Il mancato invito a Taipei per l’Assemblea Mondiale della Sanità in Svizzera e la necessità di una strategia globale per la gestione delle crisi sanitarie.
Negli scorsi giorni la violenta contestazione, ad opera della delegazione cinese, durante l’apertura dell’incontro del Kymberly Process a Perth ha suscitato grande sconcerto nell’opinione pubblica australiana e internazionale. Il Kymberly Process prende il nome dalla città sudafricana dove nel 2000 si riunirono i principali stati africani che operano nel settore dei diamanti, dall’incontro nacque un accordo per garantire un certificato etico delle pietre preziose. Una dinamica che è riuscita a contenere le problematiche legate al traffico di armi e al sovvenzionamento di guerre civili attraverso i proventi del settore diamantifero. Kymberly Process è una organizzazione internazionale che opera in maniera trasversale e globale per garantire il rispetto di norme che determinano un avanzamento della società civile e un benessere generale, un organismo che necessita di una interconnessione tra le varie nazioni in uno spirito di cooperazione. Taiwan ha partecipato a molti incontri del Kymberly Process, sin dal 2007, in qualità di membro osservatore. Durante il recente incontro indetto dagli organizzatori del Kymberly Process, a Perth in Australia, la delegazione cinese, spalleggiata da alcuni delegati di paesi africani (dove ormai la “presenza” cinese spadroneggia con caratteri di neocolonialismo) ha preteso l’allontanamento degli osservatori taiwanesi. La vicenda ha trovato molto rilievo, nei media australiani e internazionali, per comportamenti improntati ad una prepotenza contraria alle dovute forme che regolano questi eventi. La delegazione cinese ha, infatti, ripetutamente interrotto il Chairman della conferenza, Robert Owen-Jones, proprio mentre stava introducendo il Ministro degli Esteri di Canberra, Julie Bishop, pretendendo l’allontanamento della delegazione taiwanese, regolarmente invitata. Per garantire la prosecuzione dei lavori dell’assemblea gli osservatori di Taiwan hanno lasciato la sede dove si teneva il Kymberly Process.
Situazioni analoghe sono già avvenute negli incontri delle varie organizzazioni internazionali, ma solitamente in paesi africani o asiatici, in luoghi dove l’influenza di Pechino è molto pressante. La vicenda australiana ha profondamente segnato sia la stampa australiana sia l’Esecutivo di Canberra. L’Australia è una democrazia matura e liberale che, pur di fronte ai massicci investimenti cinesi nel paese, non ha finora mai mostrato alcun segno di deferenza politica e culturale con Pechino. I commenti di diversi partecipanti presenti all’episodio sono stati tutti negativi, da “inappropriato” a “irrispettoso” e “disgustoso”. Parole importanti a cui hanno fatto seguito due note ufficiali di protesta dirette all’Ambasciatore cinese a Canberra.
La vicenda australiana si inserisce in una dinamica che da settimane sta interessando l’opinione pubblica internazionale. Taiwan sin dal 2009 partecipa, come membro osservatore, all’Assemblea Mondiale della Sanità (WHA) che è il principale organo decisionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). Fino ad oggi il Governo di Taipei non ha ricevuto l’invito per partecipare alla WHA che si terrà a fine maggio 2017 in Svizzera, rompendo così una dinamica che andava avanti da ben otto anni. Il ruolo della delegazione taiwanese è sempre stato quello di osservatore, quindi senza diritto di voto, ma si tratta di un importante riconoscimento per le tante iniziative in ambito sanitario che Taipei ha portato avanti negli anni. Soprattutto è una occasione per sviluppare il coordinamento con gli altri paesi dell’area nel settore medico. L’emergenza della SARS mostrò l’importanza di politiche comuni e congiunte in caso di epidemie, la regione Asia-Pacifico è il luogo con la maggiore densità di popolazione al mondo e il livello di assistenza sanitaria dei vari paesi è fortemente difforme. L’epidemia del 2003 decretò un rinnovato approccio alle politiche di assistenza sanitaria, si registrarono più di 5000 casi in Cina con 340 morti, 205 casi in Vietnam con 205 morti, 205 casi a Singapore con 28 morti e 686 casi con 81 morti a Taiwan. La SARS mise in luce la necessità di una continua sinergia tra i vari paesi dell’area e la partecipazione di Taipei alla WHA avvenne anche in considerazione del lavoro fatto dai medici taiwanesi durante l’epidemia.
La decisione della WHO, chiaramente dietro diktat di Pechino che sta cercando di limitare la proiezione internazionale di Taiwan dopo l’elezione, lo scorso anno, del Governo democratico-progressista di Tsai Ing-wen, ha ribaltato completamente la situazione. La partecipazione di Taiwan alla WHA non è riconducibile a dinamiche di sovranità e non andrebbe piegata a fini esclusivamente politici di un paese: si tratta di una necessità ineluttabile e coerente con la natura della WHA che è quella di perseguire la salute del genere umano, pianificare e stabilire modalità di cooperazione nell’ambito dell’assistenza sanitaria alle persone e ai popoli, senza alcuna distinzione o deroga.
Le dichiarazioni della Presidente Tsai Ing-wen sono state chiare: “Taiwan non deve essere esclusa dall’incontro della WHA per nessun motivo. Le questioni sanitarie non si fermano ai confini e il ruolo di Taiwan è cruciale per la salute globale”. La campagna di Taipei per supportare le ragioni taiwanesi è incentrata sulle tante iniziative umanitarie realizzate con successo negli scorsi decenni in tutto il mondo. La sanità è una sfida globale, le epidemie e i virus non riconoscono i confini nazionali e un coordinamento sovranazionale in caso di emergenza sanitaria è assolutamente necessario. Il ruolo della cooperazione in ambito medico di Taiwan nell’Asia-Pacifico e nelle zone svantaggiate del mondo è ben noto. Michael Tsai, ex Ministro della Difesa di Taiwan, sostiene che non ci dovrebbero essere precondizioni per unirsi a un organismo internazionale non politico e lancia un appello pubblico: “Chiediamo all’opinione internazionale di aiutare Taiwan a partecipare alla sessione della WHA. Spero davvero che molte nazioni aiutino il popolo taiwanese a far sentire la propria voce”.
Gli Stati Uniti hanno ufficialmente supportato la presenza taiwanese alla WHA, nonostante la delicata situazione nell’area e il ruolo di mediazione che Pechino sembra stia svolgendo nella crisi nord coreana. La dichiarazione di Washington arriva in un momento di riavvicinamento tra Trump e Xi Jinping dopo l’incontro di Mar-a-Lago e la circostanza dimostra la neutralità dell’intera vicenda. Anche il Canada e l’Australia hanno pubblicamente espresso l’appoggio a Taipei negli scorsi giorni. Adesso è il turno dell’Europa di fornire un supporto concreto per garantire la partecipazione della delegazione taiwanese alla WHA e salvaguardare così la natura e il ruolo della stessa Assemblea e della WHO.