Quando sentiamo parlare di terrorismo islamico, il primo nome che ci viene in mente è quello dell’ISIS, attivo soprattutto in Siria ed Iraq, o quello di Al Qaeda, noto per gli attentanti dell’11 settembre 2001. Secondo l’analisi del National Consortium for the Study of Terrorism and Responses Terrorism, l’84% degli attentati terroristici di matrice islamista sono avvenuti tra Medio-Oriente,Asia ed Africa e queste zone rappresentano anche il 95% delle vittime di terrorismo nel mondo.
L’Africa da sola conta circa il 25% degli attacchi terroristici avvenuti nel mondo ed è dunque, dopo l’Asia, il continente più colpito dal terrorismo. Stando quindi ai dati sopra riportati non si può parlare di terrorismo islamico senza analizzare i suoi effetti sul continente africano. In Africa sono presenti innumerevoli gruppi terroristici islamici affiliati ad ISIS o ad Al Qaeda e altri movimenti di matrice islamica. Tra i più importanti troviamo Al-Shabaab, cellula di Al Qaeda operante tra Somalia, Kenya e Uganda, e Boko Haram operante tra Nigeria, Niger, Camerun e Ciad ed affiliato all’ISIS.
Negli ultimi anni Al-Shabaab ha superato Boko Haram in termini di attacchi e vittime, diventando il gruppo terroristico più pericoloso dell’Africa totalizzando nel 2018, 1593 attacchi rispetto ai 500 portati a termine da Boko Haram, senza contare che i 4557 decessi (contro i 3329 di Boko Haram) relativi agli attentati compiuti da Al-Shabaab corrispondono a quasi il 44% del totale delle vittime causate nel 2018 dal terrorismo di matrice islamica in Africa.
Al-Shabaab: origine ed evoluzione
Al-Shabaab (in arabo “gioventù”) nasce nel 2006 come movimento giovanile estremista, all’interno dell’Unione delle Corti Islamiche, una rete di gruppi islamici che nel 2006 si schiera contro il Governo federale di transizione somalo. Dopo la sconfitta e la dissoluzione dell’Unione, avvenute nel dicembre 2006, Al-Shabaab riesce ad emanciparsi e ad emergere come gruppo autonomo schierandosi anch’esso contro il Governo federale di transizione, anche grazie all’arrivo di ex-veterani della precedente guerra civile somala, oltre che agli ex-militanti dell’Unione delle Corti Islamiche. Nel corso del tempo, la cellula terroristica ha esteso la sua influenza su diversi territori, imponendo alle popolazioni locali una versione ristretta della sharia–la legge coranica. Per quanto concerne l’aspetto ideologico, Al-Shabaab si è sempre contraddistinto per la sua duplice anima: una più radicale, influenzata dalla dottrina wahabita tipica dei Paesi del Golfo e un’altra più ‘autoctona’ e nazionalista, che mira alla costituzione di un Emirato nel Corno d’Africa.
A partire dal 2011 Al-Shabaab si è reso responsabile di vari attentati nel nord del Kenya. Il rischio di altre azioni armate da parte del gruppo terroristico somalo ha spinto il Kenya ad appoggiare la Somalia e l’operazione Linda Nchi (traduzione somala di “proteggere il paese”) per cercare di contenere il movimento. L’operazione ha ridotto considerevolmente il numero dei guerriglieri di Al-Shabaab, che sono passati da più di 15 mila a circa 6 mila.
L’affiliazione con Al-Qaeda, ufficializzata nel 2012, porta al gruppo somalo nuova forza e potere dopo un breve periodo di crisi causato dalla perdita del controllo di una parte del territorio ed alle numerose defezioni dei miliziani. Il connubio con il gruppo capeggiato da Al-Zawahiri ha modificato profondamente l’aspetto del movimento, con un arrivo importante di combattenti, in particolare da Afganistan e Arabia Saudita, e proprio questi ultimi hanno introdotto nella strategia degli attacchi la tecnica degli attentati suicidi, precedentemente rifiutata da Al-Shabaab.
Il teatro operativo
La Somalia rappresenta il principale teatro operativo del gruppo terroristico. Negli ultimi anni i jihadisti hanno perpetrato un grande numero di attacchi contro una serie di obiettivi specifici a Mogadiscio, tra cui alberghi che ospitano stranieri, posti di blocco militari ed aree adiacenti ai palazzi governativi. L’azione terroristica più rilevante e cruenta è quella condotta, tramite un autobomba, davanti ad un hotel vicino al Ministero degli esteri a Mogadiscio (14 ottobre 2017). L’attentato ha provocato la morte di oltre 320 persone, considerato il più grave atto terroristico nella storia della Somalia e definito “l’11 settembre somalo”.
Dopo l’affiliazione con Al-Qaeda, Al-Shabaab ha esteso il proprio raggio d’azione, iniziando ad attaccare anche il Kenya. Nel settembre del 2013, i fondamentalisti somali hanno rivendicato l’attacco armato al centro commerciale Westgate di Nairobi, che ha provocato la morte di oltre 60 persone. Un anno e mezzo dopo, nell’aprile del 2015, un commando di terroristi di Al-Shabaab ha fatto irruzione all’interno della North Eastern Garissa University uccidendo 150 persone. L’ostilità degli estremisti somali verso il Kenya è da ricercare nel contributo che quest’ultimo fornisce, in termini di truppe, alla missione dell’Unione Africana Amisom. Al-Shabaab ha rivendicato attentati anche in Uganda, Etiopia e Gibuti.
Il Dipartimento di Stato americano nell’ultimo Country Rreport on Terrorism evidenzia come la milizia islamista mantenga un certo controllo in alcune zone rurali della Somalia, nonché una presenza destabilizzante in alcune aree urbane, dove è ancora in grado di operare in relativa sicurezza. Negli ultimi annil’ISIS è diventato competitor locale di Al-Shabaab contentendone l’egemonia per il corno d’Africa. Nel 2015 Abdul Qadir Mumin, uno dei leader del gruppo somalo, ha giurato fedeltà al Califfato di Al-Baghdadi, provocando una scissione interna al movimento. Dopo l’affiliazione a Daesh, Mumim si è rifugiato nella zona del Galgala dove sono state allestite le prime basi operative della branca somala dell’ISIS.
La nuova cellula jihadista, nonostante le dimensioni ridotte, è riuscita ad incorporare al suo interno alcuni clan locali. In più, fanno parte del network terroristico di Mumimanche ex miliziani di Al-Shabaab e combattenti dell’ISIS provenienti dalla Siria, Iraq e Libia. I rapporti tra i due gruppi fondamentalisti sono chiaramente conflittuali, la leadership di Al-Shabaab ha annunciato una ferrea presa di posizione contro Mumim e i suoi seguaci, minacciando di morte chi sceglie di unirsi all’organizzazione rivale. A sua volta, il Califfato ha promesso ritorsioni e rappresaglie in risposta alle intimidazioni degli avversari.
L’amministrazione Trump
Un altro fronte di scontro importante del gruppo terroristico somalo è quello contro gli Stati Uniti. Da quanto Donald Trump è diventato presidente gli attacchi aerei degli Stati Uniti sono aumentati sensibilmente. Secondo i dati del Dipartimento di Difesa americano gli attacchi aerei compiuti dagli Stati Uniti in Somalia lo scorso anno sono stati 47 e hanno ucciso 326 persone. L’intensità dei bombardamenti nei primi mesi del 2019 suggerisce un aumento ulteriore degli attacchi nell’anno incorso rispetto al precedente. Inoltre è aumentato anche il numero delle persone uccise, che il governo americano continua a classificare solamente come miliziani di Al-Shabaab, non riconoscendol’esistenza di morti civili.
Non c’è stato, quindi, alcun cambio di strategia deciso dall’amministrazione Trump: la missione americana continua a fornire sicurezza al governo somalo, aiutandolo a sviluppare un esercito e un’intelligence stabili per fronteggiare la minaccia terroristica. Oggi in Somalia ci sono circa 500 soldati statunitensi, per lo più forze speciali con funzioni di addestramento dell’esercito e delle truppe anti terrorismo locali.
Come dimostra una recente analisi dell’Africa Center for Strategic Studies gli attacchi operati daparte di Al-Shabaab sono in calo rispetto all’anno precedente ma sono controbilanciati dall’aumento dell’insorgenza nel Sahel. Nonostante ciò, Al-Shabaab continua ad essere il gruppo più attivo in Africa, le vittime del movimento somalo corrispondono al 42% del totale relativo all’insorgenza ditutti i gruppi militanti islamici attivi in Africa.
L’Heritage Institute for Policiy Studies di Mogadiscio ha pubblicato un report sulla situazione politico-militare in Somalia dal quale si evince che nonostante abbia circa 22 mila effettivi, l’AMISOM da sola non ha più la forza per sconfiggere i ribelli islamici. Detto ciò e considerati gli studi più recenti almeno nel medio termine Al-Shabaab continuerà a costituire una seria minaccia per la Somalia, per l’AMISOM e per la sicurezza di altri paesi quali Kenya e Uganda.
In conclusione, il terrorismo islamico in Africa è un terrorismo violento ed in espansione, che seppur in alcune zone conti meno vittime, può rappresentare un problema anche per l’Europa. In Libia, ad esempio, il jihadismo è un problema ancora non risolto, Al-Qaeda sta estendendo le sue ramificazioni nel Magreb e il Sahel sta diventando sempre di più il centro propulsore del terrorismo di matrice jihadista e di certo le rotte dei migranti aiutano il trasferimento di jihadisti e potenziali jihadisti nelcuore del nostro continente.