In un futuro non molto lontano lo scioglimento dei ghiacci del Mar Glaciale Artico potrebbe rendere agevole il trasporto navale tra Europa e Asia lungo la rotta del Mare del Nord, una rotta a est di Novaya Zemlya e che scorre lungo la costa artica dal Mardi Kara, lungo tutta la Siberia, fino allo Stretto di Bering.
L’intera rotta si trova in acque artiche dentro la Zona economica esclusiva russa. L’utilizzo della rotta artica ridurrebbe di un terzo la distanza delle spedizioni via mare tra Germania e Cina, ma attualmente il ghiaccio presente rende la rotta non utilizzabile per la maggior parte delle tipologie di trasporto navale, con l’eccezione di alcuni carichi molto speciali come il gas naturale liquefatto (LNG) estratto dai russi nella regione.
Mosca crede che nell’ Artico siano presenti, ma attualmente inaccessibili, anche altre risorse naturali come il petrolio, gas naturale e minerali. È per questo che il Cremlino sta cercando di ottenere dalle Nazioni Unite il riconoscimento di circa 1,2 milioni di km quadrati di placca continentale artica. Il Cremlino sta investendo molto su questa rotta, si sta lavorando a grandi progetti infrastrutturali mentre il rafforzamento della presenza militare è già una realtà.L’obiettivo fare in modo che questo “mar glaciale russo” arrivi a 80 milioni di tonnellate di carico trasportato entro il 2024 (nel 2018 è stato 20 milioni), meno di un decimo dei volumi spediti annualmente attraverso il canale di Suez. Ecco perché è giusto guardare alla rotta artica con interesse ma attribuendogli le giuste dimensioni: si tratta di una possibilità in grado di rimodellare alcuni assetti globali, ma molto a lungo termine.
ll riscaldamento globale è un processo graduale, gli ostacoli all’affermazione commerciale della rotta artica rimarranno insormontabili per un lungo periodo. Per esempio, lo scioglimento del ghiaccio provoca l’inondazione delle regioni costiere della Russia settentrionale, compresi porti esistenti e città costiere, fenomeno che rende la pianificazione estremamente complicata. Ma con i giusti volumi di investimento, la possibilità che si trasformarsi in una rotta marittima pienamente utilizzabile è concreta, e avrà con importanti implicazioni industriali per le economie dell’Eurasia settentrionale e per il rapporto Russia-Cina. Gli investimenti necessari per realizzare questo lavoro saranno enormi, ma lo saranno anche i vantaggi strategici e commerciali.
Oggi attraversare la rotta del Mare del Nord significa intraprendere una battaglia contro le forze della natura. Il percorso è libero solo quattro mesi all’anno e le navi da carico devono essere scortate da poderose navi rompighiaccio. Lungo la rotta mancano i porti e le infrastrutture necessarie a supportare i volumi di traffico progettati da Mosca. Tuttavia, nonostante i dubbi sull’effettiva possibilità che le visioni sull’Artico russo diventino realtà, anche la Cina è interessata al progetto e intende fare della rotta una via della seta ghiacciata, un altro canale da inserire nel contesto più ampio della Belt And Road Initiative(BRI).
Ma a guardare il mondo dall’insolita prospettiva del Polo Nord non sono solo Russia e Cina: anche gli Stati Uniti vogliono l’Artico. Nell’ultimo discorso al Consiglio Artico, il segretario di Stato statunitense Mike Pompeo ha accusato la Russia di atteggiamento aggressivo nella regione, e la Cina di nascondere secondi fini dietro gli investimenti in infrastrutture. Pompeo ha anche annunciato un incremento della presenza militare e ha esortato il Consiglio a non occuparsi più solamente di scienza e ambiente.
Per la prima volta in vent’anni di riunioni il vertice dell’organismo si concluso senza una dichiarazione congiunta, proprio a causa del rifiuto statunitense. Anche questa “via della seta ghiacciata ”del “mar glaciale russo” dovrà fare i conti con i colli di bottiglia controllati dalla talassocrazia statunitense: il mare del nord è un mare della NATO (UK, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi e Germania), e anche il controllo delle rotte del Pacifico che permette l’accesso alla costa cinese non è nella mani di Mosca o Pechino, ma degli USA e dei suoi alleati (Giappone e Corea del Sud al Nord, Vietnam, Taiwan e Filippine al Sud). Di sicuro quindi c’è solo che l’Artico ha smesso di essere isolato dalle grandi manovre della storia e torna a essere influenzato dal confronto strategico fra grandi potenze.