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La guerra fredda non è mai finita. Geopolitica e strategia dopo il secolo americano

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La guerra fredda non è mai finita. Geopolitica e strategia dopo il secolo americano è il titolo del libro scritto da Stefano Cavedagna, Andrea Farhat e Amedeo Maddaluno pubblicato da goWare, 2018

9 novembre 1989, crolla il muro di Berlino e con esso -apparentemente- gli Stati Uniti vincevano la loro guerra ideologica al comunismo, garantendosi un’egemonia mondiale. Un mondo senza più avversari nei quali gli Stati Uniti potessero esercitare la loro responsability to protect tutelando il mondo sotto la Pax Americana. Niente di più falso. La Guerra Fredda, secondo gli autori del saggio, continuerebbe, in maniera diversa rispetto al passato, a dettare il bilanciamento di potenza e le aree di influenza globali, scardinando così, in 120 pagine, quello che Fukuyama credeva sulla fine della storia.

È interessante notare come la storiografia si faccia largo nello studio della geopolitica; le cause storiche qui sono analizzate come un inevitabile intreccio di popoli e culture che, lungo una linea semi-retta, si misurano verso un futuro che non possiamo ancora scorgere, se non interpretandolo con le teorie proposte nella parte teorica del saggio.

Nella prima parte vengono contornate e definite le teorie sulle relazioni internazionali che faranno da sfondo alla seconda parte. Prime fra tutte, vengono esposte le teorie di quegli autori che sono alla base dello studio (MacKinder e Spykman), con i quali si vuole dimostrare che la Guerra Fredda -a conti fatti- non è mai finita. Questa parte è quindi fondamentale per la comprensione della successiva. Le teorie vengono affrontate delineandone i punti cardine senza perdersi troppo nei nozionismi.

La seconda parte ripercorre, in maniera rapida ma non per questo scarna di dimostrazioni pratiche, i maggiori fatti geopolitici del globo: in primis l’intervento degli Stati Uniti in Siria e l’annessione della Crimea da parte della Russia di Putin. Analizzando questa serie di fatti dal punto di vista di MacKinder e la necessità da parte delle grandi potenze di cercare e mantenere il proprio controllo sulla zona pivotale (in questo caso il Medio Oriente e l’Asia Minore). Da questa prospettiva capiamo bene il perché del forte interesse, da parte dei principali attori internazionali, nelle primavere arabe e, soprattutto, nella guerra in Iraq. Uno spunto interessante viene dall’analisi geoeconomica: l’emergere di potenze ibride (identificata dagli autori con la Repubblica Popolare Cinese), non fa altro che mettere in allarme l’establishment statunitense che si trova nella posizione di dover ridimensionare e ripensare le proprie politiche di liberoscambismo venute dopo la caduta del muro di Berlino. L’egemonia americana è quindi minacciata da nuovi attori internazionali.

Tra proxy wars, conflitti a bassa intensità lungo le aree periferiche delle grandi potenze mondiali, innalzamento delle tariffe commerciali è lecito quindi domandarci: è veramente finita la Guerra Fredda?

 

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