Mercoledì 19 febbraio, è stato rilasciato un memo che aveva come oggetto “lo stato della corsa” (the state of the race), inviato da Mitch Stewart a Kevin Sheekey, due tra i più importanti membri dell’organizzazione della campagna elettorale di Michael Bloomberg, nel quale vengono espresse tutte le preoccupazioni sul futuro della campagna dell’ex sindaco di New York. In quello stesso giorno si è svolto anche il dibattito dei sei candidati democratici che precede i caucus in Nevada ed ha visto protagonista proprio Bloomberg.
Le preoccupazioni di chi gestisce ed organizza la campagna di Bloomberg si riflettono sulla possibilità di una vittoria insormontabile da parte di Bernie Sanders al Super Tuesday e sulla divisione degli altri candidati democratici. Secondo quanto riportato dal memo e consultando i vari sondaggi nazionali, dopo le primarie in Iowa e in New Hampshire lo “stato della corsa” si è radicalmente spostato, Bloomberg si attesterebbe al secondo posto venendo considerato il miglior avversario di Sanders, mentre proprio quest’ultimo sarebbe pronto a lasciare il Super Tuesday con un vantaggio di circa 400 delegati rispetto a Bloomberg, risultato che gli conferirebbe un vantaggio difficilmente recuperabile. La storia parla chiaro, nel Super Tuesday del 2016 Hillary Clinton ha raccolto 163 delegati in più rispetto a Sanders che non è poi più riuscito a recuperare il ritardo.
Per quanto riguarda gli altri candidati, il grafico inserito nel memo mostra chiaramente che Biden sta ottenendo sempre meno consensi, aggirandosi intorno al 12-13%, percentuale che non gli darebbe la possibilità di ottenere candidati in molte delle prossime primarie, rischiando di arrivare all’atteso evento del 3 marzo con una posizione di maggiore debolezza. Tuttavia, la sua continua presenza in gara, insieme a quella di Buttigieg e Klobuchar, rischia di sottrarre, secondo gli autori del memo, voti a Bloomberg aumentando la probabilità di una vittoria anticipata di Bernie Sanders.
Il 19 febbraio, inoltre, è andato in scena il dibattito che precede i caucus in Nevada ed ha visto la partecipazione anche di Michael Bloomberg che entrerà però in scena solo il 3 marzo. Durante il dibattito – il più visto di sempre nella storia dei dibattiti democratici – l’ex primo cittadino di New York, che ha esordito con la frase “solo io posso battere Donald Trump e ho l’esperienza per fare il presidente”, si è dovuto difendere dall’accerchiamento dei rivali. Elizabeth Warren ha rinfacciato a Bloomberg le sue frasi sessiste e le politiche discriminatorie, una su tutte quella dello stop and frisk (pratica della polizia di New York di fermare e perquisire qualsiasi persona ritenuta sospetta nelle strade), affermando che l’obiettivo delle elezioni non è quello di sostituire un miliardario arrogante con un altro. Joe Biden ha criticato a Bloomberg il fatto di essere sempre stato repubblicano e di aver sempre criticato Obama salvo poi utilizzarlo nei suoi spot pubblicitari per le primarie. Infine, anche Sanders così come la Warren, ha criticato aspramente le sue politiche discriminatorie contro le minoranze, aggiungendo che questi suoi comportamenti non aumenteranno di certo l’afflusso degli elettori.
Bloomberg, al suo debutto in un confronto diretto con gli altri candidati, è apparso in difficoltà rispondendo agli attacchi in maniera debole e poco convincente. L’ex repubblicano ha attaccato soprattutto Sanders definendolo un “socialista milionario” e dicendo che con Sanders non ci sarebbe alcuna possibilità di riprendere la Casa Bianca avendo altri quattro anni di Trump.
Con un campo così affollato, c’è una reale possibilità che i democratici vadano alla convention estiva a Milwaukee senza che nessuno dei candidati abbia raggiunto la maggioranza per ottenere la nomination. Proprio per questo motivo, Bernie Sanders è stato l’unico dei sei presenti al dibattito ad aver affermato che il candidato con il maggior numero di delegati dovrebbe ricevere la nomination anche senza aver ottenuto la maggioranza.
Alla vigilia dei caucus in Nevada ci troviamo di fronte ad una continua crescita del senatore del Vermont a livello nazionale che sembrerebbe confermarlo come front-runner e – come analizzato dal memo scritto dallo staff della campagna di Bloomberg – se Biden, Buttigieg e Klobuchar restassero in gara nonostante la poca possibilità di raccogliere un numero decisivo di delegati, toglierebbero molti voti all’ex sindaco di New York – visto come l’unico che potrebbe arginare il successo di Sanders – spianandogli di fatto la strada verso la vittoria. Al di là dei risultati dei caucus in Nevada (22 febbraio) e delle primarie in South Carolina (29 febbraio), l’attenzione è tutta rivolta al Super Tuesday del 3 marzo che potrebbe essere già decisivo per le sorti delle primarie democratiche.