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NotizieLa nascita del Sea Power

La nascita del Sea Power

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Il 1° dicembre 1914 moriva l’Ammiraglio della U.S. Navy Alfred T. Mahan uno dei padri fondatori del Sea-Power statunitense e dello studio della geopolitica del mare. Mahan ha avuto il merito di essere stato tra i primi a dare alla disciplina della geopolitica un approccio storico molto più legato alla dimensione umana.

I primi passi dello studio della geografia affondano negli studi naturalistici e nelle teorie organicistiche che vedevano come tutti gli elementi che erano presenti in un determinato “ambiente” o regione fossero interconnessi tra loro secondo una pletora di rapporti diversi. Fino a tutta la prima metà dell’800 gli studi geografici e del rapporto dell’uomo con l’ambiente che lo circonda risentono di questo tipo di approccio. La storia degli studi geografici presenta una coincidenza di eventi del tutto singolare dato che nel 1859 vengono a mancare i suoi due padri fondatori, A. von Humboldt e C. Ritter, in concomitanza con la pubblicazione dell’Origine delle specie di C. Darwin. Sarà proprio da quel momento che, progressivamente, gli studi della “geografia umana” inizieranno a vedere un diverso tipo di approccio del tipo storicistico.

Il pensiero di A. T. Mahan si inserisce quindi in una corrente più ampia che già da alcuni anni stava indagando sull’influenza dei fenomeni storici con quello che è il rapporto tra l’uomo ed il suo “ambiente”. Merito dell’ammiraglio è stato infatti creare una base teorica di approccio allo studio delle dinamiche storiche che hanno caratterizzato il rapporto tra l’uomo e il mare e nello specifico come questo sia stato un elemento di potere per chi ne abbia saputo cogliere al meglio le potenzialità. Il tutto in un ambiente ancora “vergine” come quello statunitense ancora caratterizzato da una visione isolazionista legata alla Dottrina Monroe. Sarà infatti proprio dall’ultimo decennio del XIX secolo che gli Stati Uniti inizieranno a creare una loro sfera di influenza a partire dalla zona caraibica e centroamericana per poi volgersi all’Oceano Pacifico. Non è un caso che proprio negli anni ’90 dell’800 si concentri il cuore di tutta la produzione teorica dell’Ammiraglio Mahan.

I pilastri del potere marittimo

Nel 1890 viene pubblicato il volume “The Influence of Sea Power upon History, 1660-1783” che può essere considerato come la genesi del pensiero marittimo statunitense. L’opera in sé è un resoconto dell’ascesa a potenza marittima del Regno Inglese che ha poco o nulla a che vedere con la disciplina della geopolitica e soprattutto con il concetto moderno di Sea-Power se non fosse per l’analisi preliminare “Discussion of the Elements of Sea Power”.

Il primo capitolo va a identificare quelli che sono i pilastri su cui poggia il potere marittimo sotto il profilo militare, politico e commerciale. Nelle prime battute è infatti chiaro come, nonostante la provenienza dal mondo militare, l’autore veda il ricorso alla violenza come ultima risorsa per il conseguimento e la salvaguardia dell’influenza sul dominio acquatico. L’ammiraglio identifica quindi cinque elementi principali su cui si fonda il potere marittimo:

  • Posizione geografica
  • Morfologia e dotazione territoriale
  • Estensione costiera
  • Numero della popolazione impiegabile
  • Carattere della popolazione

Appare chiaro come la posizione geografica di un attore sia un elemento fondamentale per determinare il suo approccio al dominio marittimo. Il caso presentato dall’ammiraglio è quello dell’Inghilterra che, data la sua posizione è stata “costretta” a sfruttare al meglio l’elemento marittimo come ben emerge dal caso delle guerre napoleoniche. Volendo riportare un esempio più moderno si possono prendere in esame gli Stati Uniti che, posizionati tra due oceani, hanno la necessità di dover preservare i loro interessi su entrambi.

Strettamente legato al primo elemento, anche la morfologia del territorio è un fattore centrale per lo sviluppo del Sea-Power. Coste irte ed inaccessibili scoraggeranno lo sviluppo di un rapporto strutturato con il mare mentre una linea costiera bassa e spaziosa favorirà la creazione di infrastrutture che favoriscano da un lato lo sviluppo delle capacità marittime (porti e cantieri navali) e dall’altro la creazione di un rapporto più stretto con l’entroterra (come nel caso della rete di infrastrutture della cosiddetta banana blu europea). Al contempo ciò dipende anche dalla “ricchezza” del territorio che può favorire o meno lo sviluppo di commerci e di zone di interesse strategico.

Consequenziale è quindi l’estensione costiera di un Paese la quale va pesantemente ad influire su come questo si deve rapportare con il dominio marittimo. In questo caso si tratta di un elemento che deve essere ben bilanciato tra l’abbondanza e la ristrettezza; un Paese con pochi chilometri di costa vedrà le proprie possibilità limitate mentre un altro con migliaia di chilometri a disposizione potrebbe non riuscire a difenderli e sfruttarli adeguatamente. In caso di conflitto infatti un attore con una scarsa estensione costiera saprebbe quasi per certo dove difendersi ma in caso di sconfitta si vedrebbe precluso l’accesso al mare (da cui potrebbe dipendere per i rifornimenti) mentre nel caso opposto se è di maggiore difficoltà la difesa, l’estensione è tale da imporre uno sforzo su vasta scala all’avversario.

Questi tre elementi letti nel loro complesso vanno a identificare lo Stato sotto la sua totalità dal punto di vista geografico. Ciò che è chiaro è il fatto che mare e terra sono elementi che si influenzano vicendevolmente.

L’aspetto demografico in Mahan è forse uno degli elementi più interessanti del suo pensiero in quanto mette al centro il fattore umano come elemento influente sulle dinamiche geopolitiche (e non solo) di uno Stato. Il numero della popolazione impiegabile è infatti la manodopera che può essere utilizzata per il conseguimento del Sea-Power, ovvero quella che oggi potrebbe definirsi manodopera specializzata. L’Ammiraglio ha ben compreso come il valore aggiunto di una popolazione legata al mare, anche se poco numerosa, sia nettamente maggiore di quello di una popolazione numerosa ma “tellurica”. Qui infatti entra in gioco il “carattere” della popolazione ovvero l’attitudine di un popolo verso il mare. Di nuovo ritorna utile il caso del confronto tra Inghilterra e Francia nell’età moderna: la Francia pur avendo le risorse economiche, una posizione geografica importante ed una popolazione numerosa non sentì la necessità di costruire una flotta al pari di quella inglese e di investire nella creazione di un corpo di marinai ed armatori come quello del suo avversario. Ciò infatti ha subito l’influsso del carattere della popolazione francese molto legata all’elemento terrestre. Gli inglesi dal canto loro sapevano che le loro ricchezze e il loro potere derivava dal controllo del mare e dei relativi flussi commerciali data l’assenza di spazio e risorse sul suolo britannico. Emerge quindi un altro aspetto che determina l’approccio al potere marittimo da parte di uno Stato e della sua popolazione: la ricchezza. Uno stato ricco di risorse non sarà spinto ad avventurarsi per mare mentre uno povero non avrà i mezzi, entrambi potrebbero quindi subire le iniziative di chi invece ha il dominio su quell’elemento come nel caso del blocco portato dall’Inghilterra all’Europa durante le guerre napoleoniche o a quello degli alleati durante le due guerre mondiali.

Mahan, la geopolitica e gli Stati Uniti

L’Ammiraglio utilizza il precedente storico (non sempre riportando gli eventi accuratamente) per dare fondamento alle sue teorie in un approccio innovativo per l’epoca, ancora di più considerando la produzione dottrinale statunitense. È proprio uno dei suoi superiori a dare la spinta verso l’approfondimento di questo aspetto come si può riscontrare dai documenti del tempo. Il Contrammiraglio S. B. Luce, preside del War Naval College, al momento della nomina di Mahan come docente di tattica e storia navale, espresse la necessità per gli ufficiali di marina di un percorso di studio della storia navale al fine di dare loro gli strumenti necessari per il riconoscimento dei principi che le regolano e della loro corretta o incorretta applicazione.

Sul lascito di Mahan al pensiero strategico e geopolitico statunitense la discussione è ancora aperta e molto variegata passando da un totale rigetto ad un pieno abbraccio di quanto scritto dall’Ammiraglio oltre un secolo fa. È possibile tuttavia prendere in esame il Naval Doctrine Publication 1: Naval Warfare (NDP-1) pubblicato nell’aprile 2020 per ricavare alcune informazioni su come, ad oggi, si articoli il pensiero della dottrina navale statunitense e quali siano le affinità con quello mahaniano. Come Mahan, anche nel NDP-1 è presente la concezione che vede direttamente collegate la prosperità economica ed il possesso di una flotta numerosa focalizzandosi su una rinnovata iniezione di risorse a favore della U.S. Navy per l’acquisizione di capacità sempre più avanzate ed il conseguimento dell’obiettivo delle 355 navi “combatants” dichiarato nel 2016. Ultimo ed importante aspetto è l’approccio storico del documento che prende in esame la campagna del Pacifico degli anni ’40 traendone lezioni che possono essere valide ancora oggi in piena coerenza con quanto affermato sia da Luce che da Mahan.

Emanuele Appolloni,
Geopolitica.info

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