Il presidente Biden si concentra sulle infrastrutture e punta sull’alta velocità fra Dallas e Houston per competere con la Cina nello sviluppo delle reti ferroviarie all’avanguardia. Una maxi commessa da 16 miliardi di dollari che vedrà protagonista nella realizzazione dell’opera il player italiano Webuild.
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USA: una rete ferroviaria da rinnovare
Gli Stati Uniti nonostante una rete ferroviaria unica al mondo per estensione, distribuita su 160.000 miglia (257.495 chilometri) di 140.000 (225.308 chilometri) destinate al trasporto merci, scontano ancora un notevole ritardo nella frequenza e soprattutto nella velocità dei convogli che peraltro forniscono un supporto cruciale all’economia del paese le cui esportazioni viaggiano per un terzo su rotaia. Nel piano di modernizzazione delle infrastrutture, lanciato dal presidente Biden, non sono passati inosservati gli 80 miliardi di dollari (66,8 miliardi di euro) di fondi federali destinati proprio alla riprogettazione del sistema ferroviario, così da offrire finalmente un vero servizio ad alta velocità, ancora assente negli Stati Uniti. Tutto ciò si inserisce in una precisa strategia per cui il trasporto su rotaia
tornerà centrale nella definizione degli interessi statunitensi, a partire dal cosiddetto cortile di casa. Infatti, la recente fusione tra Canadian Pacific Railway e Kansas City Southern (KCS), destinata a realizzare la principale ferrovia del XXI Secolo, collegando i porti di Stati Uniti, Messico e Canada, lascia chiaramente intendere quali siano le ambizioni USA, legate sia ad indiscutibili motivazioni commerciali che ad evidenti aspetti geopolitici. In questo caso l’intento è quello di incoraggiare il trasferimento della produzione di alcuni prodotti a basso costo dall’Asia all’America, tentando in tal modo di acquisire maggior indipendenza dalla Cina. Il Messico ed il Canada, fornitori chiave di componenti per le automobili e l’elettronica, oltre che per il settore agroalimentare, consentirebbero così agli Stati Uniti di acquisire una maggiore autonomia strategica, rafforzando i legami tra i 3 Paesi che hanno recentemente sostituito il NAFTA con un nuovo accordo, l’USMCA.

Anche per tali ragioni riveste una notevole importanza il progetto della linea ferroviaria che si verrà costruita fra Dallas e Houston e che porterebbe il primo vero servizio ad alta velocità negli Stati Uniti, utilizzando dei treni in grado di raggiungere una velocità di 320 km/h. Alla realizzazione di questa infrastruttura strategica oltre alla società Texas Central, parteciperà l’azienda italiana Webuild, con la sua controllata statunitense Lane Construction, in collaborazione con ItalFerr (Gruppo Ferrovie dello Stato) che si occuperà della supervisione alla progettazione. Il treno ad alta velocità, secondo le stime di Texas Central, riuscirà a fornire un’alternativa di trasporto sicura, veloce, efficiente e produttiva tra due dei più grandi centri abitati del paese con un impatto positivo sia sul piano occupazionale (più di 10.000 posti di lavoro creati direttamente dal progetto durante ogni anno di costruzione), sia su quello economico visto che l’opera dovrebbe complessivamente generare 36 miliardi di dollari nei prossimi 25 anni.
La competizione USA-Cina nell’alta velocità ferroviaria
Non mancano i riflessi geopolitici di una simile opera, segnata nitidamente dal tentativo statunitense di colmare il gap infrastrutturale con il rivale cinese nel settore dell’alta velocità ferroviaria, in cui lo sviluppo degli ultimi 15 anni è stato rapidissimo. In Cina la pianificazione dell’attuale sistema ferroviario ad alta velocità, iniziata nei primi anni ’90 e modellata sul sistema giapponese, permetterà di raggiungere obiettivi importanti stimati in oltre 38.000 km entro il 2025 e in 45.000 nel lungo termine, grazie soprattutto ad un investimento che si aggira intorno ai 300 miliardi di dollari. In controtendenza gli Stati Uniti che un secolo fa avevano di gran lunga la più grande rete ferroviaria sia per quanto riguardava i treni merci che per i treni passeggeri, dopo una rapida espansione con cui erano stati raggiunte le 250.000 miglia all’inizio della Prima guerra mondiale, hanno assistito negli ultimi decenni ad un progressivo declino. Una rete importante, più grande di quella dell’Europa occidentale, che aveva favorito lo sviluppo della capacità industriale, stimolando in particolare la domanda delle due risorse cruciali nella seconda rivoluzione industriale: carbone e acciaio. Oggi invece è proprio la Cina ad aver rilanciato la sua pretesa di nazione all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, sostenendo di aver raggiunta il primato in un settore per il quale dovrebbe essere presa a modello da emulare. Un modello peraltro pesantemente sovvenzionato dal governo che attraverso simili stimoli vuole aumentare la crescita del paese, parallelamente alla competizione con gli Stati Uniti per la leadership globale. Del resto in un mondo iperconnesso non riuscire ad aggiornare le infrastrutture arcaiche ha inevitabilmente delle conseguenze geopolitiche. In questo senso il cambiamento climatico e la transizione energetica stanno rafforzando le ragioni degli investimenti nelle ferrovie dato che i treni utilizzano molta meno energia rispetto alle auto e agli aerei di linea (che insieme rappresentano oltre il 20% di tutte le emissioni di gas serra) garantendo una sostenibilità non secondaria.
I treni del futuro, infatti, saranno ad impatto sempre minore sull’ambiente e rappresenteranno il terreno di applicazione per i più moderni sistemi tecnologici, concentrati nella ricerca ed applicazione dell’alimentazione ad idrogeno dei convogli. Anche le città statunitensi – che negli ultimi decenni sono rimaste indietro a causa della globalizzazione e della deindustrializzazione – potranno beneficiare dei nuovi collegamenti garantiti dalla rinnovata rete ferroviaria che sarà in grado di assicurare anche una maggiore efficienza nel trasporto passeggeri.

Il contributo italiano all’alta velocità statunitense
Il nuovo treno ad alta velocità, che dovrebbe entrare in servizio nel 2026, collegherà Dallas e Houston avvalendosi della tecnologia giapponese attraverso la versione aggiornata dello Shinkansen (il treno proiettile nipponico in grado di raggiungere i 320 km/h) che consentirà di effettuare il viaggio in meno di 90 minuti, un’ora in meno rispetto all’aereo e almeno 90 minuti in meno rispetto all’automobile. La ferrovia, quindi, correrà lungo una struttura sopraelevata di quasi 380 chilometri tra le due grandi città con treni composti da otto carrozze silenziose e confortevoli pronti a partire ogni 30 minuti nelle ore di punta. Tra Dallas e Houston, secondo le stime di Texas Central, i beneficiari di questo nuovo servizio saranno almeno 100.000 persone, note come super pendolari, che ogni settimana viaggiano tra le due città in auto o in aereo. Il progetto prevede inoltre la realizzazione delle stazioni di Dallas, Houston e Brazos Valley, unica fermata lungo la linea, nei pressi dell’importante Università Texas A&M. Per la costruzione dell’opera saranno utilizzati materiali forniti da industrie statunitensi di 37 Stati per un valore stimato di 7,3 miliardi di dollari. Per Webuild la commessa, una delle maggiori nella storia delle infrastrutture americane, rappresenta un’importante occasione per dimostrare la capacità delle imprese italiane di competere su tutti i mercati internazionali e soprattutto offre l’opportunità di coinvolgere la filiera italiana del settore in questo ambizioso progetto, con importanti ricadute occupazionali ed economiche.
Un altro degli aspetti significativi del progetto è poi il suo finanziamento che, secondo Texas Central, sarà sostenuto interamente da investitori privati, rinunciando così a sovvenzioni statali e federali per un’opera che comunque appare perfettamente inquadrata nella strategia che Biden ha annunciato solennemente nelle fasi finali del Summit del G7 in Cornovaglia, quando ha affermato che per la prima volta le maggiori economie industrializzate si coordineranno per la realizzazione di un piano di investimenti, il Build Back Better World (B3W), da attuare nei Paesi a basso e medio reddito. Una mossa che intende arginare la preminenza cinese negli investimenti in strade, ponti, ferrovie, infrastrutture energetiche, idriche e digitali, realizzati nei Paesi in via di sviluppo attraverso la Belt and Road Initiative (BRI) e che ne ha determinato la crescente dipendenza politica ed economica da Pechino, scivolando in alcuni casi, in particolare per quegli Stati con tassi di indebitamento pubblico già elevati, verso una pericolosa trappola in grado di eroderne la sovranità.