Lo sviluppo della capacità ipersonica per l’Italia e, più in generale, per tutto il campo occidentale legato alla Nato, è stato l’argomento al centro del seminario tecnico-scientifico dell’Aeronautica Militare.
Il generale Davide Cipelletti, a capo dell’Ufficio Generale Spazio del Ministero della Difesa, ha evidenziato un elemento fondamentale: il concetto di vantaggio competitivo per gli Stati che possiedono capacità ipersonica. Questo vale nel breve-medio periodo sul fronte militare, ma anche nel medio-lungo periodo su quello civile e commerciale. Il “dual use” della capacità ipersonica non è da sottovalutare per l’integrazione della politica spaziale in Italia.
La guerra d’Ucraina, pur restando un conflitto eminentemente “tradizionale” nelle sue forme, ha inaugurato una fase di ampio utilizzo delle nuove tecnologie sia unmanned, sia elettroniche che missilistiche. La Russia – ma anche la Cina – è stata una delle prime potenze a puntare sui missili ipersonici quale strumento per ottenere un vantaggio strategico che dalla bassa orbita spaziale impatti direttamente sulla terra.
Le nazioni occidentali non possono essere da meno. Non solo l’individuazione dottrinaria dello spazio come prossima dimensione fondamentale delle operazioni dell’Arma Azzurra, ma anche eventi “concreti” come il potenziamento della United States Space Force o la centralità del Comando Operazioni Spaziali dello Stato Maggiore della Difesa, per non parlare delle questioni di sicurezza legate alla crisi dei lanciatori spaziali in Europa – che pure resta una vicenda legata all’ambito civile – evidenziano, ormai, come il “quinto dominio” influenzi il percorso di governi, forze armate, industria e parte consistente della ricerca.
Sotto il profilo squisitamente militare, occorre evidenziare come il missile ipersonico rappresenti una nuova arma, ma sia concettualmente l’evoluzione del missile balistico intercontinentale. Mentre il secondo parte dalla superficie terrestre, entra in orbita e poi riscende a terra; il primo può essere lanciato direttamente da piattaforme orbitali ed è molto più complesso da intercettare.
Ecco perché, assieme ai sistemi offensivi, si devono progettare sistemi difensivi antimissilistici che siano in grado non solo di abbattere il missile una volta lanciato, ma anche di conoscere ubicazione delle piattaforme ed eventuali traiettorie dell’arma in ogni istante. La strada da seguire è, sostanzialmente, quella di costruire un sistema di difesa aerea e missilistica europeo integrato.
Centrale sarà decidere se far parte o meno di questo progresso tecnologico quantico, a livello di Paese, di industria e di Forze armate, ma anche quali Paesi far diventare propri partner, vagliandone accuratamente le capacità in termini economici, scientifici e militari. Questo è il fulcro della riflessione di colossi dell’industria aerospaziale e della difesa come Leonardo ed MBDA.
Quello della partecipazione italiana – a che livelli e con quali capacità – alla nuova corsa verso il raggiungimento della capacità ipersonica dovrebbe essere uno dei temi centrali per i decisori politici, specie ora che la difesa è tornata al centro delle discussioni mondiali. Da sottolineare è che la ricerca sulla capacità ipersonica va, necessariamente, accompagnata dallo studio sui voli suborbitali punto-punto.
Secondo il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, generale Luca Goretti, la volontà politica di Via XX Settembre in questo momento c’è. Del resto, Guido Crosetto è un ministro attento e competente sulle questioni che legano a doppio filo il miglioramento delle capacità operative delle Forze armate ed i processi di progresso tecno-industriale. Bisogna, però, vedere quanto in Italia, Paese sempre – purtroppo – “acerbo” di fronte a certe discussioni sappia mostrare la propria maturità sul tema.