Il giornalista iraniano espatriato Mohammad Ahwaze ha diffuso su Twitter la notizia che vedrebbe la Guida Suprema dell’Iran, Khamenei, fortemente malato, e che avrebbe trasferito i propri poteri al figlio, Mojtaba Khamenei. Nella giornata di ieri fonti ufficiali hanno smentito tale notizia, dichiarando che l’attuale leader e pienamente operativo e bollando come fake news queste “insinuazioni”, volte a “destabilizzare” la Repubblica Islamica.
Andiamo per punti: la successione di Khamenei è una questione dibattuta, in Iran e non solo, da anni, causa l’età molto avanzata della Guida Suprema e le diverse indiscrezioni sul suo stato di salute. Per questo negli anni sono state fatte molte ipotesi non solo su eventuali successori, ma anche sul processo di transizione.
Secondo l’articolo 107 della Costituzione iraniana, è l’Assemblea di Esperti (organo eletto dal popolo ma previo controllo del Consiglio dei Guardiani, e quindi della Guida Suprema stessa) ad avviare le opportune indagini e consultazioni per verificare la competenza di tutti i candidati al ruolo di Guida, che devono essere in possesso di specifici requisiti stabiliti dall’articolo 5 della costituzione stessa (“giurista giusto e pio, conoscitore della propria epoca, coraggioso, dotato di energia, di iniziativa e di abilità amministrativa”). Anche l’articolo 109 propone i requisiti essenziali per divenire Guida (“competenza scientifica per emettere sentenze di diritto religioso (fatwa) in qualsiasi questione di giurisprudenza islamica; perspicacia in campo politico e sociale, coraggio, ed opportune capacità amministrative”), che ben evidenziano quello che rappresenta la figura in esame: l’unione tra aspetto politico e spirituale a guida dello Stato.
Al netto del processo di transizione formale scritto nella Costituzione, tale avvicendamento di potere non coinvolge concretamente solo l’Assemblea degli esperti, che come abbiamo visto subisce anche un sistema di veto e di controllo diretto da un organo (il Consiglio) nominato direttamente da chi dovrebbe esser controllato (la Guida Suprema), producendo un cortocircuito giuridico unico nel suo genere. La centralità e l’importanza della Guida Suprema, ci viene ricordata dall’articolo 110 della Costituzione, che ne elenca i poteri: oltre a supervisionare ed indirizzare il sistema politico iraniano, la Guida è Comandante in capo delle forze armate, controlla gli apparati di sicurezza e le principali fondazioni religiose, affida e revoca l’incarico del Capo del sistema giudiziario, del Capo di Stato maggiore dell’esercito regolare, del Comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, del Capo della Polizia, del Presidente delle emittenti radiotelevisive nazionali e dei giuristi del Consiglio dei Guardiani della Costituzione. Un intero sistema di potere che chiaramente intende il più possibile indirizzare un eventuale nomina.
E’ presumibile che un ruolo preminente nella scelta della futura Guida sia in mano ai rappresentanti delle Guardie della Rivoluzione, i Pasdaran, che controllano un’enorme fetta di economia iraniana, oltre ad aver in mano i principali programma militari del paese e un controllo capillare del territorio. Chiaramente le Guardie della Rivoluzione rappresentano un complesso industriale-economico-militare tale da rendere impossibile immaginarli come un blocco monolitico: un fattore determinante nel futuro assetto istituzionale della Repubblica Islamica dell’Iran sarà proprio diretta conseguenza della competizione interna ai militari stessi, e quale corrente riuscirà a predominare sulle altre. Va inoltre considerato che le forti politiche di pressione, che in questo momento l’intera regione mediorientale esercita sull’Iran, che rende il sistema regionale piuttosto ostile alle mire egemoniche iraniane, ha rafforzato ancora di più il ruolo delle IRCG nelle dinamiche di potere e politiche del paese.
Veniamo in conclusione alla figura di Mojtaba Khamenei, figlio dell’attuale Guida Suprema, che non è un personaggio estraneo alle vicende politiche: 11 anni fa venne accusato di sostenere direttamente il candidato Ahmadinejad, e di aver svolto un ruolo di primo piano nella repressione della cosiddetta “Onda verde”, le grandi manifestazioni di protesta contro la rielezione del candidato conservatore prima citato. Questo grazie a importanti collegamenti e rapporti con le forze paramilitari dei Basij. Inoltre diversi report segnalano la vicinanza di Mojitaba Khamenei con alcuni vertici dei Pasdaran.
Quel che appare certo, nonostante le poche informazioni che si hanno su quest’uomo, sono le sue posizioni fortemente conservatrici, che sposterebbero l’asse del futuro sistema iraniano – facendo ricorso in maniera forzata a categorie politiche più vicine al nostro scenario – a “destra”. Sono note infatti le sue vicinanze a religiosi estremamente conservatori, come ad esempio quella con Abolghasem Khazali (morto nel 2015).
Per concludere: formalmente una transizione di poteri, come quella indicata dalle indiscrezioni di stampa, che vede il Mojitaba Khamenei come tutore temporaneo dei poteri del padre, sarebbe incostituzionale. In caso di processo di transizione, infatti, è un consiglio provvisorio che deve assumere le funzioni suppletive della Guida Suprema. Inoltre va ricordato come attualmente il figlio di Khamenei non abbia i requisiti indicati costituzionalmente per assumere tale ruolo, ma la nomina dell’attuale Guida Suprema nell’89, previo “innalzamento” al rango di Ayatollah dello stesso, fornisce un dato storico non trascurabile sulla possibilità di superare gli ostacoli a una eventuale nomina.
Quel che è certo è che il 2021 sarà un anno cruciale per l’Iran per tracciare nuovi scenari: il 18 giugno prossimo avranno luogo le nuove elezioni presidenziali nel paese. Un momento fondamentale per capire la postura che Teheran intenderà tenere nei confronti degli Stati Uniti. Il blocco dei conservatori è molto forte – come hanno dimostrato le ultime elezioni legislative – e il nome da tenere in considerazione è quello di Hossein Dehghan, consigliere della Guida Suprema ed ex ufficiale dei Pasdaran. Dehghan aveva dichiarato in passato, ai tempi della trattativa con gli Usa in merito al Jcpoa, dell’importanza del programma missilistico iraniano come strumento di deterrenza, chiarendo come fosse impossibile pensare di inserire limitazioni a tale programma in un accordo bilaterale con altri paesi.
Il 2021 sarà anche l’inizio per l’Iran di un rapporto con una nuova amministrazione statunitense: non è un mistero che buona parte dell’attuale esecutivo (e di grandi fasce di popolazione, specialmente nelle grandi città) abbia tirato un sospiro di sollievo alla notizia della elezione di Biden. Per quanto ufficialmente le istituzioni iraniane non fossero interessate al risultato, come ribadito da tutti i principali esponenti politici e religiosi, le azioni intraprese dall’amministrazione Trump (unite alla grave crisi economica e sanitaria nel paese) hanno fortemente colpito gli interessi iraniani, e lo scenario all’interno del quale Teheran si muoverà una volta finita l’emergenza pandemica è estremamente delicato. Il sistema è ostile, gli alleati sono pochi e due dei principali attori regionali hanno intrapreso una politica di massima pressione su Teheran. La speranza per l’Iran è quella di ricevere un assist dalla nuova amministrazione americana, memore della forte ascesa che il paese ha vissuto durante gli ultimi 4 anni di Obama, anche grazie ad alcune scelte politiche statunitensi della regione. Se a questi due elementi aggiungiamo un potenziale cambio di Guida Suprema, e di conseguenza ai vertici del paese, potremmo senza dubbio parlare di anno storico per l’Iran. Tre elementi che possono contribuire a cambiare radicalmente il prossimo futuro del paese.
Lorenzo Zacchi,
Geopolitica.info