Il Mediterraneo è stato da sempre il centro dell’evoluzioni che si sono avute nel corso della storia, fino ad oggi. Il post-pandemia sembra tuttavia una grande incognita, complici le grandi situazioni irrisolte presenti ormai da anni: la questione libica e quella energetica con le numerose ingerenze turche; in questo labirinto geopolitico, l’Italia dovrà essere in grado di rilanciare il suo ruolo in questo puzzle ancora irrisolto.
La Libia tra la guerra e l’energia.
La Libia è da sempre stata vitale per l’Italia. La cospicua collaborazione tra il Paese nord-africano ed il Governo italiano è da sempre stata anche un punto di riferimento per la politica estera europea. Lo scoppio della guerra civile avvenuto nel 2010 con le cosiddette “Primavere Arabe” e la morte successiva di Gheddafi hanno complicato tali relazioni, complice anche una politica estera italiana divenuta sempre meno incisiva.
La maggior parte degli interessi energetici sono in Tripolitania e proprio per questo è inevitabile e necessario tenere aperto un canale di comunicazione con gli attori dell’Ovest per l’Italia; la necessità di riattivare un dialogo bilaterale con le municipalità dell’area e la conoscenza dei vari attori locali che operano in quest’area rappresentano un buon punto di partenza per la politica estera italiana, che dovrebbe essere in grado di portare avanti i propri interessi diplomatici.
La Libia è da sempre stata fondamentale per l’Italia ed in parte anche per l’Europa in termini prettamente energetici, basti pensare che il 16% della produzione di idrocarburi di ENI derivi proprio da quest’area. Nel contesto bellico in cui si trova ad oggi ancora la Libia, l’export di petrolio è di cruciale importanza per Tripoli, dato che il Paese detiene il 38% delle riserve totali di tutta l’Africa e tali riserve rappresentano il 96% delle entrate governative. Questo rapporto che corre sul binario Italia – Libia rappresenta anche un ottimo punto di partenza per la riuscita di una politica migratoria più efficiente tra Europa e Nord-Africa, se non fosse che nell’ultimo anno, le ingerenze turche in Libia hanno completamente mutato tale contesto.
L’interventismo turco: cosa cambia per l’Italia
L’interventismo turco, che è andato sempre più ad acuirsi negli ultimi cinque anni, ha portato il ruolo dell’Italia ad affievolirsi ulteriormente in ambito di politica estera, andando a toglierli quel ruolo centrale che la dovrebbe contraddistinguere, data anche la sua posizione strategica. All’inizio del 2020 numerose truppe turche si sono mosse verso la Libia a sostegno del governo di Tripoli guidato da al-Sarraj per poter fermare l’avanzata del colonnello Haftar. In una situazione altamente in bilico è evidente come il ruolo della Turchia in Libia sia su due binari: da una parte offre sostegno al governo libico dall’altra porta avanti i propri interessi, legati anche alla questione delle zone economiche esclusive. Un rapporto in cui entrambi i governi, quello turco e quello libico, hanno solo da guadagnare; l’obiettivo di Erdogan di portare la Turchia ad essere un ponte tra il Medio-Oriente e l’Europa passa necessariamente per la Libia, dove l’Italia ha sempre avuto un ruolo fondamentale grazie alla presenza di ENI. Tutto ciò è riconducibile a quel ruolo centrale legato alla ideologia ottomana che Erdogan vuole dare nuovamente alla Turchia.
Durante la scorsa estate il Mediterraneo Orientale è stato al centro di gravi tensioni tra la Turchia e la Grecia, a causa delle sempre più forti ingerenze turche, complici anche i numerosi ritrovamenti di gas da parte di Egitto, Cipro ed Israele. In questo contesto, Egitto e Turchia, da sempre contrapposti, vogliono poter diventare il nuovo hub energetico; l’Egitto punta, non a caso a diventare il maggior esportatore di gas della regione, grazie ai giacimenti di Zohr che comprende circa 850 miliardi di metri cubi di gas; il vero problema per l’Egitto sarà quello di mantenere un ricavo per le proprie aziende, anche se la possibilità di vendere il gas all’interno del mercato europeo a prezzi inferiori rispetto a quelli attuali, sembra una sfida quasi impossibile. La grande possibilità per la Turchia è quella della costruzione di un gasdotto che possa condurre il gas direttamente in Italia, anche se proprio in questo campo entrano a gamba tesa diversi fattori geopolitici: l’Italia non ha intenzione di prendere accordi con la Turchia complici la sua ingerenza in Libia e d’altro canto l’Europa stessa non vuole dipendere in maniera eccessiva dalla Turchia.
L’accordo tra la Libia e la Turchia ha l’obiettivo di bloccare il progetto portato avanti da Unione Europea in collaborazione con Egitto, Cipro ed Israele, del gasdotto “Eastmed”, che potrebbe garantire bassi costi di trasporto e una diversificazione efficace della rete energetica europea, guardando soprattutto ai possibili problemi derivanti dall’entrata in funzione del Nordstream 2 che incrementerebbe la dipendenza europea dal gas russo. Il Memorandum libico-turco sulle nuove zone economiche esclusive impedirebbe al gasdotto di poter collegare direttamente Italia, Grecia, Cipro, Israele ed Egitto, mentre un cambio di percorso del gasdotto comporterebbe un progetto ben più lungo e costoso, tanto in termini economici che ambientali. La firma tra Libia e Turchia, inoltre, permette alla Turchia stessa di poter partecipare ai meccanismi di decisione sullo sfruttamento del gas qualora venissero trovati nuovi giacimenti nell’area. Proprio grazie a questa complicità, la Turchia vede nella Libia il perfetto alleato regionale, con un ulteriore comun denominatore: la rivalità con Il Cairo. Ankara, nell’anno segnato principalmente dalla pandemia da Covid-19 ha saputo trarre il massimo profitto attraverso il suo interventismo in Libia, soprattutto a causa dell’assenza dell’Italia. Il ruolo di Erdogan, inoltre, sembra essere anche quello di possibile paciere tra al-Serraj ed Haftar, un ruolo che nel lungo periodo potrebbe anche ritagliargli maggiori vantaggi economici, consentendo ad esempio alle aziende turche di operare nel settore della produzione energetica libica. Un ruolo simile lo ha giocato già precedentemente Erdogan, in Siria, dove la Turchia è intervenuta militarmente utilizzando i flussi migratori come arma di ricatto nei confronti dell’Unione Europea.
Dal punto di vista della politica estera italiana, è evidente che il rapporto ormai consolidato tra Turchia e Libia, potrebbe portare ENI a dover abbandonare le operazioni esplorative intorno a Cipro. Inoltre, ENI ha anche numerosi giacimenti in Libia ed una eventuale diminuzione del ruolo italiano in Libia potrebbe avvantaggiare da subito le aziende petrolifere turche, fra tutte Petrol Ofisi, ed in parte anche la francese Total. Nonostante, quindi, l’Italia sia da sempre ben voluta dal governo libico, nell’ultimo periodo è la Turchia ad essere considerato partner fondamentale del governo di al-Sarraj.
Il reale problema è che in un momento storico in cui si parla di transizione energetica e delle nuove opportunità green il Governo italiano non può dimenticare del ruolo fondamentale che tutt’oggi ricoprono gli idrocarburi anche dal punto di vista diplomatico, per questo è necessario un progetto di lungo periodo che sappia portare il Paese verso un futuro sostenibile, mantenendo però il ruolo di perno centrale nel Mediterraneo. È necessario, quindi, un’iniziativa comune europea che possa sfruttare le opportunità politiche ed economiche nella zona del Mediterraneo per poter dare una risposta efficace alla strategia di Ankara in Libia.
Il Mediterraneo oltre la pandemia
In un anno particolarmente funesto il Mediterraneo ha riscoperto la sua centralità geopolitica. Le sfide per la sicurezza e la gestione del fenomeno migratorio, da sempre temi cruciali per tutto il Mediterraneo, incontrano la necessità di una transizione energetica e le difficoltà legate all’economia verde.
In un contesto altamente vulnerabile, per la complessità degli eventi legati alla guerra in Libia e all’ingerenza della Turchia, le prossime sfide del Mediterraneo riguarderanno sicuramente le disuguaglianze e l’instabilità politica ormai presente da fin troppo tempo. Il progetto che deve portare avanti tutta l’Europa, ma in primis l’Italia, è quello di una sicurezza e prosperità condivisa, per poter anche trasformare la crisi pandemica in una opportunità.
Il Covid-19 e i conseguenti lockdown hanno determinato la diminuzione della domanda globale di petrolio, portando al crollo del prezzo del greggio, con gravi problemi per gli Stati fortemente dipendenti dalle esportazioni di idrocarburi come Libia, Marocco e Egitto. Proprio per questo, nel contesto di una emergenza sanitaria senza precedenti, la possibilità di trasformare la crisi in opportunità è quanto mai fondamentale per poter dare risposte concrete. La ripartenza post-pandemia dovrà fermare il continuo malcontento che ormai è presente da più di dieci anni in molti Paesi Arabi, primi fra tutti in Libia e Yemen edare una ferma risposta all’ingerenza turca sempre più opprimente in tutto il Mediterraneo. Sarà quindi fondamentale sviluppare un progetto a lungo termine per il settore energetico europeo, che sappia unire la diplomazia e la necessità di una transizione energetica stimolando un dibattito all’interno della classe politica sulle due sponde del Mediterraneo su temi e sfide comuni, per costruire società senza disuguaglianze, migliori e più efficienti.