Dopo un aver annunciato la possibilità del ridimensionamento della missione Barkhane, volta al contrasto del terrorismo jihadista nei paesi del Sahel, il Presidente francese è tornato sui suoi passi e ha annunciato che non ci sarà nessuna riduzione dell’impegno della Francia nell’area.
La Francia nel Sahel
Per ragioni storiche legate al suo passato coloniale, la Francia è senza dubbio il paese occidentale maggiormente presente nel Sahel. Nonostante la decolonizzazione permane al giorno d’oggi una sostanziale interdipendenza tra la ex madrepatria e questi Paesi. Quasi tutti i principali gruppi industriali francesi, infatti, hanno interessi strategici nell’ dell’area. I forti legami tra la Francia e le elite di questi Stati, si fondano su consolidati rapporti post coloniali che consentono alle aziende francesi di avere un canale di accesso privilegiato per l’utilizzo delle loro grandi risorse naturali: gas, petrolio, minerali e altre materie prime. A garantire l’influenza di Parigi in questi Paesi è inoltre il Franco CFA, una moneta controllata di fatto dalla Banca di Francia e agganciata in passato al valore del franco francese e adesso a quello dell’euro.
Le problematiche della regione
La minaccia jihadista rappresenta una delle principali sfide per i Paesi del Sahel, che per via della fragilità dei loro apparati statali, risultano incapaci di garantire la sicurezza e di esercitare un vero e proprio controllo del territorio. La tenuta dei governi di questi Paesi si fonda in parte su accordi tribali più che su vere strutture statali. La vastità del territorio e la presenza di numerose tribù e gruppi criminali hanno determinato una accentuata frammentazione del potere. Il vuoto causato dall’assenza di una vera e propria entità statuale ha favorito, nell’ultimo decennio, la crescita di organizzazioni terroristiche legate ad al-Qaeda e allo Stato Islamico che si sostituiscono in molti casi alle autorità statali. Gruppi di miliziani operano sanguinosi attacchi terroristici ai danni di civili, come è avvenuto in Niger dove nei primi tre mesi dell’anno sono state uccise oltre 300 persone. I gruppi jihadisti si muovono indisturbati e oltrepassano le frontiere tra gli stati, sfruttando l’estrema porosità dei confini. Un’altra conseguenza della debolezza dei Paesi dell’area è l’estrema difficoltà nel contrasto al commercio illegale e al traffico di esseri umani. Il Sahel è infatti un punto di snodo per i flussi migratori gestiti da organizzazioni criminali, i lunghi confini nel pieno del deserto del Sahara risultano quindi molto difficili da controllare. Per queste ragioni il Sahel rappresenta un tassello fondamentale per la cosiddetta esternalizzazione delle frontiere. Questa strategia è portata avanti dai paesi dell’Unione Europea al fine di consolidare i confini tra i paesi del Sahara. Centrale in questo quadro è il ruolo di supporto svolto nel paese dalle forze militari occidentali e in particolare dalla Francia.
L’Operazione Barkhane
In tale contesto si inserisce l’operazione Barkhane. Avviata nel 2014, in sostituzione dell’operazione Serval, voluta dal presidente Hollande nel gennaio 2013 a seguito del colpo di stato in Mali del 2012. Barkhane impiega attualmente 5100 soldati in Burkina Faso, Chad, Mali, Mauritania e Niger. Insieme alla Francia prendono parte a questa missione l’Estonia, la Danimarca, il Regno Unito e la Repubblica Ceca. I soldati impegnati nella missione svolgono una azione di controllo del territorio ed in particolare e operano un importante contrasto ai gruppi armati jihadisti.
Macron annuncia un ridimensionamento di Barkhane
Nel mese di gennaio il Presidente Macron aveva annunciato un possibile ridimensionamento dell’operazione Barkhane, con un parziale ritiro del contingente francese. Tale decisione era stata annunciata alla luce dell’insofferenza dell’opinione pubblica transalpina che, secondo un recente sondaggio, era in maggioranza contraria. La visione negativa dei francesi è dovuta al l’enorme costo dell’operazione, più di un miliardo di euro nel 2020 e alle numerose vittime. Dal 2013, anno in cui è cominciato l’intervento in Mali, sono morti 55 militari nelle operazioni in Sahel. Tale eventualità era stata annunciata inoltre anche a seguito del raggiungimento di importanti obbiettivi di contrasto al terrorismo jihadista in particolare nell’area di confine tra Burkina Faso, Mali e Niger.
L’improvviso dietrofront della FranciaLo scorso 16 febbraio al vertice del G5 del Sahel di N’Djamena, summit a cui partecipano i leader di Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Chad, il Presidente Macron ha deciso che, contrariamente a quanto era stato annunciato nel mese di gennaio, non era più all’ordine del giorno alcuna riduzione del contingente francese impegnato nell’operazione. Macron ha tuttavia lasciato intendere che, nel medio-lungo periodo, Barkhane potrebbe subire un ridimensionamento, che dovrà essere valutato anche in base ai risultati raggiunti e al grado di coinvolgimento dei partner europei in una prospettiva di maggiore Burden Sharing. Proprio in questa direzione nel 2020 è stata lanciata un’altra missione a guida francese, l’Operazione Takuba. Si tratta di una missione che impegna una coalizione di Paesi europei, i quali mettono a disposizione reparti delle loro forze speciali che svolgono attività di addestramento delle forze locali e forniscono supporto alle attività di Barkhane. L’avvio di Takuba dimostra una ritrovata unità di intenti dei Paesi europei rispetto alle questioni comuni come il supporto a altri stati del Sahel nel contrasto al terrorismo e agli altri traffici illegali. Nonostante tali operazioni siano insufficienti, data la vastità dell’area occupata da questi paesi, esse risultano tuttavia determinanti a garantire un minimo di controllo del territorio e di contrasto al terrorismo jihadista, contribuendo alla stabilità nella regione del Sahel. Gli stati saheliani, per via della loro debolezza, continuano a necessitare del supporto delle missioni occidentali per imporre la loro autorità statuale. Per questa ragione le missioni militari europee continuano ad essere considerate necessarie per via del supporto essenziale che forniscono a quei Paesi. È chiaro quindi come per il momento non sia ancora possibile pensare ad un ridimensionamento di Barkhane. Rimane tuttavia all’orizzonte l’eventualità di una rimodulazione la presenza della Francia in Sahel.