Le armi ipersoniche sembrano in grado di apportare notevoli cambiamenti ai tradizionali concetti di deterrenza e stabilità strategica. Le caratteristiche di queste armi, soprattutto la velocità e la capacità manovriera, le rendono in grado di superare le difese antimissile di cui dispongono le forze militari più moderne. Se Cina e Russia dichiarano di aver già schierato sistemi di questo tipo, e gli USA sembrano in procinto di farlo, in Europa solo Francia e Regno Unito hanno avviato programmi per lo sviluppo di missili dotati di questa tecnologia. Il Vecchio Continente è già molto indietro: se l’industria militare europea non cambia passo, rischierà di trovarsi in una situazione di netto svantaggio strategico rispetto a coloro che già dispongono di tali sistemi operativi, col rischio di veder ridotta gravemente la presenza delle sue aziende nel mercato globale degli armamenti.
L’armamento ipersonico: quali caratteristiche
Un regime di moto ipersonico si instaura quando un corpo si muove a una velocità superiore a Mach 5, ovvero cinque volte più veloce della velocità del suono, pari a circa 1.225 km/h. Oggi i progressi scientifici realizzati nel campo degli armamenti permettono di realizzare missili in grado di viaggiare a velocità comprese tra Mach 5 e Mach 25, armi in grado di arrivare sul bersaglio percorrendo diversi chilometri al secondo. Queste armi, chiamate appunto ipersoniche, riescono a raggiungere tali velocità senza perdere la capacità di manovrare: sono quindi capaci di apportare correzioni nella loro traiettoria, seguendo percorsi di volo irregolari. È la combinazione di queste due capacità a rendere tali armi potenzialmente in grado di rappresentare un punto di svolta per la condotta delle operazioni militari. Missili in grado di viaggiare a velocità ipersoniche, in effetti, esistono già da tempo – i classici missili balistici possono raggiungere anche Mach 25 – ma nessuno era mai riuscito a conferire loro la manovrabilità di cui dispongono queste nuove armi.
Il problema sostanziale che le armi ipersoniche pongono ad un ipotetico difensore è quello della contrazione dei tempi di risposta. La velocità di arrivo, unita all’imprevedibilità della traiettoria, riduce i tempi di allerta e rende più difficile il rilevamento della minaccia. La quota di volo di queste armi, in aggiunta, risulta alquanto bassa rispetto ai missili balistici, in funzione dei quali sono realizzate le moderne difese antimissile. Ebbene, rispetto a questi, la distanza a cui possono essere rilevati i missili ipersonici è sensibilmente ridotta: bisogna tenere conto infatti che la maggior parte del volo non viene intercettato dai radar difensivi per via della curvatura terrestre e della bassa quota di volo. Anche una volta scoperta, un’arma di questo tipo potrebbe essere difficile da intercettare. Questo, ancora una volta, a causa della capacità manovriera di cui è dotato un missile ipersonico.
Si possono distinguere due tipologie di armi ipersoniche: quelle a propulsione propria, chiamati Hypersonic Cruise Missile (HCM), e quelli privi di un sistema di propulsione, chiamati invece Hypersonic Glide Vehicle (HGV). I primi utilizzano, per la spinta propulsiva, uno scramjet, il quale altro non è che un motore in grado di utilizzare l’ossigeno come carburante per fornire al vettore una velocità ipersonica. La seconda categoria è più particolare: un HGV consiste in un veicolo ipersonico dotato di un assetto aerodinamico che gli permette di planare sugli strati più alti dell’atmosfera per poi scendere gradualmente fino al bersaglio. Un vettore di questo tipo, tuttavia, per poter raggiungere l’effetto desiderato, necessita di essere trasportato in quota e poi accelerato da un booster (spesso si collega a un missile balistico, da cui poi, raggiunta la quota e la velocità opportuna, viene rilasciato). Solamente raggiunta una velocità ipersonica e una quota elevata (40-100 km), l’HGV può essere rilasciato.
I sistemi ipersonici possono essere armati con una carica convenzionale o con una carica nucleare. In realtà, il tipo di carica non modifica in maniera sostanziale la loro capacità distruttiva. Una delle forze principali di queste armi è proprio l’elevata energia cinetica posseduta dalla loro massa all’impatto. La velocità con cui questi missili raggiungono il bersaglio permette loro di esercitare una capacità distruttiva equivalente a quella prodotta da 5-10 tonnellate di alto esplosivo.
Come si muovono le principali potenze
Ad oggi, secondo diversi specialisti del settore, gli Stati Uniti non si troverebbero in una posizione di superiorità nel campo dell’ipersonico.
Nel settore della missilistica, i russi hanno sempre espresso notevoli capacità tecniche e industriali, in particolare nella produzione di statoreattori. Grazie alle competenze acquisite nel settore, sono riusciti a sviluppare rapidamente scramjet in grado di fornire la spinta necessaria a portare il missile ipersonico oltre Mach 5. La Russia ha già messo in servizio la sua prima arma ipersonica, l’Avangard, un HGV a testata nucleare che viene portato in quota da un missile balistico, il quale ne costituisce il vettore. L’arma sarebbe capace di Mach 20 e avrebbe 6.000 km di portata. L’Avangard non è la sola arma ipersonica di Mosca. Il Cremlino ha infatti già reso operativa un’altra arma classificabile, almeno in parte, come ipersonica: si tratta del Kinzhal, un missile balistico con capacità manovriere in grado di raggiungere Mach 10 e capace di una portata nell’ordine di 2.000 km. Infine, un altro missile, questo appartenente alla categoria cruise, chiamato Tsirkon, capace di Mach 8 e di una gittata di circa 500 km, è ancora in fase di test.
I cinesi hanno dichiarato già operativo un HGV di media portata, in versione land-attack, portato in quota da un missile balistico, il DF-17. Il missile avrebbe una gittata di 2.500 km e una velocità fino a Mach 5. La Cina ha poi messo in servizio un HCM, denominato DF-100, di cui non si conosce con precisione la gittata (dovrebbe aggirarsi intorno ai 2.000-3.00 km), con funzione anti-nave. Tra l’altro, la Cina disporrebbe del tunnel ipersonico più veloce del mondo, tramite il quale riuscirebbe a condurre test a velocità comprese tra Mach 5 e Mach 9. Quanto alla disponibilità di infrastrutture per lo sviluppo e la sperimentazione di queste armi, Pechino sembra essere all’avanguardia.
Gli Stati Uniti, al momento, non hanno alcun tipo di arma ipersonica in servizio. I progetti in fase di sviluppo riguardano, comunque, armi a testata convenzionale. I principali programmi di cui si intravede una prospettiva di produzione concreta a breve termine riguardano degli HGV e, al momento, sembrano essere almeno quattro: l’Air-Launched Rapide Responde Weapon (ARRW) per l’US Air Force; il Long Range Hypersonic Weapon per l’US Army; il Conventional Prompt Strike per l’US Navy; lo Hypersonic Air-breathing Weapon Concept sviluppato dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) in collaborazione con l’aeronautica statunitense.
Cosa succede in Europa
A che punto sono gli europei con lo sviluppo di questa tecnologia? In realtà, la situazione nel nostro continente è tutt’altro che rosea. Solamente la Francia e il Regno Unito, per giunta in maniera autonoma, stanno sviluppando programmi mirati alla produzione di armi ipersoniche.
Diversi sono i programmi francesi in fase di studio: il V-MaX (Experimental Manoeuvering Vehicle), un HGV in grado di volare a Mach 6, il cui primo volo dovrebbe aver luogo entro la fine del 2021, e il missile aria-superficie ASN4G, un nucleare ipersonico autopropulso con uno scramjet. C’è poi il programma anglo-francese FC/ASW (Future Cruise/Anti-Ship Weapon) per il rimpiazzo dei missili Exocet, Harpoon e Storm Shadow, che potrebbe avere degli sviluppi in chiave ipersonica[i]. Nel Regno Unito, i vertici militari hanno espresso il requisito di un’arma ipersonica entro il 2023. Il Defence Science and Technology Laboratory, insieme al US Air Force Laboratory, ha già intrapreso da qualche tempo il programma Thresher (Tactical High-Speed, Responsive and Highly Efficient Round), mirato allo sviluppo di un’arma ipersonica, con la quale spera di dotare le forze armate inglesi di questa capacità per il 2022-2023.
Purtroppo, ad oggi, di programmi europei congiunti in grado di proporre soluzioni concrete, ovvero realizzabili nel breve termine, non ve n’è traccia. Perlomeno per ciò che attiene all’offesa. Nel campo della difesa, in effetti, qualcosa sembra muoversi, anche se i risultati non saranno certamente visibili nell’arco di un paio d’anni. Il 12 novembre del 2019, MBDA, il gigante della missilistica europea, è stata incaricata di guidare un team avente come scopo lo sviluppo di un sistema antimissile di nuova generazione per affrontare le minacce emergenti, in particolare l’ipersonico. I motivi alla base di questa scelta sono evidenti: oggi nessuno stato europeo è in grado di difendersi contro una minaccia ipersonica, i sistemi di difesa missilistica impiegati dai paesi europei – Patriot e SAMP/T – possono intercettare solo missili super- o subsonici. Il progetto, denominato TWISTER (Timely Warning and Interception with Space-Based Theater Surveillance) è implementato nel quadro della PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente) e guidato – non a caso, vista l’esperienza accumulata nel corso dei progetti condotti autonomamente – dalla Francia. Ad esso hanno poi aderito anche Italia, Finlandia, Olanda, Spagna e, di recente, la Germania.
Il progetto TWISTER mira allo sviluppo di una rete di sensori di early warning posizionati nello spazio e di un intercettore capace di volare in regime ipersonico, quindi oltre Mach 5, a un’altitudine maggiore di 100 km. L’obiettivo è mettere in campo questo sistema per il 2030. Il programma si aggiunge ad altri 13 già approvati dalla Pesco, la quale si conferma – vista l’entità e l’importanza dei programmi che copre – uno strumento fondamentale in grado di fungere da elemento federatore della cooperazione industriale europea. È probabile che per il finanziamento di questo programma sarà possibile accedere ai fondi dell’European Defence Fund, considerando che si tratta di uno dei progetti PESCO.
Il TWISTER offre un’importante opportunità agli stati membri dell’Unione. Ancora una volta infatti, se vuole evitare il monopolio americano nel mercato del settore, l’Europa dovrà cooperare in maniera più stretta ed efficace: il progetto è quindi un segnale positivo in questo senso, anche se isolato. Fatta eccezione per il sistema SAMP/T, il nostro continente appare completamente dipendente dagli USA per la sua difesa missilistica. Ad eccezione di Italia e Francia, gli unici stati che dispongono di un sistema d’arma antiaereo di origine europea, il SAMP/T per l’appunto, i restanti membri possiedono tutti il sistema Patriot, di origine americana (Grecia, Germania, Olanda e Spagna) o più semplicemente sono sprovvisti di sistemi di difesa antimissilistica.
L’Europa dovrebbe anche sviluppare un missile offensivo. Tramite l’ausilio della PESCO e il sostegno finanziario dell’European Defence Fund, gli europei potrebbero accordarsi per lo sviluppo di un nuovo sistema missilistico ipersonico, per non restare (troppo) indietro rispetto a chi è già in possesso di sistemi di questo tipo completamente operativi o in procinto di esserlo. Le aziende che si occupano di missilistica e di elettronica, in Europa, sono diverse: MBDA, Leonardo, Thales e BAE Systems tra le principali. Lo sviluppo di un missile ipersonico europeo, tuttavia, potrebbe generare dissidi interni. La logica che si potrebbe seguire, quindi, è la stessa utilizzata da Francia e Germania per il FCAS (Future Combat Air System), il programma mirato allo sviluppo di un caccia di sesta generazione. Ebbene, una delle caratteristiche di questo programma è proprio quello di contenere al suo interno una serie di sub-programmi, ognuno dei quali focalizzato su un aspetto particolare del velivolo, che rappresenta proprio un sistema di sistemi. Gli aspetti da seguire sono infatti diversi, tra i quali figurano l’armamento del velivolo, il cloud system data, la capacità di fungere da “drone madre”, ovvero da drone carrier ecc.
Applicando la stessa logica del programma franco-tedesco allo sviluppo di un’arma ipersonica, l’Unione Europea potrebbe optare per la realizzazione di un programma alquanto ambizioso, proprio perché diversificato, quindi in grado di offrire agli stati membri una capacità missilistica offensiva ad ampio spettro. Il programma potrebbe comprendere, ad esempio, lo sviluppo di un HCM e di un HGV europei, ma anche di un missile balistico a corta gittata e di un missile guidato a lunga gittata ad alta precisione. Un’iniziativa di questo tipo permetterebbe alle varie aziende europee di non dover sgomitare troppo per accaparrarsi le fette più grandi del programma, evitando di dar vita a logiche concorrenziali alquanto nocive per la difesa dei paesi del continente.
Le capacità industriali e le competenze tecniche per lo sviluppo di un tale programma sembrano esserci – data l’esperienza e le capacità di aziende come MBDA e BAE Systems – e i fondi si potrebbero reperire, per esempio tramite l’European Defence Fund, che ancorché ridotto resta ancora “sostanzioso”, con circa 7 miliardi di euro a disposizione dal 2021 al 2027.
A differenza di quanto stanno facendo le tre maggiori potenze militari del pianeta – Stati Uniti, Cina e Russia – alla strenua ricerca di tecnologie militari sempre più all’avanguardia e potenzialmente capaci di imprimere una svolta fondamentale alla condotta della guerra, gli europei rimangono vincolati a programmi più tradizionali. Mentre questi tre stati sembrano in grado di mettere in campo tecnologie dirompenti nel breve termine, l’Europa non ha avviato nessun programma in grado realizzare sistemi dotati di tecnologie così innovative entro l’orizzonte temporale del 2035-2040. Il FCAS e il MGCS (Main Ground Combat System – programma franco-tedesco per lo sviluppo di un carro di nuova generazione) i due programmi più tecnologicamente ambiziosi, non vedranno la luce prima del 2035-2040.
Se l’industria europea vuole evitare un progressivo scadere della sua competitività sui mercati internazionali e continuare a produrre prodotti estremamente sofisticati, complessi e all’avanguardia, occorre che essa adotti un approccio più attivo e meno reattivo, inserendosi a pieno titolo in quella che è ormai identificabile come una corsa sfrenata alla tecnologia più dirompente.
Matteo Mazziotti di Celso,
Geopolitica.info