La questione catalana è vista con estrema preoccupazione e diffidenza dalle istituzioni europee e internazionali perché fonte di conflitto tra l’autodeterminazione nazionale e il mantenimento dell’attuale status quo rappresentato dal principio di sovranità e d’integrità territoriale.
La scelta politica del governo spagnolo di rispondere al desafío soberanista mediante l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola è stato un campanello d’allarme per alcuni analisti e giuristi internazionali in merito al rischio di erosione della democrazia in Spagna nonché per l’evocazione dello spettro dell’articolo 48 della Costituzione di Weimar, il quale aprì le porte alla possibilità di una dittatura costituzionale da parte del Presidente, o dal capo dello Stato, individuato come “custode della Costituzione”.
Il giurista tedesco Carl Schmitt, nella sua opera “Il custode della Costituzione” del 1931, teorizzava che la difesa della Costituzione nella Repubblica di Weimar era compito esclusivo del Presidente del Reich, a cui spettava prendere particolari decisioni come extrema ratio affinché lo Stato possa uscire da una situazione di occasionalismo che poteva venire a crearsi per varie ragioni.
Difatti, l’articolo 48 della Costituzione di Weimar attribuiva al Presidente del Reich dei poteri straordinari nel caso si fosse verificato uno stato di eccezione, da intendersi come nell’ipotesi di conflitti armati, rivolte o crisi. L’articolo prevedeva pertanto che nell’ipotesi in cui un Land si fosse rifiutato di adempiere agli obblighi imposti dalla Costituzione o da una legge del Reich, il Presidente avrebbe avuto la possibilità di costringerlo ad adempiere anche mediante l’utilizzo delle forze armate, decretando inoltre una sospensione totale o parziale dei diritti fondamentali garantiti.
Al superamento dello stato di eccezione, grazie alle decisioni adottate dal difensore della Costituzione, Schmitt prevedeva il normale ritorno a una fase ordinaria. La teoria di Carl Schmitt, presente nella Costituzione del 1919, si poneva in aperto contrasto con quella di Kelsen, il quale era un forte sostenitore della necessità di porre dei limiti giuridici e delle garanzie costituzionali all’esercizio del potere del governo, così come in relazione al ruolo dei partiti politici i quali sono da considerarsi elementi essenziali per la vita e per il reale funzionamento della democrazia, al contrario del primo che li riteneva dei fattori disgreganti e dissolutori dell’entità politica generale.
L’articolo 37 dell’attuale Legge Fondamentale Tedesca è la fedele riproduzione della prima parte dell’articolo 48 della Costituzione di Weimar, eliminando solo la parte in cui si prevedeva l’uso della forza e la possibilità della sospensione dei diritti fondamentali.
Alla visione schmittiana del governo Rajoy nell’ergersi “custode della Costituzione” come unica soluzione alle ingiuste e contra legem pretese secessioniste della Catalogna, sembrano contrapporsi la lotta per l’egemonia teorizzata dal sardo Antonio Gramsci e la teoria del dualismo del potere di Lenin.
Antonio Gramsci, nei suoi “Quaderni del carcere”, considerava essenziale in tutte le società la lotta per l’egemonia, intesa come risposta alla supremazia di un gruppo o di una classe sociale su un’altra cultura (o classe), essendo l’egemonia culturale un mezzo per perpetuare il controllo sociale su di un paese, anche attraverso l’utilizzo delle forze armate.
Il tanto annunciato “scontro tra due treni” tra il Presidente spagnolo Rajoy e il Presidente catalano Puigdemont, rappresenta uno scontro tra il potere dello Stato spagnolo e la situazione di contropotere dello Stato in cui versa la Catalogna ormai da anni, determinando di fatto un dualismo del potere, il cui concetto venne sviluppato da Lenin nelle sue “Tesi di aprile”.
Il dualismo quindi, si produce quando accanto al potere del governo centrale (rappresentato nel nostro caso dal governo spagnolo), vi è un altro potere il quale non detiene gli organi del potere statale ma è appoggiato da una parte cospicua della popolazione (nel nostro caso la popolazione catalana).
Nella teoria del dualismo non possono coesistere a lungo due poteri nello stesso Stato, perché de facto determina una situazione in cui si produce un equilibrio instabile, arrivando in un certo periodo storico a un bivio in cui o si portano avanti le istanze della maggioranza della propria popolazione, dando realtà a una democrazia effettiva (da qui la sua celebre frase “tutto il potere ai soviet”), o si indietreggia con la consapevolezza di essere annientati.
La riflessione sui principi delle suddette teorie non vuole essere una comparazione tra fatti storici differenti, bensì un punto di partenza per ragionare, oltre alle conseguenze estreme che possono portare la Realpolitik e il positivismo giuridico nel considerare in democrazia la legalità come sinonimo di legittimità, sulla reale necessità di affrontare il tema della sovranità interna e dell’integrità territoriale nel diritto dell’Unione Europea e più in generale nel diritto internazionale, perché la questione catalana è solo uno dei vari casi che potenzialmente potrebbero rappresentare il vaso di Pandora di un’Europa impreparata e attualmente con la fobia dell’autodeterminazione.
La contrapposizione tra questione politica e giuridica è più che evidente nel caso catalano, e i contrasti basati sull’autodeterminazione nazionale, che spesso si traducono in conflitti dotati di una grande longevità, attentano alla pace e alla stabilità nel lungo periodo se non affrontati in modo adeguato dalla comunità internazionale, essendo questi di natura particolarmente complessa e che conducono inevitabilmente a una modifica dell’attuale ordine globale.