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TematicheItalia ed EuropaL’irrisolta questione tedesca nell’era Trump

L’irrisolta questione tedesca nell’era Trump

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Il Dipartimento statunitense del commercio ha concluso l’inchiesta sulle importazioni di auto europee negli Stati Uniti e ha consegnato il dossier alla Casa Bianca. Secondo quanto riportato dal giornale tedesco Handelsblatt – che ha visionato una bozza – il Dipartimento ha stabilito che l’import di auto europee negli USA rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale e ha indicato tre possibili contromisure: dazi del 20-25% (la misura più dura), dazi mirati (per esempio solo sulle auto elettriche), dazi inferiori al 20%  accompagnati da sostegni all’industria automobilistica nazionale.

Secondo la FAZ (altro giornale tedesco), la lobby dell’industria automotive statunitense sta facendo pressione contro l’introduzione di dazi perché questi danneggerebbero anche le loro produzioni per via dell’aumento del costo dei componenti importati dall’Unione Europea. Donald Trump ha 90 giorni di tempo a partire dal 18 febbraio per prendere una decisione, attualmente nessuno sa quale sarà la sua scelta. L’unica certezza è che adesso il presidente degli Stati Uniti ha in mano un’arma negoziale utilizzabile in più modi, sia nella scelta delle contromisure che nella tempistica con cui applicarle, soprattutto in funzione delle scadenze connesse alla Brexit.

Per esempio, Trump potrebbe agire  con una mossa repentina e colpire il settore automotive europeo prima della conclusione di un accordo per la Brexit ormai sempre più difficile. Una mossa del genere metterebbe sotto pressione i negoziatori europei, costretti a cedere su alcune richieste britanniche per evitare una crisi su due fronti aperta dalle tariffe “punitive” degli Stati Uniti da una parte, e da quelle del WTO che entrerebbero automaticamente in vigore tra UK e UE in caso di una Brexit senza nessun accordo. La scelta sarebbe interpretata come una mossa di Washington in soccorso di Londra, sancendo il ritorno a un comportamento più assertivo dello storico asse Angloamericano che a quel punto si schiererebbe contro quello franco-tedesco. Un’applicazione dei dazi così veloce significherebbe anche che Trump ha scatenato la guerra commerciale con l’UE mentre sta ancora negoziando con la Cina, dimostrando di essere disposto ad aprire due fronti.

Altrimenti, la Casa Bianca potrebbe rimandare la decisione il più possibile – tra aprile e maggio – aspettando di sapere quale dei tre scenari della Brexit si sarà effettivamente realizzato. Il primo scenario è uno stallo del negoziato per la Brexit con l’estensione dell’art. 50 e il caos politico a Londra, il secondo è un accordo pieno per una Brexit ordinata che scongiuri il rischio di crisi su due fronti, consentendo all’UE di affrontare la guerra commerciale con gli USA, il terzo è una Brexit senza accordo su cui Trump potrebbe decidere di infierire introducendo i dazi alle auto, come appena descritto.

Comunque vada, in caso di dazi sulle auto europee la Germania sarebbe il paese più colpito, molto più della Francia. Berlino sarebbe indotta a soddisfare alcune delle richieste americane, in maniera da risolvere il prima possibile una guerra commerciale che metterebbe in crisi il modello economico su cui si basa la potenza tedesca. Ma la posizione della Germania sarà influenzata anche dalle scelte della Francia, dal modo in cui Parigi e Berlino troveranno una posizione comune su come affrontare le sfide economiche poste dagli Stati Uniti e dalla Cina, minacce che stanno portando a un asse franco-tedesco più orientato al protezionismo commerciale come si è visto nel caso Alstom-Siemens. Una guerra commerciale così apertamente dichiarata influenzerà l’opinione pubblica tedesca, francese ed europea, con ripercussioni dirette sul risultato delle elezioni europee del 26 maggio. Le implicazioni di una guerra commerciale transatlantica lanciata nei prossimi tre mesi vanno oltre i semplici dossier commerciali, l’Italia rischia di trovarsi in mezzo alla contesa senza possibilità di agire concretamente, in balia delle scelte europee e americane.

La notizia ha causato un’immediata risposta diplomatica, iniziata con il discorso di Angela Merkel alla Conferenza per la sicurezza di Monaco (MSC 2019), dove la Cancelliera ha detto davanti a Mike Pence e Ivanka Trump che trova incomprensibile che le auto tedesche vengano considerate una minaccia alla sicurezza nazionale statunitense visto che gran parte di queste sono costruite in fabbriche americane, sottolineando che lo stabilimento in South Carolina è più grande di quello in Baviera. Ovviamente Merkel ha ragione, anche Trump lo sa bene, ma aprire questo dossier è l’unico mezzo legale per imporre tariffe senza violare le regole del WTO. Jean-Claude Juncker invece ha detto che se saranno introdotti dazi la reazione dell’UE sarà immediata, una delle prime cose a essere messe a rischio sarebbe la promessa di aumentare l’import di soia e gas naturale liquefatto (LNG) statunitense.

Il rapporto USA-Germania è cambiato profondamente negli ultimi anni, ed è sulla questione tedesca che si basano tutte le relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Unione Europea, soprattutto adesso che il Regno Unito è in uscita. Anche dopo la presidenza Trump sarà difficile riportare le relazioni al precedente status quo, le ragioni di conflitto sembrano sostanziali: il surplus della Germania (quindi dell’Eurozona), il progetto per il gasdotto Nord Stream 2, lo scarso impegno nella NATO, la questione del nucleare iraniano e tanto altro.

Nella CDU ci sono politici che vorrebbero imporre una svolta netta al rapporto Washington-Berlino, uno di questi è Norbert Röttgen, presidente del comitato per gli affari esteri del Bundestag. Röttgen vorrebbe annullare la realizzazione del Nord Stream 2 e aumentare il budget per la difesa, con l’idea che fare i primi passi verso le richieste degli USA apra la strada verso una riappacificazione e una relazione più stretta, ma la realtà è che la sua posizione non è maggioritaria nel suo partito, né nel resto del panorama politico tedesco.

La stessa Angela Merkel non ha investito il suo capitale politico verso un approccio di questo tipo, lasciando che la Germania continuasse a capitalizzare al massimo i vantaggi economici dell’Eurozona e i vantaggi diplomatici di vivere all’ombra degli Stati Uniti, approfittando dello spazio d’azione consentito da questo status di neutralità sostanziale. Il tempo dell’ambiguità però sta finendo, ed è proprio per questo che il 2019 sarà un anno importante per la Germania e per l’Europa intera, un anno in cui si cominceranno a capire molte cose sugli assetti geopolitici del mondo di domani.

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