L’Egitto conferma in questi mesi la sua particolare posizione strategica sul piano energetico e logistico, non soltanto negli equilibri mediterranei, ma anche in quelli globali, per gli interessi che genera sia per le risorse energetiche effettive e potenziali in via di esplorazione e messa in produzione che per le consolidate via di collegamento e trasporto tra il sud e il nord del mondo (Canale di Suez, oleodotti, terminali LNG).
Infatti, lo scorso primo luglio l’ENI, in collaborazione con BP e la francese Total, ha ufficializzato una nuova scoperta di gas naturale nella concessione offshore di North Hammad al largo delle coste egiziane nel Mediterraneo, ubicata sulla prospettiva chiamata Bashrush, che estende ulteriormente il potenziale di gas dei bacini scoperti e prodotti dalla cosiddetta “Grande Area di Nooros”, altra fondamentale scoperta individuata sempre da tecnici di ENI, a 50 km a nord della Penisola del Sinai, con delle potenzialità enormi (si parla addirittura di tre volte) anche rispetto allo stesso Zohr, mega giacimento di recente messo in produzione, di cui parleremo successivamente.
Una nuova opportunità che accresce il comparto energetico egiziano, in una fase molto delicata per la situazione politica ed economica del Paese.
L’economia egiziana non ha avuto negli anni una crescita significativa; se verifichiamo i dati del PIL pro capite dal 1999 al 2013 si passa da 3.000$ a 6.600$; paradossalmente la vera impennata avviene tra il 2013 al 2015, nonostante le crisi politiche e l’instabilità, con 11.800$ nel 2015 sino ai 12.700$ del 2017; in questa ultima fase ha inciso l’aumento del traffico marittimo derivante dal raddoppio del Canale di Suez. Anche i numeri relativi all’energia sono interessanti per analizzare le dinamiche economiche e sociali dell’Egitto: la produzione elettrica è passata dai 57 mld di Kwh del 2000 ai 183,5 del 2019 (anche qui l’incremento principale avviene tra il 2013 con Kwh 136,6 al 2016 con Kwh 155,3); in flessione la produzione di petrolio, di cui si riscontrano le prime trivellazioni nel 1910 nel campo di Gemsa, che dagli 816.900 barili/giorno del 2001 ai 639.000 barili/giorno del 2019 (Fonte CIA World Factbook).
Come già indicato in precedenza, in grande sviluppo è invece la produzione del gas naturale, che con l’individuazione del già citato giacimento Supergiant Zohr (opera dei geologici della Divisione E&P di ENI), sta cambiando radicalmente i riferimenti energetici e anche il posizionamento strategico dell’Egitto nel Mediterraneo, che potrebbe assumere un ruolo ancor più significativo sul piano geopolitico in tutta l’area. Infatti la contemporanea messa in opera del raddoppio del Canale di Suez e l’attivazione della produzione di Zohr e le nuove scoperte da poco annunciate, rendono la posizione dell’Egitto particolarmente interessante per le strategie politiche ed economiche non soltanto dell’area mediterranea. L’Egitto è però pronto a questa nuova sfida energetica e politica? Dal punto di vista della sicurezza interna, fondamentale anche per lo sviluppo economico del Paese, emergono ancora difficoltà derivanti dall’esistenza di organizzazioni terroristiche, operanti soprattutto nell’area del Delta del Nilo (area di particolare interesse energetico), nella parte occidentale ai confini con la Libia e nella penisola del Sinai, dove operano costantemente cellule jihadiste e di Daesh, rimaste vive anche dopo la sconfitta dello Stato Islamico. La situazione economica, pur in presenza degli indicatori sopraindicati, rimane ancora difficile e come riporta una rilevazione dell’Arab Barometer del 2017, l’88% degli egiziani considera la situazione economica, insieme alla corruzione, la principale sfida del Paese (Atlante 2019 geopolitico del Mediterraneo). A questa condizione economica ancora precaria si aggiungono le difficoltà derivanti dalla Pandemia Covid 19.
In questo contesto, lo sfruttamento del giacimento Zohr, che ha avviato la produzione a fine 2017, e lo sviluppo degli altri giacimenti, saranno un importante strumento per il risanamento e per una decisa ripartenza dell’economia. La produzione interna di gas naturale permetterà di abbattere i costi dell’energia consumata, ridurre le importazioni e soddisfare la domanda interna. Oltretutto la posizione geografica e la presenza del Canale di Suez potrebbe far diventare l’Egitto un importante e completo hub energetico africano e mediterraneo. Il raggiungimento di questo obiettivo è di particolare interesse sul piano strategico e geopolitico, perché rappresenterebbe un elemento fondamentale nel raggiungimento dell’auspicata indipendenza energetica egiziana. Oggi l’Egitto, secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia è uno dei principali consumatori di petrolio e gas naturale del continente africano, soprattutto per una crescita economica, seppur non ancora strutturale come già precedentemente citata, legata prevalentemente allo sviluppo dei trasporti, dell’industria automobilistica e della commercializzazione dei veicoli. Anche all’interno del mondo arabo, la possibile indipendenza energetica dell’Egitto, cambierebbe gli equilibri e la distribuzione dei poteri: infatti sino alla Primavera Araba del 2011, il Paese dipendeva fortemente dalle importazioni di petrolio e gas naturale provenienti da alcuni Stati del Golfo Persico (Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti). Con l’avvio delle produzioni Zohr (potenziale produzione di m3 850 mld) si sta rafforzando l’utilizzo del gas naturale; infatti la produzione a regime di Zohr, oltre a soddisfare per decenni l’intera domanda del Paese, porterebbe al 65% l’utilizzo del gas naturale per i consumi energetici complessivi, permettendo anche la cessazione della costosa importazione di LNG, stimata intorno ai 250 milioni di dollari al mese, così come espresso dal Ministro dell’Energia Tarek el-Molla. Tutto ciò si aggiunge ad altri elementi significativi che coniugano le produzioni energetiche e il posizionamento strategico dell’Egitto. Questo ruolo primario nei mercati energetici internazionali è inoltre legato alla logistica, dal già più volte citato Canale di Suez all’oleodotto SUMED o Suez Mediterraneo, inaugurato nel 1977 e percorre 320 km dal Golfo di Suez (terminale Ain Sukhna) al punto off shore nei pressi di Alessandria d’Egitto, Sidi Kerir. L’oleodotto è gestito da una società partecipata al 50% dall’egiziana EGPC, dalla Saudita Aramco e da società kuwaitiane, emiratine e del Qatar.
Ma per rispondere queste sfide, approfondiamo di seguito come lo Stato egiziano organizza il suo sistema energetico; quali operatori internazionali sono presenti nel ciclo integrato dell’energia egiziana e quali ulteriori progetti di sviluppo e di innovazione sono previsti per rafforzare il ruolo strategico dell’Egitto, anche nel campo delle Fonti di Energia Rinnovabile. Sono tre le principali aziende energetiche statali:
– EGPC, Egyptian General Petroleum Corporation, fondata nel 1956; le principali attività di queste società affiliate sono esplorazione, produzione, raffinazione, trasporto, distribuzione del petrolio e derivati, oltre alle attività di ingegneria, costruzione, manutenzione e formazione. Come holding controlla 12 Società del settore e opera in 41 joint venture; ha raggiunto il massimo della produzione nel 1996 con 922.000 barili/giorno.
– EGAS, Egyptian Natural Gas Holding Company, fondata nel 2000, sovrintende all’intero ciclo del gas naturale e del gas naturale liquefatto (LNG), attraverso società controllate: dall’esplorazione all’estrazione; dal trasporto allo stoccaggio; dalla distribuzione ai terminali di rigassificazione (in particolare Damietta, Idku).
– EEHC, Egyptian Elettric Holding Company, fondata nel 2000 per la trasformazione della precedente Autorità dell’Energia Elettrica. Controlla il sistema complessivo, dalla produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica. Sta sviluppando anche importanti progetti di Fonti di Energia Rinnovabile.
Queste aziende, al contrario delle esperienze algerine e libiche, operano esclusivamente sul territorio nazionale. Sono molto diffuse le collaborazioni con società straniere, che operano da anni sul territorio egiziano, incentivate recentemente dalle politiche del Governo egiziano. Iniziamo con la presenza storica della nostra ENI, che anche in Egitto conferma il suo radicamento nell’area mediterranea; ENI opera nell’esplorazione e produzione di idrocarburi on shore e off shore in diverse parti del territorio e attraverso contratti e società controllate e partecipate. Altri operatori importanti sono la British Petroleum, i russi di Rosneft, la Mubadala Petroleum degli Emirati Arabi Uniti, e poi la tedesca Winteshall Dea, i sauditi dell’Aramco, la Qatar Petroleum, la francese Edison, la nostra Enel, la Kuwait Oil Petroleum, la anglo-olandese Royal Dutch Shell e poi le grandi Oil Company USA, ExxonMobil, Chevron, Apache, la malese Petronas ed altre importanti società estere. L’elenco delle Società energetiche presenti in Egitto conferma l’importanza di questo territorio negli scenari geopolitici dell’energia, un incrocio fondamentale per le prospettive del futuro a breve medio termine dell’era del fossile, in particolare per l’utilizzo del gas naturale. Pertanto anche il sistema delle alleanze nell’area dell’Est Mediterraneo dove, come vedremo, si concentrerà lo sfruttamento e la produzione di importanti giacimenti di gas naturale, sarà fondamentale per gli equilibri regionali e internazionali. Il governo egiziano sta accompagnando la politica energetica, derivante dalla presenza dell’alta concentrazione di gas naturale nelle sue acque territoriali, con una proattività in politica estera: rafforzati i rapporti con Grecia e Cipro, per il coordinamento della limitazione delle ZEE (Zone Economiche Esclusive, aree marine a ridosso delle acque territoriali dove uno Stato sovrano, può esercitare diritti di esplorazione, ricerca scientifica, installazione infrastrutture, conservazione e protezione dell’ambiente marino); i tradizionali rapporti con il mondo musulmano sunnita (ad esclusione del Qatar, accusato di essere un sostenitore della Fratellanza Musulmana), ma anche relazioni serrate con Israele per progetti energetici comuni; un ulteriore ruolo di mediazione nell’area israelo-palestinese e anche fra le stesse fazioni palestinesi, in particolare tra Hamas e Fatah. L’Egitto ha assunto anche iniziative per la ricomposizione della situazione libica, pur mantenendo la priorità interlocutoria con il Generale Haftar. Per sostenere questa rete di rapporti internazionali, l’Egitto sta sviluppando anche politiche di sostegno alla produzione elettrica e alle Fonti di Energia Rinnovabile. Lo Stato ha investito significativamente nella costruzione di nuove centrali elettriche, che hanno permesso al Paese di superare un gap infrastrutturale, che non permetteva la continuità del servizio sia a livello domestico, commerciale e industriale: sino al 2011 i black out erano frequenti per gli oltre 100 milioni di abitanti. Questo potenziamento ha anche l’ambizione di realizzare delle interconnessioni con Stati confinanti e con altri Paesi limitrofi; sono stati già definiti progetti di condivisione dell’energia elettrica con Giordania e Libia, mentre nell’attesa della stabilizzazione della situazione interna, è avviato anche un accordo di collaborazione con il Sudan. Inoltre è stato promosso un ambizioso programma di riconversione del mix energetico con l’obiettivo di raggiungere il 40% da rinnovabili entro il 2035 (attualmente al 5%). Obiettivo ambizioso, ma di difficile raggiungimento. E’ comunque in fase di avvio un importante parco solare finanziato in partecipazione dalla Banca Mondiale (653 milioni su un costo stimato di 2 miliardi di $), il Benban Solar Park, una centrale di 37 km quadrati circa e con una capacità a regime di 1,6 Gigawatt, che alimenterebbe un milione di abitazioni. Nel programma di realizzazione di infrastrutture per energie rinnovabili è anche impegnata ENI nell’area del Sinai per la costruzione di una centrale fotovoltaica con una potenzialità di 50 Mw. Infine una nota sulla prima esperienza africana di impianto di energia nucleare in corso di realizzazione in Egitto nell’area di al-Dabaa per una potenzialità di 5 Gigawatt ed un costo stimato di 22 miliardi di €, garantiti per l’85% da un prestito della società russa Rosatom, holding statale russa, che provvederà alla gestione del sito e anche al trattamento e conservazione delle scorie. Questo impianto ha una rilevanza significativa anche nei rapporti fra i due Stati ed è il frutto di accordi sull’utilizzo del nucleare per usi pacifici del 2008 e del 2017. L’Egitto anche alla luce di questi impegni nel rinnovabile e nel nucleare, conferma il suo obiettivo all’indipendenza energetica, mirato a rafforzare il ruolo di Paese guida nell’Area Centro Est Mediterranea e interlocutore credibile nella dimensione internazionale. Molto dipenderà anche dall’evoluzione dei processi democratici, oggi ancora fortemente condizionati dalle tensioni interne e dal ruolo delle Forze Armate, istituzione centrale nel sistema statale egiziano.
Antonello Assogna
Fondazione Ezio Tarantelli