Recentemente, sono state approvate due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza riguardanti i civili nel corso di conflitti armati: la n. 2474 affronta la problematica delle persone scomparse durante i conflitti armati; la n.2475 pone in evidenza la complessa situazione delle persone disabili all’interno dei conflitti.
Entrambe le risoluzioni poggiano le loro premesse sul ruolo primario della Carta delle Nazioni Unite nell’ambito del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, sul rispetto delle norme e dei principi alla base del diritto internazionale umanitario, sottolineando come il raggiungimento di una pace e di una sicurezza sostenibili necessitino di strumenti fondamentali quali il dialogo, la mediazione, le consultazioni e i negoziati politici per superare le differenze e porre fine ai conflitti.
Il diritto internazionale e il diritto umanitario internazionale.
Per quanto concerne la problematica evidenziata dalla prima risoluzione in esame, si sottolinea come, sia il diritto internazionale relativo alle persone scomparse a seguito di conflitti armati, che il diritto umanitario internazionale (Convenzioni di Ginevra del 1949 e Protocolli addizionali del 1977) hanno previsto che gli Stati membri parti delle Convenzioni si impegnino a rispettare e garantire quanto previsto dalle stesse. Altre risoluzioni in materia sono:
- le Risoluzioni 1265 (1999), 1296 (2000), 1674 (2006), 1738 (2006), 1894 (2009), 2222 (2015) e 2286 (2016) sulla protezione dei civili nei conflitti armati, nonché le pertinenti dichiarazioni correlate;
- le Risoluzioni 2417 (2018), 2175 (2014) e 1502 (2003) sulla protezione del personale umanitario impegnato nei conflitti;
- la Risoluzione dell’Assemblea Generale 73/178 denominata “Persone scomparse”;
- la Relazione del Segretario Generale sulla protezione dei civili nei conflitti armati del 07 maggio 2019 (S/2019/373).
Anche per la seconda questione evidenziata ovvero i disabili nei conflitti armati, si può continuare a fare riferimento alle Convenzioni di Ginevra e ai Protocolli aggiuntivi, oltreché alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che all’ articolo 11, afferma: “ Gli Stati Parti prenderanno, in accordo con i loro obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per assicurare la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, includendo i conflitti armati, le crisi umanitarie e le catastrofi naturali”.
Cosa si è fatto da parte degli Stati membri?
Attualmente, a livello mondiale, tante e gravi sono le crisi umanitarie che vedono coinvolti i civili (dall’Afghanistan e Siria alla Repubblica Centrafricana e al Sud Sudan, passando per la Palestina e lo Yemen, o per il Myanmar); si è infatti assistito negli ultimi dieci anni ad una escalation di conflitti che stanno accrescendo le sofferenze di milioni di persone, soprattutto civili. Prendendo come riferimento il “solo” Medio Oriente e Nord Africa, sono più di 71 milioni (dati Unicef) le persone in condizioni varie di bisogno, anche perché in questa vasta area si trovano quei territori (Siria, Iraq, Palestina, Yemen, Libia e Sudan) che stanno da lungo tempo affrontando molteplici crisi umanitarie che mettono a dura prova la resistenza della popolazione locale. In aggiunta, si può citare l’esempio dei Rohingya (più di 700.000 persone) che dall’agosto del 2017 sono fuggiti dalla violenza in Myanmar e si sono stabiliti a Cox’s nel Distretto di Bazar, in Bangladesh, ma che anche lì si sono trovati ad affrontare problematiche immani quali la mancanza di libertà di movimento, discriminazione e limitato accesso ai servizi di base ma anche sparizioni all’interno dei campi stessi.
Ovviamente, ognuna di queste realtà presenta proprie specificità, ma tutte sono accomunate da una mancata osservanza del diritto umanitario internazionale quando ci si riferisce al non coinvolgimento dei civili nelle attività belliche.
Le due risoluzioni si focalizzano sulle strategie da implementare d’ora in avanti.
Per quanto riguarda i conflitti armati, sono gli Stati direttamente coinvolti a dover porre in essere quelle misure volte a proteggere i civili, a salvaguardare i diritti umani di tutti gli individui presenti sul loro territorio e soggetti alla loro giurisdizione, prevenendone la scomparsa e tutelando coloro che si trovano in condizioni di disabilità. Tuttavia, ad oggi, tutto ciò è lontano dall’accadere; ed è per questo che entrambe le risoluzioni pongono l’enfasi sull’auspicio che questi cambiamenti possano realizzarsi.
Quali possono essere le azioni concrete da implementare per affrontare, concretamente, la questione delle persone scomparse nel corso dei conflitti armati?
Non esistono dati certi sul numero delle persone scomparse nei conflitti armati, ma dall’approvazione della Risoluzione n 2474 si chiede che vengano approvate alcune misure:
- la registrazione dei detenuti di guerra, con l’istituzione di uffici nazionali con le informazioni sui detenuti appartenenti alla parte avversa;
- una formazione adeguata delle forze armate in merito ai comportamenti che si possono tenere o meno;
- la garanzia della punibilità di chi ha concorso alla scomparsa dei civili, con una maggiore attenzione nel caso si tratti di bambini e l’adozione al contempo delle misure necessarie per proteggere le vittime e i testimoni;
- L’utilizzo dei progressi scientifici (la scienza forense per l’analisi del DNA) e di tecnologia (utilizzo di mappe, immagini satellitari e radar).
In tale contesto poi, va ribadita l’importanza dell’attuazione dei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, imprescindibili nelle situazioni di assistenza umanitaria nel corso dei conflitti armati (S/PRST/2000/7): è da evidenziare l’incessante sforzo posto delle organizzazioni internazionali, come il Comitato Internazionale della Croce Rossa nell’affrontare la delicata questione delle persone scomparse. Parimenti si menzionano i Rappresentanti Speciali, gli Inviati, i Coordinatori e i Consulenti del Segretario Generale delle Nazioni Unite, anch’essi impegnati a collaborare per la risoluzione di tale questione.
Quali azioni invece per le persone con disabilità?
Con la Risoluzione 2475 si vogliono implementare i diritti delle persone disabili, in situazioni di emergenza umanitaria. L’acuirsi delle tensioni in alcune aree del globo, come Nord Africa e Medio Oriente ha visto un accrescimento del numero di persone con disabilità, tra cui un gran numero di minori (dati Unicef).
La richiesta posta agli Stati membri coinvolti nei conflitti è di adottare ogni strumento in loro possesso per proteggere le persone con disabilità da ogni forma di violenza o prevaricazione e di garantire assistenza umanitaria:
- il reinserimento nel tessuto sociale di riferimento, attraverso forme di riabilitazione, sostegno psicosociale, soprattutto con riferimento a donne e bambini;
- l’accesso a servizi di base (istruzione, servizi sanitari, trasporti) su un piano di uguaglianza rispetto al resto della popolazione.
Sia le Nazioni Unite che gli Stati membri sono chiamati a svolgere un ruolo centrale al riguardo, adottando misure adeguate, volte ad eliminare la discriminazione e l’emarginazione delle persone disabili in situazioni di conflitto armato, in base agli obblighi previsti dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, coinvolgendo altresì le organizzazioni della società civile impegnate in tal senso, per lo scambio di proposte o suggerimenti.
Al Segretario Generale poi spetterà il compito di riportare informazioni e raccomandazioni in materia, così da aggiornare periodicamente il Consiglio di Sicurezza sulla situazione generale e particolare, attraverso la raccolta di dati specifici per area geografica, nell’ambito dei mandati e delle risorse investiti all’uopo.
Per concludere si ricorda che quest’ anno ricorre il 70° anniversario delle Convenzioni di Ginevra del 1949, che assieme ai protocolli addizionali, rappresenta una parte fondamentale del quadro giuridico per la protezione dei civili nei conflitti armati; l’occasione è utile per chiedere a quegli Stati che non hanno ancora preso parte alla ratifica dei protocolli aggiuntivi I e II del 1977, di prenderne parte.