E’ singolare come il Qatar, uno degli Stati più piccoli al mondo popolato da poco meno di un milione e novecentomila abitanti, sia riuscito a sviluppare negli anni un modello politico ed economico molto influente che sta assicurando all’emirato del Golfo un ruolo da protagonista in un contesto tanto complesso come il Medio Oriente.
La straordinaria ricchezza economica e la grande abilità diplomatica dimostrata dal direttorio della famiglia Al Thani (alla guida del Qatar dall’indipendenza del 1971), hanno consentito l’ascesa del minuscolo potentato fino a farne un formidabile player strategico capace di incidere nei più importanti eventi regionali e internazionali.
Lo dimostra il ruolo di peso che Doha ha giocato nelle agende politiche dell’intervento in Libia e della crisi siriana. Senza tralasciare i quattrocento milioni di dollari di investimenti per la ricostruzione della Striscia di Gaza e l’influenza che sta esercitando in Mali, dove i separatisti tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), insieme ad Ansar Dine e al Movimento per l’Unicità e la Jihad nel Africa Occidentale (Mujao), controllano il nord del paese e destabilizzano il Sahel in affiliazione con al Qaeda nel Maghreb islamico.
Da mesi, si susseguono voci di importanti trasferimenti di denaro da parte della petromonarchia a queste formazioni islamiste, le quali, peraltro, negli ultimi giorni hanno iniziato ad applicare la severa legge coranica, la sharia. Un sostegno economico che potrebbe risultare piuttosto imbarazzante da giustificare per le Cancellerie di Parigi e Washington, da anni vicine all’emirato qatariota. L’irruzione da protagonista sulla scena internazionale è in gran parte correlata all’influente capacità mediatica che il piccolo emirato è in grado di esercitare attraverso l’emittente Al Jazeera, che ha seguito fin dall’inizio le proteste che hanno sconvolto gli equilibri del mondo arabo. Di proprietà de facto del governo qatariota, nel corso dei suoi 17 anni di vita, la stazione televisiva è riuscita a diventare il più importante network del mondo arabo.
L’analisi del ruolo di Al-Jazeera, però, non può prescindere dalla volontà del suo proprietario, l’emiro del Qatar Hamad bin Khalifa Al Thani, di trasformare il suo paese nel centro culturale della regione per consentirgli di assumere maggiore importanza nello scacchiere politico mediorientale. La rivoluzione di Al Jazeera ha portato il Qatar fuori dai suoi limitati confini e, allo stesso tempo, ha permesso l’ingresso nell’emirato di spettatori non più regionali, bensì globali. E pensare che inizialmente l’investimento di Al Thani era stato oggetto di scherno da parte degli altri tycoon mediorientali. L’ascesa del micropotentato è stata graduale e ponderata, ma soprattutto favorita da diversi elementi. Primo tra tutti, la ricchezza di materie prime che scorrono nel sottosuolo, che ha trainato la crescita economica degli ultimi dieci anni posizionando il Qatar tra i giganti mondiali dell’energia e portando diffusa ricchezza tra la popolazione.
Negli anni sessanta partirono le esplorazioni che portarono alla luce un tesoro di gas naturale liquefatto (GNL) tale da rendere il Qatar il primo esportatore al mondo di questo combustibile eco-friendly, con una con una capacità produttiva pari a 77 milioni di tonnellate annue, secondo gli ultimi dati della Banca Mondiale.
Un altro fattore che ha determinato l’affermazione a livello internazionale del piccolo Stato è il notevole dinamismo economico qatariota che trova conferma nel varo di un poderoso piano di investimenti infrastrutturali, volto ad accrescere la capacità del sistema produttivo ed estrattivo, oltre ad aumentare la quota di mercato internazionale con l’attrazione di capitali esteri nei settori della manifattura e dei servizi.
Lo Stato incoraggia la partecipazione di società straniere agli investimenti, mettendo a disposizione vari incentivi.
In particolare, la Qatar Development Bank (QDB, il principale gruppo di investimenti nazionale) offre un’assistenza ad ampio raggio alle imprese estere che intendono operare in joint-venture con imprese locali.
Un altro segno tangibile del crescente protagonismo del Qatar è stata l’elezione, da parte della FIFA, a sede ospitante dei Mondiali di calcio 2022. L’ambita aggiudicazione potrebbe dare ulteriore slancio all’economia qatariota attraverso adeguati piani di sviluppo urbano ed infrastrutturale. Primo fra tutti il nuovo aeroporto internazionale di Doha, un progetto da 11 miliardi di dollari che sarà realizzato entro il 2014 e farà della capitale del Qatar uno snodo per i trasporti di merci e passeggeri tra Asia ed Europa. La nuova struttura consentirà alla già dinamica compagnia di bandiera, la Qatar Airways, di detenere un ruolo ancora più significativo nel panorama internazionale dei trasporti aerei.
Importante anche constatare come la crisi finanziaria abbia avuto, rispetto ai principali competitor regionali quali Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, effetti più limitati sui bilanci delle banche, anche grazie all’intervento della Qatar Investment Authority (QIA, il fondo sovrano di investimento della famiglia Al Thani) che si è impegnata, attraverso una ricapitalizzazione, ad acquistare fino al 20% del capitale delle banche che ne avessero fatto richiesta. Inoltre, l’aumento della produzione e della commercializzazione di GNL, hanno permesso alla Qatar National Bank di prevedere per il 2012 una crescita del PIL nazionale intorno al 20%, con un tasso di inflazione intorno all’1% e un’eccedenza fiscale che farebbero di Doha la quinta economia dell’intero Medio Oriente.
Previsioni confermate anche dal Fondo Monetario Internazionale. Per continuare ad affermarsi come un protagonista della scena mondiale, la famiglia reale è ricorsa anche all’arte, acquistando per oltre 250 milioni di dollari di una delle cinque versioni dei Giocatori di carte, il dipinto più famoso del maestro post-impressionista francese Paul Cezanne che sarà esposto nel nuovo Museo Nazionale di Arte Moderna, che si inaugurerà nel 2014.