La nuova presidenza americana guidata da Joe Biden ha provveduto a porre fine agli accordi di cooperazione in materia di asilo con i paesi di El Salvador, Guatemala, Honduras, approvati durante l’amministrazione di Donald Trump. La notizia è stata resa nota dal Dipartimento di Stato americano. Gli accordi vincolavano i migranti a domandare asilo nel paese in cui transitavano per primi, che spesso risultava essere Guatemala, Salvador oppure Honduras, impedendo in tale maniera di giungere fino alla frontiera statunitense.
Come affermato dal Segretario di Stato americano Antony Blinken, la scelta della nuova presidenza si indirizza nella ricerca di una maggiore partnership e collaborazione a livello regionale.
Il Comprehensive Framework to Promote Safe, Orderly Migration in North and Central America, questo il nome dell’ordine esecutivo 14010 firmato da Biden il 2 febbraio scorso, ha infatti come obiettivo la creazione di un approccio globale alla gestione della migrazione nell’intero Nord e Centro America .
L’intento del nuovo inquilino della Casa Bianca è quello di mettere in campo una strategia di coordinamento con lo scopo di affrontare le cause della migrazione sui territori di El Salvador, Guatemala, ed Honduras, ovvero nel cosiddetto “Triangolo settentrionale”: l’ordine esecutivo prevede in primo luogo il contrasto ai fenomeni di corruzione, il rafforzamento della governance democratica, la salvaguardia dello Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani, dei lavoratori e di una stampa libera. Allo stesso tempo Washington pone l’accento sul contrasto alla violenza e ai fenomeni di estorsione, specie quelli messi in atto dalle bande criminali e dalle reti dei trafficanti nonché la punizione di tutte le forme di violenza sessuale, sia quella di genere sia quella in ambito domestico. Inoltre, al fine di mitigare i fenomeni migratori, Washington si propone di risolvere i problemi economici e le forme di disuguaglianza sociale che attanagliano la regione centroamericana, mettendo in campo un maggior dispiegamento di risorse ed auspicandosi che le regioni del Triangolo settentrionale siano in grado di promuovere delle società sostenibili in tutta l’area.
La strategia americana per l’area centroamericana prende il nome di Collaborative Management Strategy la quale si prefigura di fornire un canale prioritario alla protezione e all’assistenza dei migranti ed a tutte quelle azioni dirette ad affrontare il contenimento dei flussi migratori: nelle intenzioni della nuova amministrazione, la priorità dovrà necessariamente essere concessa al sostegno di tutti quei percorsi che siano in grado di concedere ai migranti stabilità e sicurezza nei paesi di accoglienza della regione centroamericana. Allo stesso tempo, Washington si prefigura di incrementare l’accesso e l’efficienza del trattamento per il reinserimento dei rifugiati dei paesi del Triangolo settentrionale.
Sulla falsariga di quest’ultimi percorsi, l’ordine esecutivo della Casa Bianca prevede un canale prioritario al trattamento delle richieste d’asilo alle frontiere degli Stati Uniti: a tal proposito, in linea con i vincoli di salute e sicurezza pubblica, l’amministrazione democratica metterà in campo una serie di consultazioni di concerto con le organizzazioni internazionali, anche con quelle non governative, allo scopo di sviluppare congiuntamente politiche e procedure atte ad un trattamento sicuro e preferenziale delle richieste d’asilo.
Inoltre, la nuova presidenza americana ha prontamente fatto calare il sipario sull’amministrazione Trump, procedendo a revocare tutti gli atti, specie quelli in tema di immigrazione, siglati dal tycoon: secondo quanto stabilito dall’ordine esecutivo del 2 febbraio a decadere sono infatti gli accordi atti all’esame delle richieste di protezione siglati dalla presidenza Trump con Guatemala (accordo del 26 Luglio 2019), El Salvador (20 Settembre 2019), Honduras (25 settembre 2019). Inoltre Biden ha proceduto a revocare alcuni documenti presidenziali emanati da Trump, tra i quali figurano l’ordine esecutivo del 25 gennaio 2017, relativo alla sicurezza ai confini; la proclamazione 9880 del 8 maggio 2019, la quale affrontava le tematiche inerenti la migrazione di massa messa in campo attraverso il confine meridionale degli Stati Uniti; il Memorandum presidenziale del 29 aprile 2019, recante misure atte a migliorare la sicurezza delle frontiere; il Memorandum presidenziale del 4 aprile 2018, inerente la protezione del confine meridionale degli Stati Uniti.
Come dichiarato dallo stesso Dipartimento di Stato, il percorso tracciato da Biden appare ambizioso nei suoi intenti, prefigurandosi di lavorare a stretto contatto con i governi, organizzazioni internazionali e non governative, società civili e settore privato, con l’obbiettivo di costruire società più solide in tutta la regione centroamericana.
Quello che è possibile prospettare concretamente per i mesi futuri è la messa in atto da parte di Washington di un piano di aiuti allo sviluppo verso i paesi centroamericani: a conferma di questa ipotesi giungono infatti le dichiarazioni del presidente messicano Andrès Manuel Lòpez Obrador, il quale, dopo un colloquio telefonico con Biden, ha riferito l’intenzione del neo presidente di stanziare 4 miliardi di dollari per promuovere lo sviluppo e cercare di porre fine ai flussi migratori provenienti dal Triangolo Nord.
Gli Stati Uniti si dicono inoltre pronti a sostenere gli sforzi profusi dai governi dell’area centroamericana, anche allo scopo di non imporre loro un onere troppo eccessivo e tenendo in considerazione il delicato contesto d’emergenza economica e sociale provocato dalla pandemia di Covid-19.
Tuttavia, il Dipartimento di Stato ha chiarito che il nuovo corso intrapreso dall’amministrazione democratica non significa necessariamente che il confine degli Stati Uniti sia divenuto improvvisamente un confine “aperto” e che dunque verranno contrastate e punite tutte quelle forme irregolari di immigrazione.
La prima fase della nuova amministrazione Biden è dunque caratterizzata dalla volontà di far calare definitivamente il sipario sulle politiche migratorie attuate a suo tempo dalla presidenza Trump: in questa direzione possono annoverarsi le decisioni relative alla sospensione della costruzione del muro al confine con il Messico; al tempo stesso il nuovo presidente statunitense ha stabilito la creazione di una task force volta ad assicurare la riunificazione familiare di quei minori costretti a separarsi dai genitori dopo aver attraversato il confine; inoltre il 20 gennaio il Dipartimento per la sicurezza interna ha provveduto a sospendere il Migrant Protection Protocols (MPP), programma più comunemente conosciuto con il nome di “Remain in Mexico”, creato dall’amministrazione Trump nel gennaio del 2019 nel tentativo di scoraggiare i richiedenti asilo che tentavano di entrare in territorio americano, obbligandoli al rimpatrio oltre confine e ad attendere il risultato delle udienze in fatiscenti campi profughi. Il programma è stato fortemente criticato anche dalla Human Rights Watch che in un rapporto pubblicato nel gennaio di quest’anno ha descritto come la politica di Trump abbia esposto i richiedenti asilo al rischio di gravi pericoli.
Un piano d’azione di una tale portata non si vedeva dal lontano 1961, ovvero da quando il presidente Kennedy lanciò il programma di assistenza economica, politica e sociale nei confronti dell’America latina denominato “Alliance for Progress”. L’obbiettivo della strategia regionale prospettata da Biden, che richiederà probabilmente l’impiego di circa 4 miliardi di dollari, si propone dunque di risolvere alla base quei fattori che conducono i migranti centroamericani ad abbandonare le loro terre, esponendo se stessi, e le loro famiglie, ai rischi connessi al loro lungo viaggio.