Le reti commerciali che collegano il mondo sono da sempre indifferenti a ciò che viaggia lungo il loro percorso che si tratti di merci o persone, eserciti o malattie. Reti che sono state create oggi per il commercio potrebbero essere utilizzate un domani per i conflitti o peggio, potrebbero essere vettori di patogeni letali. Questa è stata la storia che lo sviluppo del commercio e della Via della Seta ci ha insegnato fin dall’antichità e che oggi la pandemia di coronavirus ci ha ricordato.
Improvvisamente tutti i porti, le autostrade, le ferrovie, gli aeroporti e gli hub commerciali che avrebbero dovuto collegare interi continenti si sono trasformati in una corsia preferenziale per l’avanzata del virus. A molti non è sfuggita la quanto mai attuale analogia tra le antiche Vie della Seta, che nel XIV secolo portarono la Peste Nera in Europa, e la moderna Belt and Road Initiative (BRI) che coadiuverebbe il propagarsi del coronavirus. Sebbene l’orizzonte temporale sia totalmente diverso, la Peste impiegò anni prima di raggiungere le coste europee, oggi (grazie anche alla globalizzazione) l’epidemia si è diffusa nel giro di pochi mesi se non addirittura settimane.
Per stroncare sul nascere parallelismi che potrebbero danneggiare l’immagine della BRI e di conseguenza il soft power cinese, Xi Jinping ha annunciato la Health Silk Road o “Via della Seta della Salute”. Il presidente cinese ha reso pubblica l’iniziativa dopo la telefonata di metà marzo 2020 con il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte. Tutto questo è avvenuto poco prima dell’arrivo di un volo China-Eastern airlines da Shanghai a Milano carico di equipaggiamenti e personale medico. Il timing dell’annuncio non è stato casuale né lo è stata la scelta di aiutare l’Italia prima di altri paesi. Infatti, l’Italia è stato il primo e unico membro del G7 a formalizzare ufficialmente un’intesa per l’adesione alla BRI. Perdere l’Italia, avrebbe significato perdere un riconoscimento politico fondamentale nella strada verso una progressiva adesione di altri paesi europei, come ad esempio Francia e Germania.
A parte i proclami ufficiali, un’attenta analisi dimostra come l’Health Silk Road fosse già prevista da un white paper governativo del 2017 come parte integrante della BRI. Il suo obiettivo era e rimane tuttora quello di favorire l’integrazione e la connettività sanitaria a livello pan-eurasiatico. La pandemia ha solo accelerato la sua adozione. In linea teorica la Health Silk Road dovrebbe percorrere gli stessi corridoi terrestri e marittimi già previsti dalla Via della Seta terrestre e marittima. Un primo assaggio del suo futuro potenziale è stato il viaggio di 13.000 chilometri di un treno con 110.000 maschere mediche e 776 tute di protezione partito da Yiwu, nella parte orientale della Cina, il 21 marzo, e arrivato in Spagna per sostenere il paese nella crisi covid-19.
Tuttavia, il destino della Health Silk Road, così come quello della BRI, rimane appeso ad un filo: tutto dipenderà dall’andamento della pandemia e da quanto saranno gravi e prolungati i suoi effetti sull’economia mondiale. Un totale fallimento sembra improbabile, considerata l’importanza del progetto e le risorse dispiegate non solo dalla Cina ma da tutti i paesi coinvolti; ciononostante, un suo ridimensionamento non sarebbe da escludere. Le misure di lockdown nazionale e la chiusura prolungata delle frontiere potrebbero portare, e in parte lo stanno già facendo, ad un serie di effetti a catena.
Ad esempio, la mancanza di materie prime e forza lavoro dovuta all’interruzione di intere linee di approvvigionamento e all’introduzione di divieti di viaggio, potrebbe portare al rinvio o al fallimento di interi progetti (come nel caso della linea ad alta velocità Jakarta-Bandung o la diga Batang Toru nelle foreste dell’Indonesia). Non da meno è il rischio di una crisi debitoria generalizzata tra i paesi membri della BRI, già peraltro indebitati fortemente nei confronti di Pechino.
Dovendo far fronte alla crescente spesa sanitaria, questi paesi si ritroverebbero a dover gestire livelli di indebitamento insostenibili che alla lunga potrebbero portare all’incapacità di onorare il pagamento dei prestiti ricevuti così come, nei casi più estremi, al default. Tutto ciò potrebbe portare da un lato alla sospensione e/o annullamento di interi progetti dall’altro a problemi, per la Cina, in termini di mantenimento della propria stabilità finanziaria interna.
Un futuro dunque incerto e pieno di insidie quello che attende la Via della Seta della Salute, un futuro di crisi o rinnovato slancio che si concretizzerà solo quando la tempesta sollevata dal coronavirus si sarà placata.