Il vertice dei leader dei membri dell’Unione Europea (Ue) e del Partenariato Orientale (PO), tenutosi virtualmente il 18 giugno scorso, ha ribadito l’importanza strategica dei Paesi dell’Est Europa nella politica estera dell’UE. I Paesi direttamente confinanti con l’Unione – Bielorussia, Moldova e Ucraina – hanno intensificato la propria cooperazione all’interno del PO, ma secondo tempi e modalità diversi l’uno dagli altri.
La video conferenza tra i 27 membri Ue, la Presidente della Commissione Europea von der Leyen, l’Alto Rappresentante Borrell e i sei partner orientali (Azerbaijan, Armenia, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina) ha trattato, oltre che della crisi legata al COVID-19, dello stato attuale e delle prospettive future del PO. Questo incontro è avvenuto in un momento cruciale, in cui vengono valutati i progressi inerenti ai ’20 obiettivi per il 2020’ prefissi per i partner orientali in ambito politico, economico e sociale e in termini di società civile e connettività. A 11 anni dall’istituzione del Partenariato, nato come diramazione della Politica Europea di Vicinato, sono ancora visibili alcune macrotendenze che, in misure diverse, interessano tutti i Paesi tra l’Ue e la Russia: il declino demografico dovuto alle migrazioni, il deficit in termini di sicurezza, e la mancata o accidentata transizione democratica. Tuttavia, il crescente policentrismo della regione, per il quale molteplici attori internazionali (come gli USA, la Cina e l’Ue stessa) condividono o si contendono l’area precedentemente controllata unicamente dall’Unione Sovietica, contribuisce ad alimentare le divergenze nei percorsi politici di Ucraina, Moldova e Bielorussia. L’Ue è cosciente di queste differenze, le quali hanno determinato la crescente dimensione ‘a più velocità’ del PO: Moldova e Ucraina, nonostante le rispettive specificità, sono arrivate ad occupare all’interno del Partenariato una posizione più avanzata rispetto alla Bielorussia in ambito politico, economico ed istituzionale. Per questo motivo, la performance legata ai ’20 obiettivi per il 2020’ di questi due Paesi risulta generalmente migliore.
Le traiettorie di Ucraina, Moldova e Bielorussia
L’Ucraina è legata all’Ue da un Accordo di Associazione (un framework normativo per i legami politici ed economici tra le due entità politiche), ha accesso alla Deep and Comprehensive Free Trade Area (DCFTA), e gode della liberalizzazione dei visti per soggiorni di breve durata nell’Unione. La cooperazione tra Kyiv e Bruxelles si svolge secondo il principio di condizionalità, per cui a fondi e aiuti europei devono corrispondere sviluppi politici nella direzione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Questo ha portato a diversi successi, anche se problemi strutturali, primo fra tutti la corruzione, scoraggiano l’arrivo di fondi e investimenti dall’estero e rallentano i processi di riforma. La presidenza Zalensky ha fatto sperare in un ulteriore miglioramento nei rapporti con l’Ue grazie alla rinnovata vicinanza ai partner occidentali e simultaneamente all’apertura verso mediazioni con la Russia, determinanti per la stabilità economica, politica e sociale del Paese. Ma per quanto riguarda la lotta alla corruzione, leit motif della campagna elettorale di Zalensky, la strada si è rivelata più dura del previsto. Il fatto che diversi oligarchi ucraini (primo fra tutti Kolomoisky, legato personalmente a Zalensky) occupino ancora la scena politica, e che il governo Shmyhal, insediatosi lo scorso marzo, contenga personalità già note durante i governi precedenti, potrebbe ripercuotersi sulla portata dei fondi provenienti dall’Ue. Di fatto, nonostante la resistenza a processi di riforma radicale, tra i partner orientali l’Ucraina resta uno dei più impegnati ad allinearsi con politiche e valori dell’Unione.
La Moldova, come l’Ucraina (e la Georgia), è uno dei partner orientali più integrati con l’Ue. Il Paese fa anch’esso parte della DCFTA grazie ad un Accordo di Associazione, e partecipa attivamente ad iniziative per il raggiungimento degli obiettivi formulati nell’ambito del PO. La prospettiva di una crescente integrazione europea continua a determinare la politica interna ed estera di Chisinau ma, come in Ucraina, intenzioni e proclami non sono sempre andati di pari passo con riforme ampie e tangibili. Infatti, i principali progressi sono finora avvenuti in aree che non richiedono profondi cambiamenti strutturali in senso democratico, e in cui i vantaggi per la Moldova sono manifesti sul breve termine. I rapporti del Paese con l’Ue hanno subito variazioni notevoli, da un iniziale euroscetticismo, al ruolo di fiore all’occhiello del PO, alla disillusione da parte dell’Unione a seguito di importanti scandali bancari e alla distribuzione non omogenea tra la popolazione dei benefici apportati dalla cooperazione con l’Unione. Per questo l’Ue sembra sottolineare il carattere normativo del rapporto con la Moldova, specialmente in termini di diritti umani e stato di diritto. L’attuale primo ministro Chicu, nominato nel novembre 2019 a conclusione della crisi politica che ha colpito il Paese, benché sia considerato un tecnocrate e abbia rinnovato l’impegno nel confronti delle istituzioni occidentali, proviene da ambienti filo-russi. Ciò ha allarmato l’Unione, ma quest’anno Chicu ha rassicurato che il futuro del suo Paese è nell’integrazione europea. L’accesso all’Ue sembra ancora lontano, ma la Moldova rimane in prima linea tra i partner orientali.
La posizione della Bielorussia nel PO è differente. Il Paese non ha stipulato un Accordo di Associazione con l’Ue e si trova principalamente nella sfera di influenza della Russia, che rimane anche il primo partner commerciale, sebbene l’invasione russa della Crimea abbia determinato la rinascita del nazionalismo bielorusso. La presidenza di Lukashenko, soprannominato ‘l’ultimo dittatore d’Europa’, è caratterizzata da frequenti violazioni di diritti umani e dalla censura de facto dei media. Questo fa sì che i rapporti istituzionali rimangano deboli con l’Ue, che non si trova nelle condizioni di garantire a Minsk tanti fondi quanti quelli erogati ad altri membri del Partenariato. Oltretutto, l’acccesso del Paese a strumenti europei resta limitato anche a causa della non-adesione della Bielorussia al World Trade Organization e alla sua partecipazione all’Unione Economica Euroasiatica, dominata dalla Russia. La partecipazione della Bielorussia al PO non è mai stata scontata, ed è dettata più da considerazioni pragmatiche da parte di Minsk che dalla condivisione degli ideali europei. La differenziazione tra partner orientali più o meno integrati con l’Eu ha dunque permesso alla Bielorussia di perseguire progetti che non interferiscono eccessivamente nella politica del Paese. Inoltre, la dimensione multilaterale del Partenariato fa sì che anche se i rapporti con l’Ue restano tesi, la Bielorussia disponga di un quadro normativo in cui sviluppare le proprie relazioni con gli altri partner orientali. Recentemente si è assistito a quello che probabilmente è il maggiore successo delle relazioni bilaterali tra Ue-Bielorussia: l’entrata in vigore, lo scorso 1° luglio, degli accordi di facilitazione del rilascio dei visti e di riammissione dei migranti irregolari. Ma se l’ingresso nell’Ue nel medio termine per Ucraina e Moldova è improbabile, per la Bielorussia è ancora più remoto.
Le prospettive future
L’ammissione dei partner orientali nell’Ue rimane una prospettiva lontana anche per l’incompatibilità politica ed economica dei partner stessi con l’acquis comunitario, ma prima di tutto per motivi interni all’Unione, alle prese con le proprie sfide interne e la cosidetta ‘fatica da allargamento’. Questo non vuol dire che il PO non abbia recato benefici ad entrambe le parti e che non si stiano compiendo importanti passi in avanti. Lo scorso giugno, per esempio, il Parlamento Europeo ha invitato alla creazione di uno spazio economico comune tra Ue e i sei partner orientali. Il successo del Partenariato non dipende però solo dalla buona volontà dei partner orientali di perseguire riforme. Sarà compito dell’Unione sviluppare gli approcci differenziati adottati verso ciascun Paese, valutando con cautela allo stesso tempo i rapporti con la Russia. Inoltre, nell’ottica di un’ulteriore integrazione, l’Ue dovrà non solo rafforzare i legami con la società civile dei Paesi partner (per il cui scopo sono già a disposizione diversi strumenti istituzionali), ma anche monitorare l’opinione pubblica e favorire una corretta informazione sul PO nei 27 stati membri.
Marta Fraccaro,
Geopolitica.info