Il 25 giugno si sono tenute le elezioni politiche in Albania. Sin dagli anni ‘90 due partiti monopolizzano il panorama politico nazionale, il Partito Democratico (PD di centro – destra) e il Partito Socialista (PS di centro – sinistra), alternandosi al governo ogni 4 o 8 anni.
In base ai dati della Commissione Elettorale Centrale (CEC), l’affluenza al voto è stata inferiore a quella degli anni passati fermandosi al 46,7%, e registrando un calo di quasi 7 punti rispetto al 2013. Dei 3,4 milioni di aventi diritto, cifra che comunque va sfoltita del 30% a causa dei cittadini albanesi emigrati che non hanno diritto al voto all’estero, sono andati alle urne solo 1.57 milioni di cittadini. Si tratta di 160 mila voti in meno rispetto all’ultima tornata elettorale, benché gli aventi diritto quest’anno fossero stati aumentati di 180 mila unità.
Gli osservatori esterni non hanno riscontrato particolari irregolarità certificando la correttezza del voto.
Il PS del Primo Ministro Edi Rama ha conquistato il 48,3% dei voti mentre il PD guidato da Luzmin Basha si è fermato al 28,8%. Rispetto alle elezioni del 2009, dove i due partiti si assestavano ambedue attorno al 40%, il PS ha registrato una graduale crescita che gli ha permesso di aggiudicarsi, in questa tornata, una maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento (74 su 140) mentre il PD ha subito un vero e proprio tracollo confermando la propria traiettoria discendente (43 deputati, sette in meno rispetto al precedente mandato).
Da febbraio a fine maggio Lulzim Basha aveva cercato di frenare l’emorragia di voti inscenando uno sciopero della fame e una protesta chiamata “çadra e lirisë”, tenda della libertà dal nome del tendone installato davanti alla Presidenza del Consiglio, ponendo delle condizioni al capo del PS Edi Rama che, qualora non fossero state accettate, avrebbero portato alla non partecipazione del PD alle elezioni del 25 giugno.
Missione riuscita, quantomeno nel breve termine, essendo riuscito Lulzim Basha a ottenere la formazione di un Governo tecnico con varie posizioni ministeriali fino alle elezioni appena celebrate.
Durante il periodo della “Tenda della Libertà” venne anche eletto Presidente della Repubblica albanese Ilir Meta, il capo del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI).
Terza forza politica del Paese l’LSI ha registrato un trend crescente alle ultime tre elezioni ottenendo in queste ultime il 14,4% dei consensi. Nato circa 13 anni fa, il LSI ha storicamente giocato il ruolo di ago della bilancia propendendo quasi sempre in direzione del PS.
Pur aumentando il numero dei seggi (19) e voti rispetto alle precedenti elezioni, LSI sarà ora in opposizione in quanto, per la prima volta dal 1992, un partito in Albania ha ottenuto la maggioranza per governare da sola.
La riconferma del PS è per un secondo mandato consecutivo è stata trainata da una giusta gestione dei fondamentali economici albanesi. Nel 2013 l’economia del Paese delle Aquile registrava una misera crescita del PIL del’1%, un debito pubblico in crescita, una disoccupazione al 17,9% e un sistema bancario in difficoltà.
A quattro anni di distanza, complice anche le riforme puntellate dal Fondo Monetario Internazionale l’economia cresce del 3,7% annuo (si prevede il 4,1% nel prossimo triennio), il bilancio pubblico è tornato in avanzo primario e la disoccupazione è scesa al 15,6%.
Al contempo, in campagna elettorale, Edi Rama aveva promesso un riordino della giustizia finalizzato a contrastare le piaghe albanesi della corruzione e della criminalità organizzata, e migliorare lo stato della fiducia del mondo produttivo e finanziario internazionale nei confronti del Paese.
Lo sviluppo ha inciso anche sulla mobilità con la creazione e l’ampliamento della rete viaria e infrastrutturale, permettendo maggiore facilità nel movimento delle merci e delle persone.
Anche il processo di adesione dell’Albania alla Unione Europea potrebbe dare ulteriore impulso all’economia, nel 2014 l’UE ha accettato la proposta di preadesione di Tirana e a novembre 2016 la Commissione Europea ha suggerito l’apertura dei negoziati di adesione entro l’anno.
In conclusione, dopo 27 anni di democrazia sulla carta, l’Albania ha mostrato di aver bisogno di cambiare veramente, di desiderare un futuro migliore per tutti gli albanesi, e, soprattutto di voler migliorare i propri parametri economici e sociali per poter entrare nella grande famiglia dell’Unione Europea, un passo importante per Tirana.
E’ verosimile che per cambiare una nazione come l’Albania, ogni governo necessiti di molto tempo a propria disposizione. Il 25 giugno gli albanesi hanno evitato di volteggiare un ulteriore “giro di valzer” preferendo dare fiducia al vecchio governo e permettendo a Edi Rama di guidare da solo il Paese delle Aquile.