Gli anni post-Guerra Fredda hanno comportato un completo riadattamento della NATO, specialmente in quelle aree dove lo scontro tra le grandi Potenze ha ritrovato vigore. Tra queste la regione dell’Indo-Pacifico è diventata di importanza strategica, in conseguenza dell’ascesa internazionale della Repubblica Popolare Cinese. È proprio in questo contesto che l’Alleanza sta valutando la possibile apertura di canali diplomatici permanenti con gli stati del Pacifico, tra cui proprio la Repubblica Popolare Cinese.
La recente ascesa della Cina nello scacchiere internazionale ha portato la NATO a domandarsi come affrontare una simile sfida, dato che essa vede coinvolti anche alcuni paesi membri del Patto Atlantico. Verso la fine del 2019 si era ipotizzato, come scritto da DefenseOne, che l’Alleanza dovesse incominciare a consolidare le sue relazioni con gli stati della regione Indo-Pacifica. Lo stesso Segretario Generale Jens Stoltenberg nell’ultimo summit di dicembre 2019, tenutosi nella capitale britannica ha dichiarato che è necessaria una reazione unitaria dell’Alleanza alla sfida globale della Repubblica Popolare.
In questo dibattito si ipotizza la possibilità di replicare il modello del Consiglio NATO-Russia proprio con la potenza asiatica.
L’attivismo cinese ha obbligato i vertici della NATO ad effettuare un’analisi seria dei successi cinesi, per valutare l’apertura di canali riguardanti la cooperazione militare. Attualmente la NATO sta cooperando con i paesi della regione dell’Asia orientale come Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Mongolia e Corea del Sud. Per rafforzare la collaborazione con essi è necessario che l’Alleanza costruisca dei rapporti attraverso esercitazioni militari. Ad oggi le esercitazioni sono coordinate dalle forze statunitensi, ma un rafforzamento con le forze di alcuni paesi europei membri dell’Alleanza rafforzerebbe la cooperazione multilaterale. Nell’attuale scontro globale tra Washington e Pechino ci si è concentrati sulle relazioni bilaterali tra l’attuale superpotenza e la Repubblica Popolare, negando che avrebbe influito all’interno della NATO. Forse è necessario rivalutare questo punto. La sfida tra gli Stati Uniti e la Cina è una sfida che può coinvolgere anche il resto del Patto Atlantico. Un Consiglio NATO-Cina potrebbe garantire un canale di comunicazione permanente tra i vertici della NATO e quelli di Pechino, consentendo di avviare colloqui su importanti questioni, inerenti alle tematiche della sicurezza nel teatro dell’Indo-Pacifico. Permangono, però, dubbi sulla possibilità che un NATO-China Council possa garantire un dialogo costruttivo.
Un organismo di questo tipo sarebbe un beneficio anche per Pechino. Infatti, si troverebbe a dialogare con quasi tutti i principali stati europei, sia membri della NATO sia alcuni di essi parte dell’Unione Europea.
Intanto la NATO, secondo quanto scritto dal think tank Atlantic Council, potrebbe iniziare a valutare la possibilità di stanziare nel Pacifico un quartier generale, cooperando con il Comando statunitense della regione, iniziando così un difficile percorso in un teatro che fino a qualche tempo fa l’Alleanza non considerava di sua competenza, lasciando a Washington il compito di garantire la sicurezza regionale.
Il gap tra le forze militari cinesi e quelle statunitensi e dell’Alleanza resta significativo nonostante la modernizzazione delle forze cinesi; la sfida si è spostata sul controllo delle catene di produzione in alcuni settori che, in un prossimo futuro, diverranno strategici in ambito militare. Nel mentre continua il riarmo dei sistemi missilistici della Repubblica Popolare e i test in ambito di armi ipersoniche che sia Washington che Pechino hanno avviato.
Per la NATO avviare un dialogo costruttivo con i vertici militari della Cina è il primo tassello del progetto NATO2030, che secondo le parole del Segretario Generale servirà a rendere globale la proiezione dell’Alleanza.
Francesco Cirillo,
Geopolitica.info