L’Artide è una regione al plurale con tre definizioni: una geodetica di Circolo polare, una climatico-ambientale e quella dell’Arctic Monitoring and Assessment Programme (AMAP) Questo continente di acqua e ghiaccio è diviso tra futuro potenziale e presente instabile.
Attualmente il fatto certo è che la temperatura media della Terra è aumentata di 0,74°C nel corso del XX secolo e che, secondo le proiezioni, l’Artico si scalderà più velocemente rispetto alla media globale. Queste maggiori temperature hanno già provocato dei cambiamenti nella regione, come la fusione dei ghiacci marini e degli strati continentali di ghiaccio in Groenlandia. L’assottigliamento della copertura di ghiaccio aggrava potenzialmente il problema riducendo l’albedo superficiale e aumentando l’assorbimento delle radiazioni a onda corta in entrata. Esistono inoltre due probabilità su tre che, prima della metà del secolo, il Mare Artico rimanga di fatto senza ghiaccio nelle stagioni estive. Oggi questo ghiaccio residuo tende a farsi sottile, sciogliendosi e riformandosi con cadenza incerta. Da ciò scaturiscono due aspetti emblematici degli opposti interessi sull’area: uno che vuole evitare la catastrofe globale, ecologica e climatica, che quindi guarda alla vulnerabilità di un ecosistema d’importanza planetaria, nell’ottica di risolverne le criticità eliminando sul lungo periodo ogni attività economica e militare; l’altro che ha appetito e fantasie di potenza e di affari.
La potenzialità dell’Artico è quindi insita nella sua stessa fragilità: col cambiamento climatico il ghiaccio diviene più sottile e quindi più perforabile dalle navi. Tale percorribilità permetterebbe nuove rotte che consentirebbero di passare dal Pacifico all’Atlantico in maniera più rapida. Inoltre, le risorse energetiche, quali petrolio e altri idrocarburi, o ittiche, diverrebbero, come già lo stanno diventando, più disponibili.
Cambiano le rotte, cambia la geopolitica
Lo scioglimento della calotta polare artica renderebbe praticabile la rotta Transpolare, la via più breve per muoversi fra il Pacifico e l’Atlantico, pur essendo anche la più esposta alla presenza dei ghiacci e ai dispetti del clima. Questa rotta che corre dallo Stretto di Bering alle isole Svalbard, vanta il privilegio di evitare le acque territoriali degli Stati rivieraschi e le annesse pretese di controllo sui traffici locali, così come alcuni impedimenti geografici che minacciano la continuità di altri corridoi. Vi sono poi le altre rotte che diverrebbero più semplici da praticare: il passaggio a Nord-Est, con le sue diverse ramificazioni di percorso dove la Russia ha un controllo immediato degli snodi strategici e dei traffici; il passaggio a Nord-Ovest con 3 mila miglia nautiche che intersecano il labirinto dell’arcipelago canadese, con altrettante possibili diramazioni.
Il dibattito sulle nuove rotte artiche nel sistema internazionale degli scambi commerciali è esaltato dai vantaggi temporali che queste promettono di assicurare rispetto a vie di comunicazione marittime più consolidate. Ad esempio, un mercantile salpato dal porto di Yokohama, in Giappone, e diretto ad Amburgo che dovesse scegliere una delle rotte artiche al posto di quella meridionale potrebbe guadagnare fino a dodici giorni di navigazione seguendo la Transpolare, undici giorni con il passaggio a Nord-Ovest e nove giorni con la rotta marittima settentrionale.
L’effettiva convenienza di queste scorciatoie è però messa a dura prova dalle sfide e dalle reali condizioni dell’Artide che non rendono tali passaggi poi così economicamente sostenibili. Ciò non toglie però che in futuro il traffico marittimo nel Grande Nord non sia destinato ad aumentare.
Aspiranti Iperborei
Lo scioglimento dei ghiacci è una condizione che ha permesso di evidenziare alcune linee di tendenza che ben testimoniano il dinamismo di chi, fuori e dentro la regione, si sta già posizionando per esser pronto a cogliere le nuove opportunità. L’andamento prevalente cui si assiste oggi nell’Artico infatti non è il conflitto, ma una gara per l’influenza. Questa dinamica la si evince non solo dall’interesse potenziale verso le risorse, le rotte o riguardo l’eventuale influenza data dalla posizione a Nord, ma altresì da azioni concrete quali la militarizzazione dell’Artico da parte della Russia e della NATO, e dall’interesse di un paese come la Cina, attenta alle vie della seta polari. Dopotutto sulla regione artica si affacciano l’Asia, l’Europa e l’America e le rispettive ambizioni strategiche.
La geopolitica dell’Artico ha diversi livelli statali e internazionali e gli agenti più lontani si avvalgono della scienza, come vettore strategico per legittimare la presenza del proprio Stato. L’Artide è quindi un mosaico complesso di interessi che si sovrappongono: l’India e la Cina col Terzo Polo sostengono che lo scioglimento dei ghiacci dell’Himalaya vada studiato partendo da quello Artico; con l’alibi della ricerca e dell’esplorazione si aggiunge l’Italia attraverso l’Istituto di ricerca “Dirigibile Italia” alle Svalbard; la Cina e il Regno Unito si avvalgono della prossimità geografica e dell’impatto globale del cambiamento climatico, così come Singapore delle circolazioni oceanico-atmosferiche; fino a un livello regionale come la Scozia che si è avvalsa di giustificazioni identitarie. È così che il Polo Nord si prefigura come un teatro il cui scenario non è di scontro tra le diverse potenze ma di influenza sul resto del mondo in attesa di sviluppi futuri. Chissà che dall’area strategica da cui partono tutti i fusi orari del mondo, un domani non derivino nuovi assetti geopolitici mondiali.