La guerra in Ucraina sottolinea come nel “mare di casa” la Federazione Russa non riesca ad acquisire il “local sea control”. Ancora una volta assetti navali russi sono stati colpiti ed affondati. A questo si aggiungono le modalità con le quali tali azioni sono state portate avanti e soprattutto di come la “info-warfare” le abbia prontamente diffuse.
Dopo il caso, ancora da accertare nel merito delle cause, legate all’affondamento dell’incrociatore Moskva, è toccato ad uno o due (non confermato il numero) pattugliatori classe Raptor a mezzo dei UAS (Unmanned Aircraft System) di fabbricazione turca i Bayraktar TB2, nei pressi dell’isola dei Serpenti. Ancora una volta, le forze ucraine hanno impiegato in maniera oculata i propri mezzi per negare l’uso del mare agli avversari. Tali mezzi devono essere considerati quali parte integrante del concetto più ampio dei c.d. sistemi di A2AD.
Mentre la Turchia cerca di ospitare e di far sedere allo stesso tavolo Federazione Russa e Ucraina, i suoi sistemi risultano essere, ancora una volta, efficaci in teatri come questo. Tali velivoli sono stati a dir poco determinanti in Libia ed anche nella guerra in Nagorno-Karabakh dello scorso anno e ancora adesso dimostrano il loro potenziale anche in questo conflitto. Da un aspetto puramente navale, la Marina russa dimostra di non essere in grado di acquisire il “local sea control” e neppure di garantire una idonea cornice di sicurezza dei propri assetti. A ciò si lega il fatto che da un punto di vista informativo, la notizia è rimbalzata sui social, in primis Twitter, dove è stato pubblicato il video della localizzazione ed ingaggio del pattugliatore. Questo aspetto dell’info-warfare non fa altro che abbattere ancora di più il morale degli Equipaggi ed evidenzia la scarsa capacità di difesa delle stesse Unità russe. Come già detto in precedenza, traspare come la c.d. capacità di war-fighting navale non sia adeguata al contesto odierno. A questo si aggiunge il fatto che nei domini marittimo, cyber (legato soprattutto all’impiego efficace dei mezzi di comunicazione social) e dell’impiego dello spettro elettromagnetico emergono delle carenze. Di fatti, localizzare in mare assetti così piccoli e veloci non è facile; l’averli localizzati, tracciati e successivamente ingaggiati sottolinea come vi sia un adeguato livello di C6ISTAR (Command, Control, Communications, Computers, Cyber Defense, Combat System, Intelligence, Surveillance, Target Acquisition, Reconnaissance) tattico che si sta rilevando sempre più efficace da parte ucraina, sicuramente supportato dai Paesi Occidentali.
Dall’ultima guerra in Ucraina, i Paesi Occidentali stanno controbattendo in maniera efficace alla info-warfare condotta dai russi, accompagnati dallo sharing di obiettivi tangibili. Come ribadito anche nel precedente articolo sull’affondamento dell’Ammiraglia della Flotta russa, permangono i dubbi su un eventuale mancato dispiegamento di forze di ultima generazione della Federazione Russa, probabilmente conservate per contrastare un intervento militare diretto della NATO. Seppur vi sia una parte di mondo che non condanna apertamente Putin, come alcuni Paesi Africani, dell’America Latina e Cina, il Blocco delle democrazie, la c.d. lega che voleva far nascere Biden, sembrerebbe coesa, dall’Europa al Giappone, e pronta a difendere l’attuale configurazione dell’ordine internazionale.
Politicamente, il terreno solido di prestigio di cui godeva Putin continua a franare e, man mano che passano i giorni sarà molto più difficile recuperare. Da un punto di vista interno, le sanzioni economiche inizieranno a farsi sentire dalla popolazione ed allora bisognerà capire quanto il consenso dello zar è veramente forte in Patria. Nel settore informativo, lo sharing del video dell’affondamento del patrol boat segna un ulteriore punto a favore della campagna di info-warfare portata avanti dall’Ucraina. I compiti basilari, quali presenza, sorveglianza e deterrenza della Marina russa anche nel proprio “Mare di casa” sembrano sempre meno perseguibili e continuano a perdere di credibilità. Appare evidente ancora una volta come i piccoli droni turchi siano veramente efficaci e come l’opponente non sia in grado di contrastarli, neanche impiegando in maniera puntuale lo spettro elettromagnetico. Ciò fa emergere quanto poco sia stato appreso dal teatro libico e dal Nagorno-Karabakh, dove tali assetti sono stati impiegati in maniera continuativa e risolutiva. Gli ucraini con i mezzi a disposizione stanno negando l’uso efficace del mare da parte dei russi evitandone l’acquisizione, seppur locale, di tale controllo.
Tale guerra porta in luce come il multi-dominio (mare-terra-aria-spazio-cyber), al quale deve essere aggiunto l’impiego dello spettro elettromagnetico, deve essere integrato ed interconnesso per poter raggiungere gli obiettivi, intorno al core che rimane quello marittimo, per il quale tutte le potenze stanno cercando di riacquisire un controllo, anche locale. Ciò è facilmente evincibile dalle politiche che sono in atto sia in Mediterraneo sia in Indo-Pacifico, con la Cina in testa nel riarmo navale, seguita dal Giappone che è sempre più preoccupato dall’assertività della potenza revisionista.