La presenza della Cina nella regione del Golfo arabo-persico è un fenomeno relativamente recente ma in costante crescita. Negli ultimi decenni la regione è stata testimone di una graduale ma solida penetrazione economica e commerciale e non solo. Ricordiamo, infatti, che Pechino è il maggior partner commerciale di gran parte dei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo. La cooperazione tra tali paesi, infatti, si sta configurando come “partnership strategica”. In che modo questo rapporto è destinato ad evolvere?
Un solido rapporto di interdipendenza energetica
Le relazioni tra i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC nell’acronimo inglese) e la Cina non sono mai state così floride come in questo momento. I paesi hanno stabilito relazioni diplomatiche soltanto nel 1990 e si sono rafforzate in maniera significativa soltanto negli ultimi decenni. La rapida crescita dell’economia cinese, frutto delle riforme messe in atto da Deng Xiaoping, hanno infatti reso necessario un approvvigionamento energetico solido e sicuro. Così, se i paesi del GCC sono divenuti i maggiori esportatori di petrolio, la Cina è diventata il più grande importatore di greggio al mondo. L’acquisto di risorse energetiche è stato infatti un fattore determinante nell’ascesa della Cina come nuova potenza economica. I paesi del GCC, che detengono circa un terzo delle riserve petrolifere mondiali rappresentano per la Cina partner storici e affidabili anche in questo particolare momento, che ha visto una brusca frenata dell’economia globale e una conseguente oscillazione dei prezzi e della produzione del petrolio.
Il Regno dell’Arabia Saudita rimane il primo fornitore di petrolio di Pechino. In occasione del China Development Forum dello scorso mese, la Saudi Aramco ha garantito che la sicurezza energetica della Cina rimarrà tra le massime priorità della compagnia per i prossimi 50 anni. Le quote di export di greggio assorbite dalla Cina sono ampie: per l’Arabia Saudita è rappresentata dal 16%, 10 % per l’Oman, 4% per gli Emirati Arabi Uniti e il 3% per il Kuwait. Ma c’è spazio anche per il Qatar, la cui principale risorsa economica è rappresentata dal gas naturale. Anche Doha, infatti, si sta affermando come importante fornitore di energia per la Cina, come testimonia l’accordo stipulato lo scorso marzo tra Sinopec (China Petroleum & Chemical Corp) e Qatar Petroleum. Questo contratto a lungo termine prevede l’acquisto di due milioni di tonnellate all’anno di gas naturale liquefatto (GNL).
Una partnership strategica
La Cina è un attore sempre più influente nella penisola arabica, non soltanto nel settore energetico. Gli scambi commerciali infatti sono significativi già dal periodo 1999-2004, quando i paesi annunciano il lancio di un accordo di libero scambio, il China-GCC Free Trade Agreement, che ha diminuito le tariffe per i prodotti di import-export. Nell’ambito del suddetto accordo, i paesi sono arrivati nel 2016 al nono round negoziale. Nel 2019, lo scambio commerciale tra i paesi superava i 180 miliardi di dollari (l’11% del commercio estero dei paesi del GCC). Nel 2020, inoltre, la Cina ha preso il posto dell’Unione Europea come primo partner commerciale del Golfo. Un bel traguardo rispetto al 1990, quando il commercio con la Cina rappresentava soltanto l’1% del volume totale del commercio del GCC. L’annuncio della Belt and Road Initiative (BRI) nel 2013 ha rappresentato una svolta nella politica estera cinese e un’occasione, per i paesi del Golfo, di rafforzare ulteriormente la cooperazione con Pechino. I sei paesi del GCC hanno accolto positivamente l’ambizioso progetto, sebbene non rientrino direttamente nelle rotte commerciali della One Belt One Road. I reciproci interessi economici e geopolitici in ballo sono molteplici. Dalla prospettiva cinese, la penisola arabica rappresenta una zona di importanza strategica per il traffico marittimo globale. È posizionata al centro di due importanti rotte commerciali, il Mar Rosso e il Golfo arabo-persico e collega l’Asia meridionale e centrale al Medio Oriente allargato e all’Africa orientale. Dalla prospettiva delle monarchie del Golfo, invece, la Cina rappresenta un mercato a lungo termine e in continua crescita, nonché la possibilità di attirare ingenti investimenti. Nel 2018, quasi due terzi degli investimenti cinesi diretti nell’area del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) sono stati indirizzati ai paesi del Golfo. Gli interessi dei paesi del Golfo nella BRI riflettono anche il loro desiderio di essere coinvolti nella creazione di nuovi porti o nel potenziamento di quelli esistenti nella regione del mar Rosso.
I paesi del GCC e la Cina sono diventati ottimi partner anche nel processo di transizione energetica, un progetto che rientra sia negli obiettivi di Pechino che nelle “Vision” dei paesi del Golfo. Molte aziende e università cinesi hanno iniziato a cooperare con entità omologhe nei paesi dell’area per sviluppare tecnologie volte e ridurre le emissioni di gas serra e a convertire il greggio in prodotti chimici. A tutti questi settori, va aggiunta anche la cosiddetta “diplomazia dei vaccini”: gli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, sono stati il primo paese estero a produrre il vaccino cinese Sinopharm. Il vaccino, approvato lo scorso dicembre dopo mesi di sperimentazione, è uno dei principali vaccini utilizzati nella federazione.
In conclusione, il rapporto di interdipendenza economica e commerciale tra paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo e la Cina è, soprattutto negli ultimi due decenni, ormai consolidato e destinato ad aumentare, complice anche l’arretramento di Washington alla luce del progressivo disimpegno dallo scacchiere mediorientale.