Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il controllo sul Mar Nero è stato un aspetto cruciale delle ostilità, sia per ragioni politico-militari che per esigenze economiche, considerando l’importanza dei porti ucraini per il commercio di prodotti cerealicoli. Di conseguenza, la possibilità di inibire la flotta russa del Mar Nero dall’agire indisturbata nelle acque antistanti le coste ucraine è stato un obiettivo prioritario della Marina di Kiev, che, sebbene quasi totalmente priva di naviglio pesante di superfice, è riuscita a contendere lo spazio marittimo attraverso l’impiego diffuso di droni navali.
La Guerra russo-ucraina: il controllo del Mar Nero
Sono molteplici motivi che hanno portato il Cremlino a decidere di invadere l’Ucraina il 24 febbraio 2022. Il revisionismo russo, lo storico timore di un’invasione da ovest, la psicologia collettiva del popolo russo, lo storico legame di Mosca con la Rus’ di Kiev sono sicuramente tra questi, ma due – per semplicità – possono bastare spiegarla: la perdita di influenza sull’Ucraina da anni protesa verso l’Unione Europea e la NATO e il controllo del Mar Nero. Sotto questo punto di vista la teoria dell’Heartland del 1904 di Sir Halford Mackinder è sufficiente per comprendere come per la Russia l’Ucraina costituisca uno territorio la cui perdita non possa essere accetta passivamente.
Dalla fine della Guerra fredda la Russia ha visto entrare nella NATO, tra gli altri, Romania e Bulgaria e aspirare a farne parte Georgia e Ucraina. La conclusione sarebbe stata una situazione analoga a quella del Mar Baltico, in cui la Russia si sarebbe trovata con un piccolo sbocco su un mare ostile. Ciò ha portato prima all’occupazione dell’Abkhazia e della Crimea, azioni necessarie nella prospettiva russa, per mantenere il controllo del Mar Nero e poi all’invasione su vasta scala dell’Ucraina con l’obiettivo di destituirne il governo.
L’invasione, secondo i Mosca, si sarebbe dovuta concludere vittoriosamente nel giro di una o due settimane con una passerella di carri armati e l’insediamento di un governo vicino al Cremlino, creando così una situazione analoga a quella in Bielorussia. In realtà, l’Operazione militare speciale è diventata un compendio di tutte le guerre degli ultimi due secoli: trincee ottocentesche, campi minati, bombardamento di città e obiettivi civili, battaglie di artiglieria, guerriglia, fino al blocco delle esportazioni di grano. Ma naturalmente ci sono state anche delle innovazioni: la guerra mediatica, l’occupazione dello spazio cibernetico, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e dei droni. Questi hanno assunto un tale importanza che alcuni analisti si sono spinti a definire il conflitto la prima guerra dei droni. All’inizio sono stati utilizzati soprattutto droni aerei, ma con il tempo hanno assunto sempre maggior importanza i droni navali.
I droni navali
L’Ucraina ha perso tre quarti della flotta durante occupazione della Crimea del 2014, ed è quindi stata costretta rifondare la propria Marina Militare. L’obiettivo strategico è stato identificato con la difesa delle zone costiere del Mar Nero, del Mare d’Azov e della Zona Economica Esclusiva, puntando su una forza agile, capace di manovre asimmetriche, di conseguenza gli “Unmanned Surface Vehicle” (USV), i droni navali, ben si prestano a questo fine. La strategia di guerra asimmetrica, da un lato consente risultati significativi con sforzi modesti, ma dall’altro conclama l’inferiorità di chi la attua, pur consentendo a colui che la impiega la possibilità di impedire al nemico di agire indisturbato. Basati su tecnologie civili, il Servizio di Sicurezza dello Stato e della Marina ucraina hanno progettato due tipi di droni marini, capaci di navigare sia in superficie che in immersione. I mezzi di superficie, lunghi 5,5 metri, sono radiocomandati o guidati via satellite, possono raggiungere gli 80 km orari di velocità, hanno un raggio d’azione che si estende fino a 800 km e possono portare un carico di 200 kg. I modelli sottomarini della classe Toloka, invece, misurano da 2,5 a 12 metri, hanno una portata compresa tra i 100 e i 2.000 km e possono trasportare un carico da 50 a 5.000 kg. Il principale vantaggio derivante dallo sviluppo di tali droni deriva la loro costo relativamente esiguo, in media 250.000 dollari, che li rende un’alternativa conveniente per quegli stati che non hanno le capacità economiche e industriali per sostenere una marina da guerra che abbia ampie capacità offensive oltre la linea dell’orizzonte. Non ultimo, tra i vantaggi dell’utilizzo di queste armi, è l’azzeramento delle perdite umane nelle operazioni, che contribuisce ad abbassare il morale del nemico, che si sente impotente davanti ad una minaccia pressoché invisibile, e crea quella pressione psicologica dovuta alla necessità di prestare una continua attenzione ad un orizzonte dal quale in qualunque momento potrebbe arrivare una minaccia letale. Inoltre, contro i droni le difese sono limitate e sono costituite da elementi a bassa tecnologia (ad es. reti di metallo a protezione dei porti) vedette per l’avvistamento, mitragliere sulle navi e altri più sofisticati come i sistemi in grado di interferire con la guida o far perdere l’orientamento.
L’utilizzo di questi mezzi ha consentito a Kiev di affondare l’ammiraglia della Flotta del Mar Nero, l’incrociatore Moskva, riprendere il controllo della strategica Isola dei Serpenti, evitare l’avvicinamento alle coste Ucraine della flotta russa limitandone la capacità operativa, ridurre l’efficacia del blocco navale messo in atto all’inizio della guerra, colpire diverse navi nelle basi navali Sebastopoli e Novorossijsk e infrastrutture in Crimea, su tutte il ponte di Kerch che collega la penisola con la Russia. Nonostante questi risultati però la Marina Ucraina non è riuscita ad assicurare la sicurezza della navigazione necessaria per continuare ad esportare il grano in quantità significative. Lo sviluppo di difese anti-droni è ancora all’inizio, ma intanto per migliorare le capacità il Ministero per la trasformazione digitale ucraino guidato dal trentaduenne Mykhailo Fedorov, ha lanciato un programma per sviluppare software d’intelligenza artificiale che consentano l’utilizzo autonomo dei droni e il riconoscimento dei bersagli.
Conclusioni
Se tra gli obiettivi primari russi della guerra in Ucraina vi era il mantenimento del controllo del Mar Nero, la capacità ucraina di allontanare la flotta russa dalle proprie coste e ridurne significativamente le possibilità di impiego possono essere visti come un grande successo. A ciò va aggiunto il raggiungimento di importanti risultati militari – l’affondamento dell’incrociatore Moskva – e dimostrativi, come il danneggiamento del ponte di Kerch. Tuttavia, fino ad ora queste armi non si sono dimostrate risolutive e probabilmente continueranno a non esserlo. In ogni caso l’importanza dei droni (aerei) era già stata ampiamente dimostrata nel corso della guerra del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaijan, e la significativa estensione all’utilizzo navale apre nuovi scenari nella dottrina militare. A riprova vi è l’interesse dal Marina americana per un mezzo in grado di trasportare droni navali che potrebbe essere impiegata nello Stretto di Taiwan in funzione anticinese. Infine, gli USV allontanano ancora di più lo scontro fisico tra le parti in causa e, unito all’utilizzo dell’IA, sposta il conflitto anche al di là del controllo politico e militare.