Nel campo profughi di Lipa in Bosnia-Herzegovina, circa 1000 migranti sono costretti a vivere in condizioni al limite della sopravvivenza dopo che il 23 dicembre 2020 il campo è andato a fuoco. Questo fatto ha suscitato un vivo interesse presso i membri del Parlamento Europeo, e una delegazione composta da quattro europarlamentari dell’S&D avrebbe dovuto approfondire la vicenda, con un sopralluogo sul campo previsto per il 30 gennaio scorso. Tuttavia, gli europarlamentari Brando Benifei, Pietro Bartolo, Alessandra Moretti e Pierfrancesco Majorino hanno incontrato serie difficoltà prima di poter visionare il campo.
Il negato tentativo di accesso
La delegazione dei Socialisti & Democratici, uno dei maggiori gruppi parlamentari dell’UE, aveva il preciso compito di verificare di persona l’idoneità delle strutture di emergenza, il supporto umanitario e lo stato delle condizioni igieniche e di salute dei migranti. Inoltre, i rappresentanti avrebbero dovuto ispezionare anche la foresta di Bojna, dove sono state riportate violenze e abusi nei confronti dei rifugiati da parte della polizia di confine. Tale foresta, è stata oggetto di ripetute critiche da parte di numerose organizzazioni internazionali, tra cui l’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR), per essere considerata una “zona grigia” in cui la polizia di frontiera si dedica ad abusi e brutalità anche su minori. La visita e il percorso della delegazione europea erano stati organizzato per tempo e in piena collaborazione con l’ambasciatore croato in Italia, Jasen Mesic. Ciononostante, gli europarlamentari, una volta giunti alla frontiera tra Croazia e Bosnia, sono stati fermati da degli agenti croati che gli ha impedito l’accesso al confine, a causa della apparente presenza di mine. Di fronte alle proteste degli europarlamentari, incaricati di osservare anche il funzionamento dell’Agenzia Europea della guardia costiera e di frontiera (FRONTEX), la polizia croata ha ulteriormente rafforzato il blocco, costringendo la delegazione a retrocedere sui suoi passi.
Le precarie condizioni di vita
Nella tarda serata di sabato 30, il gruppo è finalmente riuscito a superare i controlli e ad entrare nell’area del campo di Lipa per l’ispezione. Quello che gli si è parso davanti era una tendopoli immersa nella neve, senza un sistema di riscaldamento adeguato e con pochissimi servizi igienici essenziali. Tra i mille profughi sono presenti numerosi bambini, nonostante i dati non siano ancora stati verificati. La neve e il gelo ricoprono un inferno di ghiaccio, dove sono presenti solo i volontari della Croce Rossa, della Caritas e della ONG IPSIA, da anni attiva nel cantone di Una Sana a sostegno dei migranti. Già il 7 gennaio, l’organizzazione aveva riportato una crescente tensione nel campo, in cui si sono verificati scioperi della fame e di entrare nelle tende allestite per l’occasione. IPSIA e la Croce Rossa delineavano una situazione “a un passo dalla catastrofe umanitaria” e richiedevano la massima attenzione da parte dell’Unione Europea e degli organismi internazionali per risolverla al più presto.
Brucia il campo di Lipa
Tale situazione si è creata in seguito al rogo del “vecchio” campo di Lipa, il 23 dicembre 2020, che ha costretto all’addiaccio circa 1000 migranti. I mesi scorsi infatti, la Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, aveva più volte rimarcato la necessità di attrezzare il campo di Lipa per i mesi invernali, in quanto sprovvisto della rete fognaria, di acqua corrente e di elettricità. Inoltre, si chiedeva di ospitare altri rifugiati dislocati in rifugi di fortuna nell’area di Bihac. Nonostante l’intenzione da parte del governo di Sarajevo di adattare e migliorare le condizioni del campo, il cantone di Una Sana e la municipalità in cui ha sede il campo di Lipa si sono fortemente opposti alla richiesta. Di conseguenza, non solo è stato vietato l’accesso ai migranti, ma l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) che gestiva il campo ne ha deciso lo smantellamento.
In seguito alla notizia, alcuni rifugiati hanno appiccato il fuoco alle tende per protesta. La tendopoli è bruciata del tutto in poche ore, lasciando all’addiaccio migliaia di migranti. Alcuni di essi hanno cercato di attraversare il confine o di spostarsi verso altri campi ma sono stati subito fermati dalle forze dell’ordine su ordine delle autorità locali. Così facendo, i migranti sono stati costretti a restare nei pressi dell’ormai ex campo, fino a che la Croce Rossa e le ONG locali non hanno prestato soccorso.
Si apre un nuovo capitolo?
Dopo un primo momento di sconcerto, gli europarlamentari hanno sottolineato quanto sia doveroso e necessario per l’UE prendere atto di quanto accada lungo il confine croato, sollevando dubbi sulla trasparenza con cui vengono eseguiti i controlli di frontiera e chiedendo un’urgente revisione delle politiche migratorie dell’UE: “non possiamo non chiederci cosa ci fosse che non dovevamo vedere, oltre le spalle di quegli agenti croati. E che destino riservano quegli agenti a chi, a differenza di noi, non ha alcuna protezione. Quello che ci è chiaro senza ombra di dubbio è che le politiche europee in materia di migrazione vanno cambiate radicalmente”. In conclusione, della loro visita hanno anche affermato che: “L’Europa non può consentire un simile trattamento contrario ai valori di umanità su cui dovrebbe fondarsi la nostra Unione”.