nelle relazioni internazionali non può prescindere dal bilanciamento del potere; quest’ultimo (sempre più nella sua concezione soft) è nelle mani di diversi attori pubblici e privati che molto spesso negoziano le policy più vantaggiose per creare dei vantaggi di potere nei confronti di altri attori a loro antagonisti o in cerca di legittimazione ed egemonia. 

La politica economica internazionale ci insegna proprio questo: la necessità di non perdere mai il forte intreccio tra fattori economici e fattori politici

I soli modelli economici non riuscirebbero a spiegare il motivo dietro il quale imprese manifatturiere virtuose e con forte richiesta dei loro prodotti sul mercato si ritrovano ad implementare scelte dolorose come la cassa integrazione per i dipendenti causa mancanza materiali. Quegli stessi modelli non riuscirebbero a captare il concetto di “potere” fortemente radicato negli attori politici che implementano strategie che influenzano l’andamento economico.

D’altro canto, la sola politica non riuscirebbe a cogliere il concetto di potere economico e di come questo possa influenzare in maniera determinante le policy istituzionali degli attori politici (che non sono mai slegati dal mondo che li circonda per ovvie ragioni elettorali).

Come si mitiga l’incertezza?

Il mondo post-COVID continua ad andare a due velocità: i paesi ricchi hanno goduto di dosi vaccinali sufficienti a coprire un’estesa fascia della popolazione, mentre la maggioranza dei paesi al mondo non raggiunge percentuali di vaccinazioni sufficienti a considerare la nazione “al riparo” da pesanti nuove ondate di pandemia e nuovi lockdown generali. La mancanza di capillarità distributiva vaccinale (tema politico) rende questi paesi estremamente vulnerabili al COVID e conseguentemente indebolisce il loro ruolo nelle GVCs (tema economico). Ingenti risorse economiche, delle poche disponibili, devono continuare ad essere indirizzate verso l’emergenza sanitaria (tema politico), mentre i centri produttivi chiudono per troppi casi di malattia (tema economico). 

I colli di bottiglia che si creano date le condizioni soprariportate rallentano e minacciano il normale flusso distributivo. 

Per dare un’idea dell’impatto di questo fenomeno, è sufficiente pensare a quanto i paesi emergenti siano strategici e fondamentali nell’approvvigionamento e lavorazioni primarie di commodities, semiconduttori e componenti elettronici. 

Spiccate incertezze negli approvvigionamenti creano dunque altrettante incertezze nei mercati di sbocco dei prodotti finiti. Gli utilizzatori finali, perdendo fiducia nella rete distributiva, potrebbero tendere a modificare le loro abitudini di consumo e risparmio – creando a loro volta storpiature sui mercati che accrescerebbero ulteriormente instabilità e incertezza (anche e soprattutto politica, non solo economica).

Le bolle speculative non possono durare per sempre. Sicuramente la pandemia ha offerto la possibilità di reinventare il commercio internazionale mettendo in luce l’insostenibilità di certi ritmi e pressioni. Rivedere le proprie abitudini di consumo e pensare ad un reshoring delle catene del valore sono sicuramente tra i temi che devono spiccare nelle agende dei summit internazionali imminenti. L’impasse generale nei mercati internazionali deve creare momentum per adottare decisioni coraggiose e inclusive. All’interno dei contesti multilaterali in cui player eterogenei possono esprimere le proprie idee e far valere le proprie ragioni può crearsi una sinergia vincente tra pubblico e privato, tra stato e imprese, tra benessere privato e benessere collettivo. L’interventismo istituzionale può garantire l’implementazione di policy più efficaci per mitigare gli effetti collaterali del mondo post-pandemia. Allo stesso tempo, l’innovazione imprenditoriale green e sostenibile può alimentare la giusta transizione verso un’economia globale meno speculativa e più incentrata sui reali bisogni di tutti, partendo da chi continua ad essere penalizzato dalle regole sproporzionate, non democratiche e penalizzanti del commercio internazionale.

La politica economica internazionale, ancora una volta, sembra fornire gli ingredienti giusti per mitigare le incertezze e le sue nozioni risultano fondamentali per offrire soluzioni efficaci.

Nicola Calvano

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