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Covid-19L’emergenza Coronavirus porterà davvero benefici all’ambiente?

L’emergenza Coronavirus porterà davvero benefici all’ambiente?

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Il limbo in cui ci ha scaraventati l’emergenza del Covid-19 ha evidentemente avuto risvolti e implicazioni particolari, a cui noi tutti ci siamo dovuti adattare. Il lavoro con mascherine e guanti, la quarantena forzata, le file al supermercato più vicino, lo ‘smartworking’ e molte altre abitudini entrate a forza dentro la nostra quotidianità sono solo una parte di esse.

Se allarghiamo il campo visivo e cerchiamo di osservare gli effetti globali di queste conseguenze, ne possiamo già riscontrare alcuni trasversali, come per esempio il mondo del lavoro che si adatta e (forse) trasforma, oppure l’economia mondiale in crisi. Un altro fattore di cui si è cominciato a discutere, in relazione al Covid-19, è il tema dell’inquinamento e dell’ambiente. 

Appare logico che, con la drastica riduzione degli spostamenti da parte della popolazione, a seguito delle restrizioni dei vari governi, l’inquinamento nell’atmosfera si sia significativamente abbassato. Bisogna però comunque considerare che, in periodi del genere, è vero che il livello di emissioni di CO2 dovute al traffico automobilistico cala, ma in compenso si registra un aumento delle emissioni domestiche visto il maggior uso dei riscaldamenti nelle case, a causa della presenza costante di persone nelle abitazioni. 

Diverse foto scattate dai satelliti dimostrano come l’inquinamento sia calato, in queste settimane di ‘ibernazione’ della società, specialmente nelle zone più colpite. Le città cinesi e lombarde più pulite, le acque limpide di Venezia libere da imbarcazioni e così via. Quindi, se qualcuno dovesse fare lo sforzo di cercare un lato positivo emerso da questa crisi mondiale, potrebbe trovarlo in una sorta di rafforzamento dell’ambiente? Dare una risposta affermativa a questa domanda forse sarebbe azzardato oltre che semplicistico. 

Se infatti l’inquinamento oggi è frenato, quello che ci aspetta nel prossimo futuro farà probabilmente scordare questa parentesi. Come si può leggere da un recente articolo sul ‘The Economist’, i periodi storici in cui il mondo viene attraversato da una qualsiasi crisi, ed in cui per diversi motivi l’inquinamento cala, vengono poi sempre seguiti da una risalita e accelerazione maggiore delle emissioni.  

E’ successo nel’73 e nel ’79 con le crisi petrolifere, o nel ’91 con la caduta dell’URSS, così anche dopo la crisi economica del 2008/2009. In quest’ultimo caso l’emissione di combustibili fossili calò dell’1,4%, ma solo l’anno dopo, nel 2010, crebbero del 5,9%, molto più di quanto non facessero dal 2003. Purtroppo il rischio di ripercorre una strada simile anche questa volta è molto alto. 

I movimenti ecologisti, ma direi chiunque abbia a cuore questo tema,  sono impegnati, soprattutto in questo momento, nel sensibilizzare la società, puntando molto su di una possibile transizione industriale e civile verso il ‘green’. L’utilizzo di fonti alternative energetiche e soprattutto lo sviluppo di tecnologie sostenibili per l’ambiente, sono i principali cavalli di battaglia portati avanti. Ma ci sono diversi ostacoli da superare. 

Due su tutti: il primo è il prezzo del petrolio che nelle ultime settimane è prima calato e poi oscillato vertiginosamente, questo si deve alla contesa tra Russia e Arabia Saudita; tutto ciò potrebbe portare le aziende a non investire in nuove fonti energetiche. Il secondo ostacolo è rappresentato da un’opinione pubblica che al momento ha in qualche modo accantonato il tema ecologico per concentrarsi su quello sanitario ed economico legato alla diffusione del coronavirus.  

Rientrano in questo canale le discussioni in corso sulla possibilità che l’inquinamento dell’aria in diverse zone sia stato un mezzo con il quale il virus si sia mosso più velocemente. All’inizio le zone colpite più duramente erano in effetti quelle con un inquinamento più elevato. Ad oggi però non si ha la certezza, anche se diversi studi, non ancora confermati, propendono verso questa ipotesi. 

Altro fattore di cui tener conto è che i governi dei Paesi maggiormente colpiti dal virus stanno adottando oggi, e lo faranno ancora di più in futuro, forti politiche economiche per sostenere la produzione nazionale e la struttura sociale. Sembra probabile che le dinamiche ambientali possano essere messe in secondo (o terzo) piano. Anzi, le stesse misure prese per far ripartire le economie potrebbero andare ad impattare in modo ancora maggiore sull’inquinamento, e quindi sul cambiamento climatico, rispetto al pre-crisi. 

E’ chiaro che al momento la priorità per i Paesi colpiti e per le organizzazioni mondiali è quella di doversi opporre con tutti i mezzi e strumenti prima  alla crisi sanitaria in atto, ed in secondo luogo a quella economica, la quale secondo le stime sarà molto più pesante di quella di un decennio fa. Tuttavia non bisogna dimenticarsi la battaglia contro il riscaldamento globale, che se non viene affrontata in maniera seria e strutturata, rischia di travolgere il mondo intero nel giro di qualche decennio.  

Nonostante le grandi difficoltà attuali, questa potrebbe anche essere l’occasione giusta per varare misure con l’obiettivo di dare una svolta importante alla transizione energetica (finora troppo lenta) e allo sviluppo sostenibile

Luca Sebastiani,
Geopolitica.info

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