Dal 1991 è possibile notare come la Repubblica Popolare Cinese abbia preferito non ricorrere allo strumento militare per la risoluzione di dispute territoriali o per mantenere il dominio marittimo in alcune regioni (ad eccezione dei test missilistici contro Taiwan nel 1995-6); la scelta infatti è stata quella di utilizzare maggiormente navi civili (come la Guardia Costiera) o irregolari (come la milizia marittima), per ridurre al minimo i rischi di escalation. A quale obiettivo strategico e concetto operativo risponde l’impiego massiccio di tali attori?
Un tema particolarmente trattato dalla letteratura è la cosiddetta “svolta verso i mari” o “marittimizzazione” dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL), la cui origine si fa coincidere convenzionalmente con il 1985 (in occasione di una sessione allargata della Commissione Militare Centrale, organo che svolge funzioni di vertice politico-militare); ciò ha fatto sì che la Marina abbia nel tempo beneficiato di un trattamento preferenziale rispetto alle forze di terra. Nel XXI secolo, il dominio marittimo è stato definito come uno dei tre principali domini di sicurezza, insieme al dominio spaziale e quello del cyberspazio. Nel 2012 Hu Jintao, nel rapporto del 18° Congresso del Partito, ha identificato questi domini come principali aree di interesse per la sicurezza nazionale. Sarà inoltre in tale occasione che il leader cinese introdurrà per la prima volta la necessità strategica di creare una grande potenza marittima. La crescente importanza che ha assunto il dominio marittimo ha concorso a rendere indispensabile la modernizzazione navale della Repubblica Popolare Cinese.
La “svolta verso i mari”, però, non è collegata esclusivamente ad un maggior coinvolgimento della Marina all’interno delle attività dell’EPL, ma implica un più specifico processo di modernizzazione navale della Repubblica Popolare Cinese.
Nel report “Chairman Xi Remakes the PLA” (2019), I.B. McCaslin e A.S. Erickson mettono in evidenza come la modernizzazione navale possa essere analizzata secondo tre vettori fondamentali:
- Il primo concerne lo sviluppo di hardware e software volti a creare una Marina capace di proiettare potenza.
- Il secondo riguarda invece la creazione di una potenza marittima che sia in grado di coordinarsi efficacemente con altri servizi, per poter affrontare forze armate nemiche tecnologicamente avanzate. Tale discorso è particolarmente collegato al concetto dottrinale, formulato sotto la leadership di Jiang Zemin nel 1993, di combattere “guerre locali in condizioni di alta tecnologia”; dunque richiamando chiaramente la necessità di un maggior coordinamento fra i vari servizi militari.
- Il terzo vettore, infine, si riferisce allo sviluppo di una potenza marittima integrata, con una Marina che si coordini efficacemente con attori civili, quali ad esempio la Guardia Costiera o la milizia marittima.
L’ultimo punto risulta particolarmente cruciale per la nostra analisi; di recente, infatti, la Repubblica Popolare Cinese ha impiegato sempre più intensamente attori civili soprattutto per ciò che concerne le controversie sulla sovranità marittima, in particolar modo nelle operazioni nel Mar Cinese Meridionale. Tale approccio nasce dalla volontà cinese di espandere il controllo delle acque contese senza far scoppiare un conflitto militare, riducendo così al minimo i rischi di escalation. Ora, dunque, possiamo comprendere perché la Repubblica Popolare Cinese preferisca impiegare maggiormente attori quali la Guardia Costiera (che è stata ribattezzata da molti come la “seconda Marina cinese”) o la cosiddetta milizia marittima. Quest’ultima, nello specifico, risulta di particolare interesse perché se formalmente non costituisce un corpo unitario, in realtà è integrata all’interno della catena di comando e controllo della Marina dell’EPL che ne coordina e ne conduce le operazioni.
Il caso della milizia marittima
Mentre la Guardia Costiera è stata designata da alcuni come “seconda Marina cinese”, la milizia marittima invece è stata più volte ribattezzata come “terza forza marittima” (“Third Sea Force”). Tale componente sarebbe integrata nei più generali corpi di milizia cinesi che rappresentano una forza armata di riserva di civili che opera parallelamente e in supporto dell’EPL. Kennedy e Erickson rilevano, infatti, che le Forze Armate cinesi sono divise in: EPL, Polizia Armata del Popolo (PAP) e la milizia, di cui fa parte il PAFFM (China’s People’s Armed Forces Maritime Militia).
Nel 1997 la legge sulla difesa nazionale della Repubblica Popolare Cinese ha autorizzato la milizia ad aiutare l’EPL a mantenere l’ordine pubblico. Altro riferimento cruciale nei confronti di questo attore si trova nel Libro Bianco cinese del 2013, il quale viene descritto come un corpo ausiliario e di sostegno dell’EPL. Due sono le principali attività di supporto che la milizia opera, ovvero quella di fiancheggiare l’EPL nella difesa di Pechino da minacce esterne e quella di mantenere la stabilità e la sicurezza nazionale per quanto concerne questioni domestiche.
La milizia marittima viene impiegata soprattutto nelle dispute territoriali in mare, come è possibile notare dalle operazioni nel Mar Cinese Meridionale o attorno alle isole Senkaku. Per comprendere le modalità di intervento della “terza forza marittima” è cruciale analizzare le attività di disturbo attuate nel 2009 contro la USNS Impeccable. Nel marzo dello stesso anno delle navi civili cinesi hanno disturbato le manovre della USNS Impeccable, una nave di sorveglianza oceanica della Marina statunitense impegnata nella raccolta di informazioni sottomarine nel Mar Cinese Meridionale.

1. Schema sintetico per comprendere maggiormente gli avvenimenti del caso studio del 2009.
L’8 marzo cinque navi cinesi (una nave della Marina Militare cinese, una nave da pesca, una nave pattuglia della China Marine Surveillance e due piccoli pescherecci con bandiera cinese) hanno circondato la nave americana in quanto ritenuta responsabile di attività illegali nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) di Pechino. Il 7 marzo difatti una nave cinese aveva contattato tramite radio l’Impeccable ordinandole di lasciare l’area o di prepararsi altrimenti a “soffrirne le conseguenze”. Alle ripetute molestie la risposta americana fu quella di far scortare la nave statunitense dal cacciatorpediniere USS Chung-Hoon (DDG-93); i media statali cinesi a tal punto dichiararono la fine dello stallo per evitare una possibile escalation militare. Washington e Pechino al termine dell’incidente raggiunsero un accordo, informale, per poter prevenire nel futuro episodi simili. L’accordo però, come ci insegnano gli avvenimenti successivi, non portò alla cessazione completa delle molestie cinesi verso navi statunitensi.
Conlcusioni
In conclusione, è importante rimarcare il peso che gli attori civili hanno nelle attività che la Repubblica Popolare Cinese svolge a tutela del dominio marittimo. Pechino negli ultimi decenni, come abbiamo precedentemente analizzato, ha aumentato esponenzialmente l’impiego della Guardia Costiera e, ancora più interessante, della milizia marittima; tale preferenza scaturisce dalla volontà di calibrare le attività coercitive dell’EPL per rimanere costantemente sotto la soglia di escalation di un conflitto armato con gli USA (o con i suoi principali alleati) e con gli altri attori nella regione dell’Indo-Pacifico.
L’importanza strategica di affinare l’efficienza del coordinamento fra la dimensione del civile e del militare viene inoltre rimarcata nel recente quinto Plenum del 19esimo Comitato Centrale del Partito Comunista; in tale occasione viene difatti sottolineata la volontà di rinforzare l’ “unità” fra le due sfere, ponendola pertanto come una questione sempre più cruciale per gli interessi di sicurezza nazionale del dragone.
Elisa Ugolini,
Geopolitica.info