Il nuovo scenario globale in tempi di COVID-19 pone una serie di sfide per l’umanità. A questa triste realtà non può sicuramente sfuggire l’America Latina, una regione dove lo scoppio del virus ha generato, oltre ad enormi difficoltà in termini economici, sanitari e sociali, una doverosa riflessione circa le prospettive di integrazione economica regionale come possibile risposta all’urto della crisi nella fase post-pandemica.
L’impatto del Covid-19 in America Latina è stato molto profondo, sotto diversi aspetti. A parte i rischi per la salute, è previsto un impatto socio-economico significativo in una regione che stava già affrontando delle difficoltà. L’America Latina è fortemente dipendente dall’economia cinese e la regione soffrirà ancora di più la crisi con l’aumento degli effetti del virus sull’economia statunitense. Inoltre, in una tempesta economica perfetta, il calo dei prezzi di petrolio, metalli e minerali ha provocato il crollo dei mercati e delle valute dell’America Latina. Molti paesi ALC (America Latina e Caribi) dispongono anche di grandi settori del turismo, che ne risentiranno notevolmente, così come i servizi, le PMI e le esportazioni di materie prime. Prima dell’epidemia, l’FMI aveva previsto una crescita del PIL dell’1,6% per la regione. Da allora, le condizioni esterne e interne sono peggiorate e la regione subirà una brusca contrazione nel 2020.
Più si desidera che il nuovo virus sia contenuto, più sarà necessario bloccare il paese – e più spazio fiscale occorrerà per mitigare la profonda recessione che ne deriverà. Il problema per la maggior parte del Sud del mondo è che i governi nazionali non hanno forza fiscale anche nei momenti migliori.
Inoltre, occorre premettere che la situazione regionale pre-pandemica non è stata troppo promettente: la pandemia ha rivelato le enormi lacune che alcuni paesi dell’America Latina avevano già, incidendo su economie deboli che non sono in grado di garantire dei servizi pubblici adeguati per tutta la comunità. Ad aggravare un simile contesto contribuiscono una serie di fattori critici che delineano una vulnerabilità caratterizzante l’intera area.
L’America Latina, infatti, è la regione del mondo che fa registrare il più alto grado di disuguaglianza. In più, risulta doveroso considerare questa disuguaglianza come un fenomeno multidimensionale, con ripercussioni negative su tutti i pilastri della coesione sociale. La prima, e più evidente forma di disuguaglianza è quella economica. Basti pensare che nella regione l’1% della popolazione latinoamericana possiede più del 40% della ricchezza dell’intera regione.
Il Rapporto della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi dell’ONU ha confermato che, anche a causa della diffusione del virus, il 2020 sarà l’anno della peggiore contrazione economica dell’area dai tempi della Grande Depressione, con un aumento certo della disoccupazione e delle disuguaglianze sociali che rischia di esacerbare i rigurgiti autoritari nella regione.
A fronte di ciò, la risposta dei governi nazionali, seppur immediata, si è prontamente tradotta in una prospettiva unilaterale che di certo non può sopperire ad una crisi di questa portata. È evidente che, posto che si tratti di un problema dell’intera regione, si richiedono azioni compatibili da parte dei governi nazionali e dell’ambiente regionale. L’entità di situazioni come quella attuale sfuggono a qualsiasi tentativo di controllo da parte del singolo Stato e ciò che la pandemia ha messo particolarmente in risalto è stata proprio la mancanza di un’azione congiunta.
Nonostante il rafforzamento dell’integrazione sia stata una costante di molti organismi regionali, i numerosi progressi in questa direzione non hanno facilitato il superamento delle difficoltà legate alla creazione di organizzazioni transnazionali robuste ed efficienti. D’altra parte, i processi di integrazione sviluppati sono stati per lo più focalizzati sugli aspetti commerciali e tariffari, senza strategie predisposte alla risoluzione di crisi di una certa portata.
In un tale contesto, l’emergenza sanitaria può rappresentare un’opportunità per i Paesi di lavorare insieme non solo per sostenere una risposta complessivamente efficace, ma anche per sviluppare delle politiche pubbliche strutturalmente adeguate. Nel frattempo, la pandemia ha evidenziato crudelmente le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari, in una regione in cui circa 125 milioni di persone non hanno ancora accesso anche ai servizi sanitari di base. È utile ricordare come nel 2017 la spesa sanitaria in America Latina e Caraibi sia stata di circa 1.000 dollari USA a persona, appena ¼ di quanto è stato speso nei paesi OCSE. Allo stesso modo, anche l’efficienza dei sistemi sanitari è notevolmente limitata, compresa la capacità di fornire servizi di buona qualità ai gruppi più vulnerabili.
Non può esservi altra scelta strategica se non quella di muoversi verso nuove strategie per migliorare la resilienza dei sistemi nazionali e la loro capacità di reagire alle future crisi. In uno scenario di incertezza e insicurezza come quello che stiamo vivendo, le organizzazioni più influenti sono chiamate a incorporare meccanismi di gestione della crisi e a unificare le posizioni di fronte alla minaccia del COVID-19.
Sul fronte regionale, i paesi del Sistema di integrazione centroamericano (SICA) hanno agito in modo relativamente rapido e coordinato: è stato approvato il Plan de Contingencia Regional che include 1,9 miliardi di dollari di fondi per la stabilizzazione economica, con 1 miliardo di dollari destinato a un fondo di emergenza per le banche centrali, 550 milioni di dollari a un fondo di emergenza fiscale e 350 milioni di dollari a un fondo di liquidità di una banca commerciale. In termini di prestito internazionale, l’FMI sta impiegando una capacità di prestito di 50,9 miliardi di dollari in totale con i 14 paesi della regione. Inoltre, i pacchetti finanziari messi a disposizione dalla Banca mondiale (disponibilità di risorse per operazioni tra 7-10 miliardi di dollari), la Banca interamericana di sviluppo (3,2 miliardi di dollari in più rispetto alla programmazione esistente per il 2020, per un totale di 12 miliardi di dollari) e CAF-Development Bank for Latin America (linea di credito di emergenza di 2,5 miliardi di dollari) sono risposte molto tempestive e lodevoli. Tuttavia, ad esclusione di alcuni recenti tentativi come la graduale apertura delle frontiere e di sterili dichiarazioni congiunte per “lavorare insieme in modo coordinato ed efficiente”, non vi è stato alcun tipo di coordinamento a livello regionale.
Per mitigare gli effetti della pandemia, è necessario orientare gli sforzi economici verso un modello di sviluppo sostenibile e lungimirante che può realizzarsi solo attraverso una maggiore cooperazione tra gli Stati della regione. A questo proposito, l’integrazione latinoamericana permetterebbe di compensare o minimizzare i rischi puntando ad una forte e pragmatica costruzione di un sistema regionale realmente unificato, un sistema che può rappresentare una base solida per garantire il benessere a milioni di cittadini latinoamericani. Questa è l’opportunità per la regione di articolare meglio le proprie politiche comuni al fine di comprendere i benefici economico-sociali legati all’integrazione regionale.
Simone Vitali
Geopolitica.info