Pubblicata la scorsa settimana l’edizione 2020 del rapporto annuale redatto dal Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica. Dalla risposta alla pandemia all’opinione dei cittadini degli stati membri sull’operato dell’Alleanza, dall’incremento delle spese militari al progetto NATO2030, sono diversi gli aspetti trattati all’interno del documento che monitora lo stato di salute della compagine atlantica.
“Il 2020 è stato dominato dalla pandemia: questa ha cambiato le nostre vite, minacciato le nostre economie e società ma non la capacità della NATO di difendere gli stati membri e i cittadini che ne fanno parte. […] Le nostre forze sono pronte e vigili”. Queste le parole utilizzate dal Segretario Generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg durante la conferenza stampa tenuta lo scorso martedì in occasione dell’uscita del rapporto. A dispetto dell’emergenza sanitaria, ha sottolineato Stoltenberg, l’anno appena trascorso ha consentito di porre le basi per rendere l’Alleanza rilevante anche nel prossimo decennio. “Abbiamo un anno importante davanti e molto resta [ancora] da fare”, ha concluso il Segretario.
Adesione e nuove preoccupazioni: il parere dei cittadini
Alla vigilia del suo settantaduesimo anniversario, l’Alleanza non sembra registrare variazioni sostanziali di appeal nei confronti dei cittadini dei propri stati membri. I dati presenti nel rapporto, frutto di una ricerca condotta su un campione di circa 60 mila persone presenti nei 30 stati NATO, evidenziano come – in caso di referendum riguardante una potenziale uscita dall’Alleanza – il 62% degli intervistati voterebbe per restare nel Patto Atlantico, con solo l’11% a favore di un’eventuale uscita dal Trattato. Un dato positivo, sebbene in calo di due punti percentuali rispetto al 2019: tra i più propensi a rivedere la propria partecipazione all’Alleanza, i cittadini di Montenegro (30%), Slovacchia (27%) e Slovenia (26%); al contrario, i cittadini di Albania e Polonia si dimostrano essere i più forti sostenitori dell’adesione (rispettivamente con il 94% e 82%). In linea con i dati medi, invece, l’Italia.
Sebbene il 58% degli intervistati consideri l’adesione alla compagine atlantica ancora come uno strumento idoneo per ridurre la probabilità di essere vittima di attacchi esterni (con percentuali intorno o superiori al 70% per gli stati più vicini alla Federazione Russa), le recenti rilevazioni hanno reso evidente come un’eventuale minaccia militare non rappresenti più la principale preoccupazione dei cittadini dell’Alleanza. Nel giro di un anno – con una variazione di 29 punti percentuali, dal 11% al 40% – la diffusione di malattie contagiose è balzata in cima alla particolare classifica di timori che scombussolano il sonno dei cittadini degli stati membri: seguono le questioni relative a crisi economiche (39%), cambiamenti climatici (29%, già prima preoccupazione del 2019 con il 38% dei consensi) e terrorismo (28%). Chiude la classifica – con il 14% – l’eventualità di un conflitto militare.
Al netto delle variazioni delle minacce percepite o delle percentuali di adesione all’Alleanza, il rapporto rimarca come il 79% del campione continui a sostenere l’importanza delle relazioni transatlantiche in materia di difesa e sicurezza.
In lotta contro il virus
Lo Euro-Atlantic Disaster Response Coordination Centre (EADRCC) e la NATO Support and Procurement Agency(NSPA) possono essere considerate come le colonne portanti dell’azione dell’Alleanza contro il virus. Se l’EADRCC si è occupato di coordinare le svariate richieste e offerte di aiuto pervenute dagli stati membri e dai partner dell’Alleanza, la NSPA si è preoccupata di assicurare il supporto logistico necessario alla distribuzione del materiale richiesto: grazie alle proprie capacità di trasporto strategico, le forze alleate sono riuscite a trasportare più di 1500 tonnellate di presidi sanitari fondamentali per far fronte all’emergenza pandemica.
A seguito della decisione dei ministri della Difesa dell’Alleanza presa lo scorso giugno, la NSPA ha assunto anche il compito di gestire la nuova scorta di materiali sanitari dell’Alleanza, ovvero il NATO Pandemic Response Trust Fund: i materiali sono stoccati presso il NSPA Southern Operational Centre di Taranto. In una nota stampa diffusa lo scorso 17 marzo, la NSPA ha fatto sapere che consegnerà 18 ospedali da campo alle forze armate italiane –16 all’Esercito, 1 all’Aeronautica Militare e 1 alla Marina – al fine di supportare il Sistema Sanitario Nazionale. Secondo quanto riferito dall’agenzia, la distribuzione delle strutture sarà completata entro i primi mesi del 2022.
Spese militari in aumento (ma gli obiettivi del Galles sono lontani)
Oltre all’opinione dei cittadini riguardo l’operato dell’Alleanza, il report fotografa anche l’aumento delle spese per la difesa degli stati membri. Comparando le statistiche presenti nel documento, è possibile notare come – già nel 2019 – i livelli di spesa degli stati NATO abbiano superato i 1000 miliardi di dollari. Al di là del budget statunitense, che vale circa il 70% delle spese complessive NATO, i dati mostrano un costante aumento delle spese militari degli stati europei e del Canada: nel periodo 2014-2019, le spese militari della NATO – priva degli USA – sono cresciute di circa 49 miliardi di dollari, passando da 250 a 299 miliardi di dollari; per il 2020 si attende un’ulteriore crescita di 12 miliardi. Nonostante questo aumento, però, gli obiettivi stabiliti durante il Summit del Galles (2014) sembrano ancora lontani. Su 30 stati membri, solo dieci spendono il 2% del PIL in spese per la difesa e il 20% di questi fondi in equipaggiamenti (major equipment): Stati Uniti, Estonia, Regno Unito, Polonia, Lettonia, Lituania, Romania, Francia, Norvegia, Slovacchia.
A dispetto dei possibili impatti negativi della pandemia sul borsino delle difese alleate, il Segretario Generale si è detto fiducioso. “Il 2020 è stato il sesto anno consecutivo di crescita delle spese militare per gli alleati europei e il Canada […] ci aspettiamo che il trend continui anche quest’anno. È assolutamente vitale mantenere [questo] slancio”, ha detto Stoltenberg.
Un’Alleanza per il prossimo decennio: il progetto NATO2030
Rendere l’Alleanza più forte politicamente, militarmente e con un approccio sempre più globale. Queste le parole d’ordine che il Segretario Generale ha usato – e continua a utilizzare – quando si parla del progetto NATO2030. Promosso dai Capi di Stato e di Governo riuniti nel Consiglio Atlantico di Londra del dicembre 2019, il progetto si propone di porre le basi per far si che l’Alleanza sia pronta a raccogliere le sfide e le opportunità del prossimo decennio.
Un progetto che, avviato lo scorso marzo, ha visto già la produzione di due documenti: il primo è stato redatto dal team di esperti guidato da Thomas De Maizière – già ministro degli Interni e della Difesa della Repubblica Federale Tedesca – e Wess Mitchell, dal 2017 al 2019 Assistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs dell’Amministrazione Trump; il secondo, invece, è stato scritto dai 14 giovani leader scelti da Stoltenberg a margine del primo summit dell’Alleanza dedicato ai giovani, tenutosi lo scorso novembre. Dall’importanza delle nuove tecnologie all’attenzione nei confronti dei cambiamenti climatici, passando per il crescente ruolo assunto dalla Repubblica Popolare Cinese e per la tradizionale minaccia russa, sono diversi gli aspetti che i due gruppi hanno definito come cruciali per assicurare il buon funzionamento dell’Alleanza nei prossimi anni.
In una recente intervista rilasciata a Faro Atlantico, l’Ambasciatore Francesco Maria Talò – Rappresentate permanente dell’Italia alla NATO – ha ricordato come una delle proposte cruciali fatte dal gruppo di De Maizière e Mitchell sia quello di aggiornare il Concetto Strategico dell’Alleanza, ormai fermo al 2010. Sebbene la questione sia di una certa rilevanza dati i cambiamenti degli ultimi dieci anni, come rimarcato anche dall’Ambasciatore Talò, non è ancora possibile ipotizzare se questo aggiornamento possa verificarsi entro il settembre 2022, fine del secondo mandato di Stoltenberg. Probabilmente solo la nuova riunione dei Capi di Stato e di Governo dell’Alleanza – che dovrebbe tenersi quest’estate a Bruxelles – renderà più evidenti le modalità e i tempi dell’evoluzione della postura strategica alleata.