La premier italiana, Giorgia Meloni, si è recata ieri, 6 giugno, in visita ufficiale in Tunisia, dove ha incontrato il presidente Kaïs Saïed e la premier Najla Bouden. La missione è arrivata dopo il colloquio telefonico avvenuto pochi giorni prima tra la leader del governo italiano e l’ex professore di diritto costituzionale. Al centro dei colloqui il dossier migratorio e il supporto italiano nella ricerca di una soluzione alla crisi economica che attanaglia il paese nordafricano da un decennio. Nel frattempo per le strade tunisine diverse proteste hanno chiesto la fine dei morti in mare e della gestione securitaria delle frontiere. Durante il colloquio è stato dato anche spazio al tema energetico, vista la posizione centrale della Tunisia nei flussi provenienti dall’Algeria.
Il Paese nordafricano, guidato da Kaïs Saïed, deve superare la crisi socio-politica ed economica che sta vivendo da diversi anni al fine di evitare un crollo economico e sociale che potrebbe avere ripercussioni incontrollabili in termini di flussi migratori e di stabilità di tutta l’area mediterranea. Come detto, la Meloni ha parlato con la controparte tunisina del dossier migratorio, questione cara sia a Roma che ad altre capitali europee. Da inizio anno al 5 giugno sono stati 51.636 i migranti sbarcati sulle coste italiane, in netto aumento se si considera che nel 2022, nello stesso arco temporale, erano 20.634 e nel 2021 15.007. Secondo la visione del governo italiano, per risolvere la questione dell’immigrazione “bisogna intervenire alle radici”: in tal senso, vi è la necessità di un’azione decisa per combattere la povertà, il terrorismo, il cambiamento climatico e le sfide sanitarie nei paesi di origine e di transito interessati dal fenomeno.
Nonostante nelle ultime settimane sia calato il numero di arrivi dalle coste tunisine, a causa delle cattive condizioni metereologiche, con l’estate ormai alle porte e il malcontento generale vissuto dalla popolazione, il pericolo di un aumento dei flussi crea non poche preoccupazioni al governo guidato da Fratelli d’Italia. L’obiettivo dichiarato dell’Italia è quello di evitare il collasso economico della Tunisia. Da un lato, infatti Roma è attiva per far sbloccare i circa 450 milioni di euro che dovrebbero arrivare da Bruxelles; dall’altro, vuole pressare il presidente tunisino affinché quest’ultimo accetti parte delle riforme richieste dal Fondo monetario internazionale (Fmi) necessarie per permettere il via libera delle prime tranche del prestito di 1,9 miliardi di dollari che l’istituto internazionale dovrebbe erogare alla Tunisia. Sono mesi che l’Italia sollecita i partner europei, e non solo, nella ricerca di una soluzione alla questione tunisina “prima che sia troppo tardi”. Lo ha fatto nell’ultimo Consiglio europeo, così come al G7 in Giappone, dove ha avuto modo di confrontarsi anche con il presidente francese Emmanuel Macron. Un sostegno, quello del governo Meloni alla controparte tunisina, confermato anche in occasione della visita di Tunisi: “confermiamo il sostegno dell’Italia a 360 gradi, il sostegno ad esempio al bilancio tunisino, l’apertura di linee di credito a favore soprattutto dello sviluppo, partendo dalla piccola e media impresa fino al settore agroalimentare”.
Da quando è salito al potere, il presidente tunisino non è riuscito a trovare soluzioni adeguate per tentare di risolvere, o quantomeno arginare, la grave crisi economica. Secondo la Banca Mondiale, la crescita del Pil nel 2023 dovrebbe attestarsi intorno al 2,3%. Tale andamento è però soggetto a delle condizioni, come alcune riforme strutturali. Una di queste consisterebbe nell’eliminazione graduale dei sussidi energetici, che hanno sempre più peso sulla bilancia: da una media del 2,1% del Pil nell’ultimo decennio si è passati al 5,3% nel 2022. Tuttavia, tali decisioni dovrebbero avere un impatto minimo sulle famiglie. Negli ultimi anni, infatti, per molti tunisini, i blackout elettrici e la scarsità idrica sono diventati sfide quotidiane e hanno causato una diffusa ansia sociale che merita una maggiore attenzione da parte dei decisori politici. A tutto ciò si aggiunge l’inflazione che ha raggiunto, nei primi mesi del 2023, un tasso di oltre il 10%, a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari.
Anche sul fronte politico la situazione non è delle migliori. Gli eventi dell’ultimo biennio hanno visto un accentramento dei poteri nelle mani del presidente. Dopo aver sospeso il Parlamento, sciolto il governo ed eliminato qualsiasi forma di opposizione, Saïed ha introdotto una nuova Costituzione, riducendo i partiti politici a “nemici del popolo”. Al contempo, la magistratura è finita nella rete presidenziale e gli attacchi alle libertà di espressione e stampa sono diventati sempre più frequenti.
Per distogliere lo sguardo dell’opinione pubblica dal delicato contesto socio-economico, il presidente negli ultimi mesi ha avviato una campagna contro i migranti irregolari presenti nel Paese. Il presidente ha sottolineato la necessità di adottare “misure di emergenza per porre rapidamente fine al fenomeno dell’arrivo di un gran numero di migranti irregolari dall’area sub-sahariana”, aggiungendo che è in corso, dall’inizio del XXI secolo, un chiaro disegno complottistico che mira a una “sostituzione demografica per rendere la Tunisia un paese unicamente africano, che perda i suoi legami con il mondo arabo e islamico”. Alcune organizzazioni della società civile avevano già avvertito della campagna di istigazione contro gli immigrati avviata dalla presidenza, sottolineando come l’iniziativa fosse organizzata e potesse avere risvolti pericolosi. Questa politica è alla base anche dei cambiamenti in termini di nazionalità dei migranti che arrivano sulla sponda Nord del Mediterraneo. Infatti, degli oltre 50 mila arrivati in Italia in questi primi mesi del 2023, la maggior parte provengono dalla Costa d’Avorio (7.435) e dalla Guinea (6.077), rispetto al 2022 in cui le nazionalità più rappresentate erano quelle tunisina ed egiziana.
Proprio durante la visita della Meloni, sono state organizzate diverse manifestazioni contro il numero sempre crescente dei morti in mare e contro l’esternalizzazione delle frontiere da parte dell’Unione Europea e dell’Italia. La stretta sui migranti rientra infatti in quella logica securitaria che tratta il fenomeno migratorio come una questione di sicurezza. In tale quadro rientrano tutti gli sforzi (europei e italiani) volti a rafforzare i confini e delocalizzarli al di là del Mediterraneo. Evidentemente, tale politica fa emergere tutti i limiti in tema di diritti umani e di libertà degli individui.
L’Italia è interessata a non far crollare la Tunisia anche per interessi energetici. La cooperazione in tale settore ha visto la recente approvazione da parte della Commissione Europea per la realizzazione di ElMed, un progetto di interconnessione elettrica marittima tra Italia e Tunisia lungo circa 800km. Inoltre, nelle stesse acque passa anche il gasdotto TransMed, che parte dall’Algeria passando per la Tunisia, prima di entrare nel Mediterraneo e riemergere sulle coste siciliane. Il crollo dell’ex protettorato francese potrebbe compromettere anche le relazioni energetiche tra le due sponde.