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La Russia in Algeria

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L’Italia sta cercando di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico per uscire dalla dipendenza dalla Russia, ma le manovre di svincolo dai rapporti con Mosca non sempre sono così lineari. Il Cremlino da anni agisce in quello che dovrebbe essere il nostro estero vicino per aggirare la Nato; Libia ed Algeria sono le direttrici più importanti della sua tattica nordafricana. E la stretta presa di Mosca sui due attori nordafricani potrebbe complicare i nostri interessi.

La guerra scatenata dall’intervento militare della Federazione Russa in Ucraina sta polarizzando significativamente il sistema internazionale, con l’eccezione di alcuni attori che cercano il dialogo, pur sempre con velleità di potere. Tale dinamica si riverbera anche in Africa settentrionale, vedendo la Federazioni Russa per alcuni aspetti in vantaggio. 

Il caso algerino è paradigmatico dell’influenza che la Russia ha costruito negli anni nel contesto nordafricano e mediorientale. Tuttavia le strette relazioni tra Mosca ed Algeri risalgono a ben prima degli anni duemila, arrivando ad una data cardine per l’Algeria: il 1962, anno della sua indipendenza dopo una lunga guerra contro la Francia. 

La fondazione dell’Algeria come Stato nazionale è stata opera dell’Esercito, organo che ha informato negli anni a venire il potere che spesso è stato qualificato come vero e proprio regime militare. Tuttavia il sistema politico algerino, attualmente, è molto più complesso rispetto a come generalmente viene descritto, pur mantenendo un’alta influenza da parte dell’apparato militare.

Negli anni della Guerra Fredda l’Unione Sovietica portò avanti una narrazione fortemente anti-imperialista con l’obiettivo tattico di portare sotto la propria sfera di influenza quei paesi in cerca di indipendenza. Durante la guerra algerina Mosca le fornì pertanto assistenza militare e il riconoscimento politico nel 1960 al Governo Provvisorio della Repubblica di Algeria e nel 1962 aprendo relazioni diplomatiche pochi mesi prima della proclamazione ufficiale dell’indipendenza algerina. 

I rapporti Mosca-Algeri si sostanziarono tanto nella fornitura di armi necessarie al nuovo Stato algerino, quanto nella visione comune anti-imperialista. La nuova vicinanza tra i due attori emerse nel 1968 quando Algeri si astenne dalla risoluzione che condannava l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Tuttavia la vicinanza tra i due non si concretizzò mai in una piena integrazione dell’Algeria nella sfera di influenza sovietica, tanto che negli anni settanta la politica algerina era proiettata verso il “non allineamento”, tentando di raccogliere consensi tra i paesi del Terzo Mondo facendosi peraltro promotrice del Nuovo Ordine Economico Internazionale (NOEI). 

Alla fine degli anni ottanta e all’inizio degli anni novanta i due attori allentarono ulteriormente i rapporti a causa del collasso sovietico e del caos interno che dilagava in Algeria.

La stabilizzazione algerina e della Federazione Russa iniziò progressivamente a riavvicinare i due attori, tanto che nel 2001 siglarono un Partenariato Strategico che costituisce il testo di riferimento e la pietra angolare per le relazioni tra i due Paesi nel dopoguerra fredda. Da tale accordo le relazioni tra Algeri e Mosca si intensificarono ricoprendo una vasta gamma di settori: militare, commerciale, traffico aereo, trasporto marittimo, scientifico, culturale, energetico ed intelligence. L’accordo per il partenariato strategico verrà poi reiterato con la visita di Putin nel 2006 cui si aggiunse l’azzeramento del debito da 4,7 miliardi di dollari che Algeri aveva contratto con l’ormai ex Unione Sovietica. In cambio l’Algeria continuava ad importare dalla Federazione Russa gran parte del suo fabbisogno di armi funzionali alla modernizzazione del sistema militare. Le difficili relazioni con i vicini facevano, e fanno tutt’oggi, l’Algeria un paese alquanto insicuro dal punto di vista geopolitico e geostrategico. Alle difficili relazioni con il Marocco vi si aggiunse la crisi delle Primavere Arabe che colpì duramente due attori confinanti con Algeri: la Tunisia e la Libia. Nel caso libico si acuirono le relazioni algerine con l’Occidente. Mentre quest’ultimo protendeva verso un intervento militare, Algeri vi si opponeva, vedendo nell’intervento stesso il preludio all’implosione libica e ad una più generica instabilità regionale che avrebbe sicuramente lambito anche la sicurezza strategica algerina. L’intervento occidentale era visto anche come la riprova di un atteggiamento neocoloniale. Entrambi le considerazioni si concretizzarono in una prima posizione ufficiale di neutralità e non ingerenza, dunque in disaccordo con le operazioni occidentali. Affinità con la posizione russa contraria anch’essa alle Primavere Arabe sobillate da Occidente.

In concomitanza a tali dinamiche, che portarono ad una significativa instabilità regionale, l’Algeria si vide costretta a riconsiderare le priorità strategiche. La spesa militare vide un netto aumento tra il 2010 ed il 2011, passando da circa 5 miliardi di dollari a quasi 9 miliardi. La frontiera tra Libia ed Algeria divenne territorio in cui i jihadisti avevano praticamente campo libero, data anche la difficoltà algerina di avere un controllo significativo nella zona sahariana. 

L’incremento delle importazioni militari fece dell’Algeria un attore sempre più dipendente dalle forniture militari russe tanto da diventare il terzo importatore di armi dalla Federazione Russa più importante dopo Pechino e New Delhi. In totale le forniture russe di armi ricoprono il 66% dell’import algerino tra i quali spiccano aerei da combattimento, elicotteri, sistemi missilistici e carri armati. Per quanto riguarda la Marina troviamo inoltre una totale dipendenza dalle forniture russe per quanto riguardano i sottomarini, di importazione sovietica e poi russa. Il 9 gennaio 2019 la Marina algerina ha commissionato due nuovi sottomarini di classe Kilo Project 636 in una cerimonia presso la base navale di Mers el Kebir a Oran.

Proprio in quell’anno, durante le proteste contro la ricandidatura del Presidente Bouteflika, la Federazione Russa decise di non esporsi troppo a favore di quest’ultimo, sottolineando l’interesse a mantenere una cooperazione di lungo termine a prescindere da chi prenda il potere ad Algeri. La radice del rapporto Mosca-Algeri sembra allora permeare un partenariato strategico di notevole spessore. Un rapporto di lunga durata che porta vicendevoli benefici strategici, soprattutto a Mosca in costante cerca di partner nel Mediterraneo. 

Il rapporto tra i due si sostanzia non solo nel campo militare, come abbiamo già visto in precedenza, ma  è presente anche una forte componente energetica, dal 2017, le principali società energetiche russe, Gazprom e Transneft, hanno collaborato con la società statale algerina di idrocarburi, Sonatrach, a progetti di costruzione di oleodotti. Dinamica quest’ultima che dovrebbe interessare la diplomazia italiana che per disincagliarsi dalla dipendenza energetica russa sta spostando lo sguardo verso il fronte meridionale, troppo spesso posto nel dimenticatoio delle priorità strategiche. 

Per tentare di lambire la postura algerina, il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken ha fatto visita ad Algeri facendo pressioni sul Presidente Tebboune criticando la vicinanza del paese nordafricano con la Federazione Russa, asserendo che «i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente hanno già sperimentato le conseguenze delle campagne militari russe». L’Algeria peraltro si astenne al voto in Assemblea della Nazioni Unite che condannava l’invasione russa in Ucraina e contro l’espulsione della Russia dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Tali dinamiche dovrebbero allertare la diplomazia italiana anche in virtù del progetto di legge per la ZEE che potrebbe essere danneggiata dal momento che quella algerina, istituita nel 2018, si estende sino a nord-ovest del Golfo di Oristano, in prossimità delle acque territoriali di Sant’Antioco, Carloforte, Portovesme, Bosa e Alghero. L’espansione della ZEE e della capacità strategica algerina nel Mediterraneo occidentale ci tocca sia da un punto di vista economico che da quello della sicurezza tanto da generare attriti tra Roma e Algeri. Alla luce della continua instabilità libica e della guerra in Ucraina che complica il nostro import energetico è fondamentale per Roma orientare la sua politica estera nel Mediterraneo e più specificatamente in Algeria. Tuttavia tenendo ben a mente i suoi rapporti con il Cremlino. Dunque tentare di allentare i rapporti facendo leva ad esempio sulle sue necessità di diversificare i proventi economici che oggi poggiano principalmente sul settore energetico. La manovra troverebbe il sostegno statunitense che necessita di ridimensionare gli attori che hanno tentato negli ultimi anni di lambire il controllo strategico statunitense del Mediterraneo come Russia, Cina e Turchia (sebbene afferisca all’Alleanza Atlantica).

Il conflitto in corso sta lentamente cambiando le priorità strategiche della Nato, spostando l’attenzione principalmente in Europa Centrorientale. Imperativo per Roma dovrebbe essere non farsi trascinare troppo dallo spostamento, rivalutare la strategia mediterranea per porsi in allerta dalle penetrazioni di attori divenuti ormai rivali strategici della Nato, in un contesto, quello mediterraneo, di vitale importanza per la potenza marittima statunitense che poggia sulla sicurezza dei “medioceani”. 

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