0,00€

Nessun prodotto nel carrello.

0,00€

Nessun prodotto nel carrello.

TematicheItalia ed EuropaLa transizione energetica nella regione mediterranea: una sfida da...

La transizione energetica nella regione mediterranea: una sfida da vincere

-

La transizione energetica e gli obiettivi fissati dall’Unione Europea per raggiungere la neutralità carbonica nel 2050 impongono agli Stati, e soprattutto agli operatori del settore, un veloce adeguamento ed una rinnovata capacità di analizzare lo scenario che la sfida al cambiamento climatico sta configurando. Parliamo del ruolo che l’Italia potrà giocare nel Mediterraneo come hub energetico e come paese in prima fila nel processo di transizione con Simone Nisi, Direttore Affari Istituzionali di Edison, l’operatore energetico più antico d’Europa a cui si deve la realizzazione delle prime centrali idroelettriche nel nostro Paese. L’azienda, che opera in diverse geografie con circa 5 mila addetti, ha peraltro da tempo avviato un percorso per contribuire al raggiungimento dei diciassette Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Un futuro, ormai prossimo, in cui le fonti rinnovabili e le tecnologie ad esse collegate rappresenteranno senza alcun dubbio l’elemento ricorrente delle dinamiche geopolitiche.

Oggi assistiamo ad un dibattito pubblico sulla transizione energetica tendenzialmente caratterizzato da un uso estensivo del termine green, dimenticando ad esempio il ruolo che alcune materie critiche giocheranno in questo epocale cambiamento. Cosa intende lei per “verde”?

Negli ultimi anni il concetto di green riferito al settore energetico ha assunto una centralità crescente sia nel dibattito pubblico, sia negli scenari di policy individuati dai diversi paesi nella programmazione del loro percorso di transizione. Quest’ultimo rappresenta infatti una delle principali sfide della nostra epoca, che andrà affrontata necessariamente attraverso approcci trasversali e la definizione di nuove traiettorie di sviluppo delle filiere dell’energia. Si tratta di un processo certamente complesso, su cui Edison è fortemente impegnata con investimenti e strategie coincidenti con gli assi fondamentali del Piano Nazionale Energia e Clima e con il Green Deal europeo.

Personalmente ritengo che tale percorso dovrebbe essere portato avanti su due direttrici: l’utilizzo efficiente di tutte le tecnologie attualmente disponibili e un’adeguata valorizzazione delle potenzialità e delle risorse dei singoli dei territori.

Se da un lato, infatti, l’innovazione tecnologica sarà determinante nella lotta al cambiamento climatico, dall’altro, occorrerà riconoscere e massimizzare nel medio termine il contributo offerto dalle soluzioni di transizione già mature ed efficienti, come il gas naturale, in grado di supportare lo sviluppo e la penetrazione delle fonti rinnovabili e di garantire la stabilità delle forniture e dei sistemi energetici.

In questo quadro, ad esempio, tra i principali settori di intervento ritengo che importanti opportunità di crescita e sostenibilità energetica, economica e sociale possano derivare dallo sviluppo della generazione low carbon, dalla promozione delle nuove forme di mobilità e dalla diffusione dei servizi energetici innovativi, elementi che dovranno essere adeguatamente valorizzati per accelerare il processo di transizione.

Edison è tra i primi operatori in Italia nel campo della produzione di energia elettrica e, seppur investendo molto nella produzione da energie rinnovabili, mantiene un ruolo significativo nell’importazione in Italia di gas naturale, una risorsa fondamentale per la transizione energetica. Quale può essere il ruolo dell’azienda e soprattutto dell’Italia nel Mediterraneo rispetto all’opportunità di trasformare la nostra penisola in uno strategico hub energetico?

Grazie alla sua posizione privilegiata, l’Italia dovrebbe certamente ambire ad assumere un importante ruolo di congiunzione tra la sponda settentrionale e meridionale del Mediterraneo. Oltre alla valorizzazione dei flussi energetici continentali, anche attraverso nuovi investimenti sulle infrastrutture portuali, il nostro paese potrebbe posizionarsi strategicamente nei traffici marittimi mediterranei, da sempre al centro delle principali rotte internazionali.

Come anticipato, nel processo di transizione energetica un ruolo essenziale verrà ricoperto dal gas naturale, di cui Edison è secondo importatore in Italia. L’azienda contribuisce alla sicurezza degli approvvigionamenti nazionali con un portafoglio di forniture di lungo termine per un totale di oltre 14 miliardi di metri cubi annui, attraverso contratti da fonti consolidate e nuove opzioni di diversificazione.

In questo settore, Edison – attraverso una storica esperienza e solidi legami con i principali player dell’area – sta portando avanti importanti progetti di interconnessione, volti a garantire approvvigionamenti sicuri, competitivi e diversificati, collegando l’Europa alle risorse regionali del Mediterraneo, in particolare nel quadrante orientale.

La recente pubblicazione dell’Osservatorio mediterraneo dell’energia, riguardo alle prospettive future, evidenzia un dato molto importante a proposito della crescita demografica della sponda Sud, rendendoci il paradosso che alcuni paesi come Egitto ed Algeria, da esportatori netti di gas, oggi sono quelli maggiormente assetati di questa materia prima per alimentare la loro crescita. Rispetto agli obiettivi di sviluppo di quei paesi come possono interagire Italia e UE?

Nel settore Sud del Mediterraneo si rilevano notevoli differenze nelle dinamiche sub-regionali, principalmente dovute alle differenti evoluzioni demografiche ed economiche delle diverse aree. Nei paesi della sponda settentrionale si prevede una leggera decrescita della popolazione, una flessione della domanda energetica primaria e dei consumi finali, principalmente dovuta all’efficienza energetica; di contro, negli Stati della fascia meridionale si attende un considerevole incremento demografico (+100 milioni di abitanti al 2040), con conseguente crescita economica negli scenari 2030 e 2040 ed un aumento della domanda e dei consumi finali.

Occorre però sottolineare che la sponda Sud, oltre alle grandi riserve di gas naturale, può contare anche su un considerevole potenziale di energia rinnovabile. Le fonti green rappresentano ancora solo il 7% del loro Total Primary Energy Supply, ma la quasi totalità dei Paesi ha adottato piani nazionali per le energie rinnovabili, rivedendo i propri target per orizzonte temporale, capacità e / o ripartizione tecnologica.

In questa prospettiva, l’Italia emerge come partner naturale per supportare le diverse politiche di decarbonizzazione e sviluppo infrastrutturale dell’area. Ora più che mai si rileva quindi la necessità di una seria collaborazione euro-mediterranea, volta anche alla realizzazione di nuovi progetti di generazione rinnovabile nei quali l’Italia, grazie alle sue competenze ed alle solide relazioni con molti dei paesi interessati, potrà avere un ruolo centrale.

Un’ultima domanda a proposito dell’idrogeno. Crede che un impegno forte nell’innovazione tecnologica e soprattutto nell’industrializzazione possano portare ad un abbassamento nei costi di produzione contribuendo così in maniera efficace alla transizione energetica?

Oltre agli aspetti ambientali ed economici, ritengo importante sottolineare come allo sviluppo delle filiere legate all’idrogeno sia strettamente collegata una potenziale ridefinizione di alcuni dei principali equilibri geopolitici mondiali, storicamente legati alla presenza di risorse naturali sui diversi territori. La diffusione di questo vettore innovativo potrebbe quindi incidere in maniera considerevole anche sugli equilibri della regione mediterranea.

Da un punto di vista energetico, l’idrogeno potrà poi certamente offrire un contributo rilevante nel raggiungimento del target europeo di neutralità climatica al 2050 (insieme agli altri green gas come il biometano e il bio-GNL), favorendo specialmente il processo di decarbonizzazione dei cosiddetti settori hard to abate e la riconversione di importanti siti industriali dismessi.

Ricollegandomi alla domanda relativa ai costi, invece, reputo che per favorire la creazione di una filiera dell’idrogeno – in primis a livello nazionale – occorrerebbe procedere con un approccio sistemico, valorizzando l’intera catena del valore, sia dal punto di vista industriale che commerciale. Sul punto saranno essenziali i diversi strumenti di supporto che dovranno essere definiti, auspicando possano essere in grado di ridurre l’ampio gap esistente tra i costi dell’idrogeno e quelli collegati all’utilizzo delle risorse tradizionali.

Parallelamente, in un’ottica di sviluppo progressivo del settore, sarà assolutamente necessario focalizzarsi sull’installazione di capacità rinnovabile addizionale rispetto ai target oggi previsti dai piani nazionali, disegnando gli opportuni meccanismi autorizzativi e di mercato necessari a sostenere le nuove politiche dell’energia. 

Articoli Correlati

Fontana e il triangolo con Ungheria e Balcani

Il presidente della Camera ospite d'onore della riunione dei presidenti dei Parlamenti del Sudest europeo sull'allargamento ai Balcani occidentali....

Accordo Meloni-Rama: i rischi di infiltrazioni della mafia albanese

L’accordo Meloni-Rama, nella logica di una equa ridistribuzione dei migranti, serba un rischio che ha ricevuto poca attenzione mediatica:...

Perché le visite di Mattarella in Corea del Sud e Uzbekistan sono strategiche

Chiamarla manovra di accerchiamento della Cina sarebbe troppo. Ma l’espressione è chiarificatrice del senso del filo rosso che lega...

Gli equivoci della globalizzazione

A dispetto delle più utopistiche teorie sulla globalizzazione che avevano trovato ampio eco negli anni Novanta e che erano...