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L’offensiva cibernetica nelle Cross Strait Relation all’indomani dell’insediamento di Tsai Ing-wen

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Alla vigilia dell’insediamento del presidente Tsai Ing-wen, il 20 maggio 2020, numerose azioni di guerra cibernetica sono state registrate tra lo Stretto di Taiwan. Un picco di attacchi cibernetici dalla Cina è stato rilevato il 19 maggio, l’offensiva ha colpito i sistemi informatici della raffineria di petrolio statale CPC Corp. Gli attacchi, programmati nel giorno dell’inaugurazione del secondo mandato presidenziale di Tsai Ing-wen, avevano l’obiettivo di compromettere la sicurezza della società attraverso la diffusione di dati sensibili riguardanti agenzie governative, infrastrutture e istituti finanziari.

Sin dalla fine della guerra civile nel 1949, Cina e Taiwan hanno continuato ad armarsi e prepararsi per un possibile conflitto tra lo Stretto. Una delle due, infatti, avrebbe dovuto prima o poi conquistare l’altra. Sebbene le mire di Taiwan si siano col tempo ridimensionate, quelle della Cina non sono mai state ritirate. Anzi, oggi le minacce di Pechino sono sempre più insidiose e pressanti. Il processo di rafforzamento degli armamenti militari, sia difensivi che offensivi, è perciò una delle priorità strategiche per entrambi gli attori. Tuttavia, nonostante si discuta frequentemente e ampiamente sulla crescita di tali capacità nei quattro domini principali del conflitto (terra, aria, acqua e spazio), poche volte viene presa in considerazione la quinta dimensione della guerra: il cyberspazio. Quest’ultimo, però, è oggi al centro delle scelte strategiche dei due paesi e merita la stessa, se non maggiore, attenzione da parte degli analisti.

In un contesto di costante crescita dell’ansia globale riguardo alla sicurezza cibernetica, il popolo taiwanese è vittima anch’esso di tale minaccia “psicologica”, specialmente considerando la posizione d’inferiorità militare di fronte alla Cina comunista. Inoltre, Taipei è ben conscia di non avere altri nemici nella comunità internazionale a parte “voi-sapete-chi”, come dichiarò nel 2014 l’allora vicepremier Simon Chang quando gli venne chiesto quale fosse la fonte degli attacchi cibernetici contro Taiwan. Pechino sarebbe perciò la principale, o addirittura unica, potenza a minacciare Taipei su questo fronte. Difatti, alcuni studiosi affermano che il Terzo Dipartimento del Comando dello Stato Maggiore dell’EPL, che protegge i sistemi informatici dell’EPL ed è responsabile del monitoraggio delle telecomunicazioni di forze straniere, avrebbe un Sesto Ufficio incaricato di portare avanti operazioni contro Taiwan. Non è da sottovalutare anche il fatto che la Cina stia oggi scrivendo in autonomia le proprie regole nel cyberspazio, con l’intento di sfidare la supremazia statunitense in questo dominio. Dal canto suo, Taiwan può solo aderire alle regole esistenti, dato che non si trova nella posizione di scriverne di proprie – da qui il bisogno di rafforzare il proprio cyberspazio. Non di minore importanza è perciò anche la minaccia cinese nei confronti degli USA: nel caso infatti che un attacco cibernetico venga effettuato ai danni della potenza americana, questo metterebbe a grave rischio la possibilità per Washington di poter difendere Taiwan da un attacco armato cinese. Sembra perciò chiaro che la questione cibernetica possa mettere in sostanziale difficoltà Taipei su vari fronti, essendo questa interdipendente con altri e più tangibili domini militari.

Come sostenuto da vari studiosi, infatti, l’attacco cibernetico difficilmente ha di per sé conseguenze pratiche di estrema gravità – nonostante esista l’esempio di Stuxnet che ci ricorda come l’arma cibernetica possa avere effetti concreti anche senza l’uso di dotazioni militari di altro tipo. Secondo questa visione, l’attacco cibernetico è sempre e solamente un’avvisaglia di quella che potrebbe diventare una guerra convenzionale. Tuttavia, la capacità della Cina di bloccare, disattivare o anche semplicemente “disturbare” i sistemi informatici taiwanesi può costituire una seria minaccia alla sicurezza nazionale dell’isola. E se questo non bastasse, si potrebbe sempre pensare che un qualsiasi attacco nel cyberspazio da parte di Pechino abbia come intenzione primaria quella di preparare un’azione militare su più larga scala. In definitiva, è imperativo per Taipei che la sicurezza cibernetica diventi un aspetto integrante e fondamentale della sua strategia di difesa nazionale. Sebbene recentemente ci siano stati alcuni sviluppi a questo riguardo, il più recente dei quali è stato l’esercizio congiunto USA-Taiwan sulle capacità di guerra cibernetiche, la posizione taiwanese è ancora di netto svantaggio nei confronti della Cina. Non rimane che attendere che il governo di Taipei attui politiche decise e proattive in tal senso.

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