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L’Etiopia nel Corno d’Africa attraverso le parole di Arturo Luzzi, Ambasciatore d’Italia ad Addis Abeba

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Le recenti tensioni tra Egitto, Sudan ed Etiopia riguardo la gestione delle acque del Nilo Azzurro sono solo uno dei dossier che vedranno coinvolta Addis Abeba nei prossimi mesi. Le gravi conseguenze della pandemia su uno Stato da oltre cento milioni di abitanti, che negli ultimi anni ha intrapreso una strada verso una rapida crescita economica, nella speranza di contrastare povertà endemica e sottosviluppo; la ripresa del conflitto in Tigray e le tensioni di confine con il Sudan nella regione di al- Fashqa; le elezioni generali previste per il prossimo giugno. L’insieme di questi dossier ha ripercussioni non solo sulla politica e sull’economia etiope, ma anche sugli interessi delle aziende italiane in Etiopia, storicamente molto presenti nel sistema economico del Paese. Abbiamo quindi posto le domande all’Ambasciatore d’Italia ad Addis Abeba, Arturo Luzzi, per conoscere e riflettere sulla delicata situazione etiope.

D-Le decennali tensioni tra Egitto, Sudan ed Etiopia riguardo la costruzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) si sono deteriorate ulteriormente lo scorso luglio a seguito della prima fase di riempimento della Diga. Dopo mesi di trattative rilanciate più volte sotto l’egida dell’Unione Africana, prima a guida sudafricana, poi congolese, non è stato ancora trovato alcun accordo. Inoltre, se Egitto e Sudan spingono per un maggiore coinvolgimento in sede negoziale delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, l’Etiopia si appoggia al concetto di “African solutions for African Problems” sostenendo la centralità dell’Unione Africana nella risoluzione delle tensioni. In questo contesto complesso e delicato che ruolo ha ricoperto e sta ricoprendo la diplomazia italiana ed europea?

I negoziati trilaterali sulla GERD, prima della facilitazione dell’Unione Africana, hanno visto gli USA svolgere un ruolo simile sotto l’Amministrazione Trump, condotto principalmente dal Ministro del Tesoro e non dal Dipartimento di Stato. Ci sono state riunioni convocate a Washington ma il negoziato non ha avuto sviluppi sostanziali risolutivi anche per via di una tendenza, abbastanza evidente, degli USA di privilegiare all’epoca le posizioni egiziane, anche in un’ottica di riavvicinamento tra Egitto e Sudan in previsione della cancellazione delle sanzioni a quest’ultimo Paese. Riavvicinamento che di fatto è poi avvenuto e che ora si configura quale una vera e propria intesa tra questi due Paesi non solo sulla questione della GERD ma verosimilmente anche in altri ambiti a discapito dell’Etiopia.

Addis Abeba tende a privilegiare il ruolo di facilitatore dell’Unione Africana, già svolto dalla Presidenza sudafricana e ora svolto da quella di turno congolese, sia per una coerenza con il principio “African solutions for African problems”, spesso invocato anche dalla Comunità occidentale, sia nella convinzione che in ambito africano il sostegno di cui gode Addis Abeba sia superiore rispetto a quello che potrebbero dare USA, Nazioni Unite e la stessa Unione Europea, con quest’ultima su posizioni critiche nei confronti della dirigenza etiopica sulle vicende in Tigray.

L’UE svolge comunque un importante ruolo di osservatore e potrebbe certo contribuire anche a livello tecnico a ricercare soluzioni all’annosa questione della GERD. L’Arabia Saudita ha presentato una proposta di “quintetto” (AS, USA, UN, UK, UE) proprio per superare l’attuale impasse, proposta che Addis Abeba potrebbe anche accettare se il ruolo del quintetto restasse nell’ambito di proposte tecniche su specifica richiesta dei tre Paesi direttamente coinvolti nel negoziato. La proposta saudita non sembra però interessare Il Cairo. Allo stesso modo, Il Cairo e Khartoum hanno rigettato la proposta etiopica di uno scambio d’informazioni e dati sulla gestione delle acque del Nilo, ritenendo irrinunciabile la loro richiesta di pervenire ad un accordo generale vincolante prima del riempimento dell’invaso. Addis Abeba non ritiene di essere obbligata a concludere un accordo vincolante ma è disponibile ad intese più agili ed anche relative a fasi successive.

L’Italia ha sulla problematica della GERD una posizione di cautela, ritenendo che il negoziato tra i tre Paesi sia l’unica via percorribile, con la facilitazione o mediazione di terze parti su cui vi sia unanime accettazione da parte di Etiopia, Egitto e Sudan. Questo è il messaggio che abbiamo sempre veicolato in occasione di incontri e colloqui a livello politico e non abbiamo ritenuto di proporci quali facilitatori essendoci già altri autorevoli partner coinvolti.

D-Non solo le crescenti tensioni concernenti l’utilizzo delle acque del Nilo Azzurro, ma anche gli altri focolai di crisi al confine con il Sudan nel territorio di al-Fashqa, e quelli al confine eritreo nel Tigrai preoccupano il governo etiope. Questi delicati dossier che coinvolgono l’Etiopia quali conseguenze stanno portando ai numerosi gruppi imprenditoriali italiani profondamente legati all’economia etiope? In particolare, emergono settori particolarmente colpiti?

La situazione in Etiopia è particolarmente complessa ed anche a livello regionale sono evidenti le ripercussioni in termini di sicurezza e di riposizionamento di alcune alleanze. I rapporti tra Addis Abeba e Asmara si stanno consolidando sempre più anche con il coinvolgimento della Somalia. Da questo processo potrebbero aprirsi anche scenari favorevoli per l’Italia e le nostre aziende, proprio per il ruolo tradizionalmente da noi svolto in questi tre Paesi.

Il conflitto in Tigray, i problemi di sicurezza in altre regioni del Paese, la disputa confinaria con il Sudan, la questione della GERD ma anche le difficoltà sul piano socioeconomico aggravate dalla pandemia, che rappresenta in Etiopia una crescente fonte di preoccupazione sul piano sanitario e non solo, sono certamente tutti fattori che rendono più complicate le attività imprenditoriali. Evidentemente anche le nostre aziende operanti in Etiopia risentono di questo clima e alcune hanno dovuto subire conseguenze anche gravi, si pensi a Calzedonia che ha interrotto le attività produttive nel magnifico impianto che hanno a Macallè. Altre aziende, ad esempio nei settori delle costruzioni, delle grandi opere, alimentare, per citarne alcuni, riescono comunque a lavorare con soddisfazione. Certamente le sfide che anche in campo economico si trova ad affrontare il Governo etiopico sono importanti. Queste sfide saranno anch’esse prioritarie nell’agenda del Governo che si formerà dopo le elezioni generali previste ad oggi il 5 giugno.

D-Invece i rapporti diplomatici tra Italia ed Etiopia hanno subito ripercussioni? In particolare, l’Italia che posizione ha sulla questione della GERD? In che modo la diplomazia italiana sta osservando questo importante dossier, considerando anche i rapporti con l’Egitto? È auspicabile o meno un’internazionalizzazione della questione?

L’Italia è un partner di primo piano per l’Etiopia e i nostri rapporti sono solidi e caratterizzati da una tradizionale amicizia e collaborazione. Paesi uniti da vincoli solidi devono saper parlare francamente e di conseguenza non nascondiamo ai nostri amici etiopici che siamo preoccupati della situazione generale che attraversa il Paese e li esortiamo a riprendere la strada del dialogo e della riconciliazione nazionale per proseguire il percorso virtuoso di riforme che il Governo del Primo Ministro Abiy aveva intrapreso in maniera efficace già dal 2018. Al contempo, siamo consapevoli che questo non dipende solo dal Governo. Sulla problematica specifica della GERD, come dicevo sopra, riteniamo che il negoziato tra i tre Paesi sia l’unica via percorribile, con l’aiuto di terze parti accettate da Etiopia, Egitto e Sudan. 

D-Infine, è possibile trattare le tensioni legate all’utilizzo delle acque del Nilo Azzurro da parte degli stati rivieraschi indipendentemente dagli altri dossier aperti che minacciano la stabilità dell’Etiopia? Sappiamo che l’Etiopia considera la realizzazione della GERD come un importante passo verso lo sviluppo del Paese, ma allo stesso tempo l’Egitto ha avvertito più volte che le azioni di riempimento unilaterali da parte etiope potrebbero portare a “serie conseguenze”, di fatto elevando la questione in un’ottica di sicurezza nazionale. Quali sono gli scenari in questo caso? È pensabile che l’Etiopia possa continuare a gestire le acque del Nilo Azzurro in maniera unilaterale, senza che vi siano accordi fra gli Stati rivieraschi?

L’Etiopia ha certamente necessità di rendere operativa la GERD per colmare un grave deficit energetico che, di fatto, compromette lo sviluppo del Paese. L’opera è stata interamente finanziata dagli Etiopici e Addis Abeba ritiene che sia un proprio diritto utilizzare le acque che scorrono sul proprio territorio per migliorare le condizioni di vita della popolazione. Certamente l’Etiopia ha assicurato che non intende arrecare pregiudizio agli interessi del Sudan e dell’Egitto e sostiene, anzi, che questi Paesi potranno ottenere benefici dall’operatività della diga in termini sia di una più efficace gestione delle acque che di accresciute possibilità di approvvigionamento energetico.

Se vi è volontà di legare la problematica della GERD ad altre, evidentemente non è da parte etiopica, che certamente farebbe a meno della disputa confinaria con Khartoum. Addis Abeba ritiene di aver dimostrato buona volontà negoziando da anni ma non intende sottostare alla richiesta di un previo accordo vincolante prima di procedere a una nuova fase di riempimento dell’invaso. Ufficialmente le autorità di Addis Abeba hanno a più riprese ribadito che, con la stagione delle piogge, procederanno in tal senso per rendere fruttuoso un investimento ingente e assolutamente prioritario, che hanno portato avanti con le proprie forze. Se ciò dovesse effettivamente avvenire, mi auguro che siano serenamente valutate sul piano tecnico le conseguenze, positive o negative, da parte degli altri due Paesi e che si prosegua sulla strada del negoziato, senza esasperare ulteriormente la situazione.   

Raffaele Ventura, Thomas Bastianelli
Geopolitica.info

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