Lo scorso 9 aprile, l’Office of the Director of National Intelligence ha pubblicato l’Annual Threat Assessment, un documento che offre una panoramica completa sulle nuove minacce mondiali alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Redatto secondo le linee guida illustrate nella sezione 617 dell’FY21 Intelligence Authorization Act (P.L. 116-260), tale report riporta una disamina completa circa le questioni di sicurezza degne di nota secondo le analisi della US Intelligence Community (IC). La comunità scientifica statunitense si impegna a fornire risposte efficaci e al passo con un mondo in continuo mutamento al fine di garantire supporto alle strutture militari e al sistema di law enforcement a stelle e strisce. Come previsto dalla legge, il rapporto è trasmesso alle commissioni di intelligence del Congresso, nonché alle commissioni per i servizi armati della Camera dei Rappresentanti e del Senato.
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Se la Federazione Russa rappresenta, per la sicurezza nazionale americana, una seria minaccia, allo stesso modo gli analisti dell’Intelligence Community evidenziano la pericolosità di un altro imperscrutabile nemico: l’Iran. Sebbene, infatti, il deterioramento dell’economia iraniana e la scarsa reputazione regionale siano di fatto ostacoli concreti al raggiungimento degli obiettivi strategici del Paese, Teheran confida nell’utilizzo di una serie di strumenti tra cui, il più temibile, l’espansione del suo programma nucleare, che spaventano non poco l’agenzia per la sicurezza nazionale americana. Del resto, i leader iraniani hanno già dimostrato la propria riluttanza nell’impegnarsi nei colloqui diplomatici con gli Stati Uniti per quanto concerne il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), considerato, dalle autorità iraniane, come un’ingiustificata ingerenza da parte del colosso a stelle e strisce.
Il coinvolgimento regionale e l’attività destabilizzante iraniana
L’Iran rimane un attore problematico anche e soprattutto a livello regionale: in Iraq, campo di battaglia chiave per l’influenza iraniana, le milizie sciite irachene sostenute dal governo di Teheran rappresentano la principale minaccia per il personale statunitense impegnato in teatro. Il governo iraniano mira a sfidare la presenza degli Stati Uniti nella regione non solo per mantenere la propria influenza sulle questioni politiche e di sicurezza irachene ma anche per sfruttare i legami con i gruppi e i leader sciiti iracheni per aggirare le sanzioni statunitensi e cercare di costringere gli Stati Uniti a ritirarsi progressivamente dal loro impegno nel Paese.
Allo stesso modo, desta preoccupazione la determinazione di Teheran nel rafforzare la sua presenza ed il suo controllo regionale. Forza destabilizzante nello Yemen, attraverso il sostegno governativo agli Huthi con la fornitura di missili balistici e da crociera e di sistemi a pilotaggio remoto, Teheran rappresenta una minaccia per i partner e gli interessi degli Stati Uniti sfidati, in particolare, da attacchi ostili nei confronti dell’Arabia Saudita. L’Iran rimane, inoltre, una minaccia per Israele, sia direttamente attraverso le sue forze missilistiche che indirettamente attraverso il suo sostegno a Hezbollah e ad altri gruppi terroristici. Analogamente, in Afghanistan, la Repubblica Islamica fa pubblicamente fronte ai colloqui di pace afghani, impegnandosi nel delinearsi come interlocutore credibile sia nei confronti del governo di Kabul sia agli occhi dei talebani in modo tale da trarre vantaggio da qualsiasi risultato politico.
Capacità militari
Secondo l’IC, le diverse capacità militari dell’Iran ed il suo approccio ibrido alla guerra, utilizzando capacità convenzionali e non convenzionali, continueranno a rappresentare una minaccia per gli interessi degli Stati Uniti e degli alleati nella regione nel prossimo futuro. Del resto, l’Iran ha già dimostrato la propria strategia militare convenzionale, basata principalmente sulla deterrenza e sulla capacità di rappresaglia, con il lancio di più missili balistici contro una base che ospita le forze statunitensi in Iraq in risposta all’uccisione, nel gennaio 2020, del comandante del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche Iraniane (IRGC-QF), Qasem Soleimani. Nonostante i limiti economici, l’Iran detiene la più grande forza missilistica balistica della regione e tutto lascia presagire che cercherà di migliorare e acquisire nuove armi convenzionali: le previsioni sono concordi nell’affermare che l’’IRGC-QF e i suoi proxy rimarranno al centro della potenza militare iraniana.
La minaccia alla sicurezza nazionale americana
Il rischio maggiore per il personale degli Stati Uniti è rappresentato dagli attacchi al di fuori dei confini statunitensi, in particolare in Medio Oriente e in Asia meridionale. Infatti, l’Iran – solo poco tempo fa – ha minacciato pesanti ritorsioni contro funzionari statunitensi in risposta all’uccisione del generale Soleimani. In patria, negli ultimi anni, le forze dell’ordine degli Stati Uniti hanno arrestato numerose persone con legami con l’Iran per aver raccolto informazioni sui dissidenti iraniani negli Stati Uniti. Inoltre, le forze di sicurezza iraniane sono state collegate a tentativi di assassinio e rapimento di complotti in Europa, Medio Oriente e Asia meridionale.
In relazione alla capacità militare iraniana, a preoccupare gli analisti dell’intelligence è l’implementazione del sistema nucleare di Teheran. A seguito del ritiro degli Stati Uniti dal JPCOA nel maggio 2018, infatti, i funzionari iraniani hanno abbandonato alcuni degli impegni presi in sede negoziale e ripreso alcune attività nucleari che superano i limiti stabiliti dall’accordo stesso. Le ingenti sanzioni imposte hanno spronato le autorità di Teheran ad intraprendere vie alternative per l’arricchimento dell’uranio fino al 60% e alla progettazione e costruzione di un nuovo reattore ad acqua pesante da 40 Megawatt. Da giugno 2019, inoltre, l’Iran ha aumentato le dimensioni e il livello di arricchimento delle sue scorte di uranio oltre i limiti imposti dall’accordo. Da settembre 2019, Teheran ha ignorato le restrizioni alla ricerca e allo sviluppo avanzati di centrifughe e ha riavviato le operazioni di arricchimento dell’uranio, sviluppando la ricerca e sviluppo di meccanismi di utilizzo di uranio metallico per il combustibile del reattore di ricerca.